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Politiche attive del lavoro: il reinserimento lavorativo delle fasce deboli (detenuti o ex detenuti)

Il servizio sociale e le cooperative sociali come rampa di lancio. Rete Transnazionale per il Reinserimento dei detenuti: metodologia dell’inserimento lavorativo

Il lavoro, come si è già avuto modo di sottolineare, costituisce lo strumento principale del trattamento rieducativo e risocializzativo del detenuto. Tuttavia, perché sia effettivamente raggiunto o quantomeno sia perseguibile il fine del reinserimento lavorativo del detenuto entro la società, non sembra sufficiente l'offerta al soggetto ristretto nella libertà personale di un'opportunità di lavoro qualsivoglia. Considerate, infatti, le difficoltà occupazionali e la competitività che caratterizzano l'odierno mercato del lavoro italiano, così come del resto avviene su scala mondiale, la spendibilità e l'appetibilità della forza lavoro offerta dai detenuti sono minime, se non del tutto nulle nelle ipotesi in cui il soggetto che dovrebbe essere reinserito nel circuito produttivo non possiede alcuna preparazione professionale. Pertanto, soprattutto negli ultimi anni, si è preso atto dell'inadeguatezza della prospettiva tipicamente penitenziaristica, secondo cui il problema del reperimento e dell'offerta di occasioni di lavoro ai detenuti graverebbe soprattutto sui soggetti che si occupano del trattamento penitenziario e parallelamente dell'esecuzione della pena, ovvero l'amministrazione penitenziaria (cfr. Furfaro, cap. 2).
Cosicché sfatata l'illusione di poter costruire un carcere-fabbrica e preso atto della scarsità di posti di lavoro reperibili dall'amministrazione penitenziaria a favore dei detenuti, il legislatore ha avviato una diversa strategia al fine di favorire l'attività lavorativa e, dunque, il reinserimento sociale dei detenuti.
Il recente orientamento legislativo è teso ad adoperare strumenti di una politica del lavoro innovativa e dinamica per correggere il gioco della libera concorrenza sul mercato del lavoro che va a tutto svantaggio delle categorie ai margini o escluse dalla competizione, nel nostro caso in primis detenuti o ex-detenuti. In particolare, il legislatore ha adottato a tal fine essenzialmente tre espedienti: il sostegno all'operato delle cooperative sociali, specialmente di tipo "B" per l'appunto "finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate" (art. 1 legge n. 381 del 1991); la previsione di sgravi contributivi e fiscali a favore degli imprenditori disposti ad offrire opportunità di lavoro ai detenuti; e infine l'approntamento di forme contrattuali "flessibili", ovvero capaci di modellarsi secondo le esigenze del lavoratore e del datore di lavoro. Lo scopo di tali accorgimenti è quello di creare una sorta di ambiente protetto in cui deve essere effettuato il reinserimento lavorativo della persona svantaggiata, il detenuto, in modo da facilitare il passaggio fra lo stato di disoccupazione forzata o volontaria e l'inclusione nel normale mercato del lavoro, laddove è necessario che il prestatore di lavoro arrivi preparato professionalmente, ma soprattutto motivato e pronto a reggere i ritmi frenetici imposti al giorno d’oggi da qualsiasi attività lavorativa. (cfr. Furfaro, cap. 2).
Come accade in molti aspetti del mondo della penalità, anche tutto ciò che riguarda il rapporto tra carcere e lavoro è sottoposto a una duplice legislazione: quella penale e penitenziaria e quella, più generale, relativa al mondo del lavoro. La duplice legislazione spesso si traduce in una contraddizione tra i due corpus normativi. In materia di carcere e di lavoro questa contraddizione appare più contenuta , anche grazie al fatto che, all’interno del grande sistema di leggi in materia di lavoro, sono già state introdotte norme specifiche, in particolare per quanto riguarda l’accesso al lavoro di fasce deboli, tra cui rientrano anche le persone sottoposte a misure penali. Il riferimento è, in particolare, alla legislazione che regola il mondo della cooperazione sociale, a cui si sono affiancate disposizioni locali, soprattutto regionali o delibere amministrative emanate dagli enti locali, che equiparano le persone provenienti da percorsi penali alle cosiddette “categorie svantaggiate”. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Politiche attive del lavoro: il reinserimento lavorativo delle fasce deboli (detenuti o ex detenuti)

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Schiavo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione
  Corso: Sociologia
  Relatore: Carmelo Bruni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 92

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Parole chiave

lavoro
carcere
detenuti
politiche attive del lavoro
inclusione sociale
ordinamento penitenziario
sovraffollamento carcerario
inserimento-reinserimento sociale e lavorativo
strategia europea per l'occupazione (seo)

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