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Aspetti emotivo-motivazionali in bambini con dislessia evolutiva

La diagnosi di dislessia evolutiva

Il criterio della discrepanza, precedentemente trattato per la possibile presenza del deficit, è qui riferito nello specifico, alla valutazione di quanto un bambino è dislessico. Infatti, la somministrazione di test sulla rapidità e correttezza della lettura porta a dei risultati confrontabili con campioni di riferimento in base all’età e all’ambiente socio-culturale (Vio, Toso, 2007). Spesso in questa sede sono utilizzate le Nuove Prove di lettura MT per la scuola elementare e Nuove Prove di lettura MT per la scuola media inferiore di Cornoldi e Colpo (Firenze, O.S., 1998) per la valutazione della correttezza e la rapidità, riguardanti la lettura di un brano.

Per la prima, le parti prese in esame sono il numero d’errori, l’inesatta lettura della sillaba, omissioni di sillabe, parole o righe ed eventuali aggiunte di sillabe. Per la rapidità, invece, si calcola il tempo impiegato per la lettura e si divide per il numero di sillabe presenti, calcolando il numero di sillaba/secondo. Oltre alle prove di correttezza e rapidità, sono somministrati test di parole e non parole ( Batteria per la valutazione della dislessia e disortografia evolutiva – liste 4 e 5 – Sartori G., Job R., Tressoldi P.E., edizioni O.S.) (cfr. De Beni et alii, 2002). Per quanto riguarda le abilità visive, oltre alla lettura di lettere, si può utilizzare la prova PRCR 2 ideata da Cornoldi, Miato, Molin e Poli del 1999 (ibidem).

In seguito all’indagine nosologica, con la quale si redige una diagnosi, si effettua un’indagine neuropsicologica atta a individuare il locus, o i loci, funzionale del disturbo. In quest’ottica “l’analisi funzionale è uno strumento indipendente dalla patologia postulata e dalla sua possibile eziologia; dipende soltanto dal particolare modello d’architettura funzionale del processo, oggetto di studio, e dei possibili modi in cui esso può risultare menomato” (Stella et alii, 2003). Le prove per individuare il locus possono essere definite, per classificazione degli errori, principalmente di due tipi: precise e sterili o soggettive e produttive. Infatti, spesso si utilizzano prove che mostrano perfettamente la performance, ma non permettono di trarre particolari informazioni sul piano funzionale; altre, al contrario, che tollerano un’interpretazione soggettiva degli errori, ma forniscono più informazioni sul piano pratico.

Dopo aver formulato una ragionevole ipotesi sul locus del deficit, si prosegue con prove mirate alla convalida o smentita della stessa. Considerando il modello interpretativo più accreditato, “a due vie”, si esamina la funzionalità di ogni singola componente, ma a differenza dell’ipotetico elenco di prove sopraccitato per l’indagine orientativa, in questo livello le prove sono scelte in base all’ipotesi avanzata. In questo modo si va incontro al rischio che non siano prove standardizzate o addirittura, in alcuni casi, sono costruite ad hoc per vagliare una determinata ipotesi. Ciò non dev’essere considerata una caratteristica di non validità, in quanto la peculiarità di un test dev’essere la coerenza e l’adeguatezza al caso trattato (ibidem). La via fonologica e quella lessicale, per le loro caratteristiche già descritte devono essere indagate in modi differenti. La prima, fonologica, riguardante la via privilegiata per le non parole, può essere indagata proprio somministrando stringhe di non-parole, rischiando però che il bambino non svolga correttamente la prova per la poca familiarità con esse.

Ma somministrando parole conosciute, si corre il rischio di non capire quale delle due vie sia compromessa, dal momento che la via utilizzata potrebbe anche essere quella lessicale. Un metodo per aggirare l’ostacolo, può essere quello di somministrare parole conosciute, ma con caratteri diversi, come per esempio la parola “caNe” per la quale il bambino conosce la parola, ma tardando a riconoscerla visivamente nel complesso, è obbligato a utilizzare la conversione grafema – fonema. All’interno della via fonologica ci sono tre locus specifici in cui potremmo trovare un deficit: l’analisi ortografica, la transcodifica e il buffer fonemico. Nel primo caso la difficoltà risiede nella scomposizione della parola in grafemi, necessario per “tradurli” in suoni; nel secondo, si ha la difficoltà nella transcodifica stessa, da ciò che si legge a come dev’essere pronunciato; il terzo, riguardante la capacità di unificare i fonemi e formare la parola. Dall’esperienza si evince che la velocità aumenta con la pratica, ma anche con lo sviluppo della via lessicale, con la quale, sempre più rapidamente riconosce e pronuncia una parola, senza passare dagli stadi intermedi. Dagli eventuali errori commessi è possibile dedurre il locus deficitario.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Aspetti emotivo-motivazionali in bambini con dislessia evolutiva

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Informazioni tesi

  Autore: Claudia Pileri
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Sassari
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Giuseppe Tola
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 67

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dislessia
discalculia
disgrafia
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