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L'incentivazione del Management attraverso strumenti a base azionaria

Controversie e questioni irrisolte sull'incentivazione con strumenti azionari

Non vi è attualmente alcun consenso teorico o empirico su come stock oprtion e partecipazioni di capitale concesse ai manager, possano influire sulle prestazioni dell'impresa. Morck, Shleifer e Vishny lungo i loro studi conclusi negli anni 1988, sostengono che in media le partecipazioni di capitale in mano ai CEO è troppo bassa.

In questa impostazione, la partecipazione azionaria e la performance d'impresa devono presentare una correlazione positiva. Infatti come molti studi di ricerca sul campo confermano, questa relazione è presente.
In contrasto con gli economisti che vedono gli incentivi azionari troppo bassi, altri studiosi prendono in considerazione una visione alternativa circa la relazione tra incentivi azionari e prestazioni.
Questa diversa visione ipotizza che le imprese e i gestori creano dei contratti che massimizzano i loro interessi. La presenza di una mediazione, è una variabile molto importante in quanto richiede l'analisi della diversa forza contrattuale esercitata dalle diverse parti. Da ciò le caratteristiche e i livelli di incentivazione, sono determinati dalle caratteristiche dell'impresa e dal manager.

Seguendo questo punto di vista non esiste una forma contrattuale ex-ante validamente applicabile. Vale a dire, che nelle società in cui è presente una bassa diversificazione proprietaria, la consistenza delle incentivazioni sarà minore, in quanto il controllo che essi hanno sul comparto manageriale è quasi diretto.
Cosa diversa e opposta se consideriamo le hight-proprety company o public company, in cui quote societarie sono sparse su di una vasta platea di soggetti. Il punto focale è cercare di individuare esattamente il giusto mix per comporre un contratto il più efficiente ed efficace possibile. Il fatto che i ricercatori empirici, hanno avuto difficoltà a documentare una forte correlazione tra incentivi e prestazioni, ci suggerisce che i dati non sono ben descritti da una storia semplice, bensì, la complessità della questione, non ha ancora definito i parametri mediante i quali gli incentivi possano essere definiti "troppo alti" ovvero "troppo bassi" all'interno di un impresa.

Queste due diverse visioni, nonché scuole di pensiero, formulano ipotesi molto diverse sulla natura dei costi di adeguamento e sulla correlazione ottimale del contratto. Perciò la prima, cui massimo esponente è rappresentato dall'economista Morck, assume implicitamente che i costi di adeguamento sono così grandi che le imprese non possono ricontrattare la situazione quando gli incentivi non sono allineati correttamente. Pertanto queste imprese offrono flussi di cassa minori ai loro azionisti, e i loro valori azionari sono anch'essi minori.

Al contrario, sul comportamento delle imprese per la ricerca del contratto di equilibrio, la seconda scuola di pensiero rappresentata dagli studiosi Demsetz e Lehn, assume che le imprese possono continuamente ricontrattare, perché non sussistono i costi di adeguamento. La scelta di una di queste due guide estremamente diverse, indirizza la diversa progettazione e conseguente interpretazione dei risultati di uno studio che esamina la relazione tra la proprietà azionaria e prestazioni, all'interno di una determinata società. Questo è molto sorprendente in quanto non sussistono consensi unitariamente validi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'incentivazione del Management attraverso strumenti a base azionaria

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Informazioni tesi

  Autore: Federico Comis da Ronco
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia aziendale
  Relatore: Alfonso Del Giudice
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 35

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