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Relazioni tra Egitto e Israele: quali cambiamenti da Camp David ad oggi?

Colonna di difesa e la mediazione di Mursi

La speranza che la Striscia di Gaza, con gli Islamisti al governo in Egitto, fosse risparmiata da un nuovo devastante attacco svanì presto. Il 12 novembre 2012, solo due giorni prima dell’assassinio di Ahmed al-Jabari, leader del braccio armato di Hamas, le brigate Izz Al-Din Al-Qassam, e 24 ore dopo l’inizio delle violenze lungo il confine tra la Striscia e Israele il Daily News Egypt riportava le parole di Netanyahu e del Ministro della Difesa Barak: i due stavano preparando il Paese a una possibile escalation di violenza assicurando che Hamas avrebbe pagato un prezzo pesante per il lancio di missili nella parte meridionale dello Stato ebraico. Lo stesso giorno Paola Caridi prestava particolare attenzione all’articolo di opinione di Alex Fishman pubblicato sul quotidiano israeliano Yediot Ahronot, nel quale l’analista paventava la possibilità di una vera e propria operazione militare, limitata, con la quale mettere Hamas alle strette facendogli sentire l’odore della sconfitta. L’ipotesi piuttosto concreta dell’attacco non era però solo un modo per dimostrare che le IDF erano capaci di difendere la popolazione civile, ma si inseriva anche in un’altra dinamica: le elezioni israeliane di metà gennaio 2013. Riportare al primo posto dell’agenda nazionale la difesa del Paese e la questione securitaria costituiva la strategia perfetta per assicurarsi il terzo mandato da Primo Ministro.

La novità nella reazione egiziana all’operazione Colonna di Difesa diretta contro la popolazione della Striscia di Gaza è certamente la tempistica. Mursi non aspettò neppure 24 ore per annunciare il ritiro dell’ambasciatore egiziano, Atef Mohamed Salem. Il 16 novembre, invece, Hisham Qandil arrivava a Gaza per dimostrare la solidarietà del Cairo alle sofferenze della popolazione palestinese che da due giorno viveva sotto l’attacco ininterrotto degli aerei israeliani. Lo stesso giorno Giovanna Loccatelli scriveva che

“nel frattempo il Presidente Morsi, in un sermone nella Moschea di Al Sharbatli, ha fatto sapere che l’Egitto non "lascerà sola" Gaza di fronte "all’aggressione senza vergogna" israeliana. Ha tuonato contro gli attacchi definendoli “un assalto contro l’umanità”. E ha poi sottolineato che "l’Egitto di oggi è molto diverso da quello di ieri”, con evidente riferimento alla nuovo potere politico islamista instauratosi dopo la caduta di Mubarak.”

Dunque, diversamente da Mubarak che nel 2008 serrò il valico di Rafah, Mursi provò ad andare oltre le parole con dei fatti: permise ai palestinesi di Gaza di varcare il confine con il Sinai e agli aiuti umanitari, dei quali il principale finanziatore fu il Qatar, di entrare nella Striscia.

“La reazione dell’Egitto, d’altro canto, non poteva essere di tono minore. Non solo perché presidente, governo e parlamento egiziani sono sotto il controllo della Fratellanza Musulmana, il brodo di coltura dal quale è nato Hamas. Non solo perché al Cairo risiede il numero 2 del politburo di Hamas, Moussa Abu Marzouq, l’uomo dei tavoli negoziali presieduti (anche nei tempi di Mubarak) dall’Egitto”

Ma anche per ragioni di consenso interno: Mursi non poteva correre il rischio di essere posto sullo stesso livello del suo predecessore, specie su una questione tanto sensibile quanto la causa palestinese e i rapporti con Tel Aviv. Mursi, contrariamente a Mubarak, non poteva fare a meno di considerare l’opinione pubblica e di questo fattore sia Israele che gli Stati Uniti avrebbero dovuto tener conto: è vero, di fronte a loro non c’era già un Egitto nuovo, ma si trattava di un Egitto comunque diverso da quello che avevano conosciuto per trent’anni. D’altro canto se l’Egitto non avesse preso una posizione ferma ed avesse abdicato alla sua vocazione diplomatica, Hamas avrebbe potuto rivolgere lo sguardo verso l’Iran favorendo l’avanzata dell’arco sciita a scapito di quello sunnita del quale il Cairo si sente parte.

Tuttavia, il Presidente non poteva neppure dimenticare di salvaguardare gli interessi nazionali strategici, trattato di pace e aiuti americani, per cui richiamò sì il proprio ambasciatore, ma non espulse quello israeliano. Inoltre, scrive Niccolò Locatelli, sebbene la figura di Mursi fosse uscita notevolmente rafforzata dalla breve guerra di Gaza, costata comunque la vita a ben 170 palestinesi, come dimostrato dai ringraziamenti arrivati da Obama e da Hamas, il negoziato che portò alla tregua, al cessate-il-fuoco tra Israele e Hamas raggiunto il 21 novembre, dopo otto giorni dall’inizio dell’operazione Colonna di Difesa, fu opera dei servizi segreti egiziani.

Da questa operazione e dal cessate-il fuoco Hamas trasse non pochi benefici e soddisfazioni. Innanzitutto fu proprio Israele, accettando di condurre una trattativa indiretta con il Movimento di resistenza palestinese e firmando un documento unico con lo stesso per porre fine alla guerra, a decretare la fine del suo isolamento, della sua estromissione dal quadro politico. In secondo luogo, recuperò il consenso della gente, ma anche quello regionale e internazionale, si riappropriò del termine resistenza e del “confronto armato verso Israele, lasciato negli scorsi anni soprattutto alle altre fazioni armate”. Infine, riuscì a prevalere su Abbas che non rivestì alcun ruolo nella crisi.

A gettare un’ombra sulla neo-raggiunta tregua, fu lo stesso Mursi che subito dopo l’annuncio della fine delle ostilità emanò una dichiarazione costituzionale con la quale si attribuiva poteri illimitati. Secondo Hillel Frisch, docente presso il dipartimento di Scienze Politiche e Storia del Medio Oriente all’università di Bar-Ilan, l’obiettivo di Mursi era inviare a Stati Uniti ed Europa un messaggio del genere: lasciate che io diventi un nuovo faraone e vi garantirò la stabilità sul fronte israeliano. La sua mossa e le proteste di piazza che causò, invece, nell’analisi fornita da Locatelli, portava all’attenzione di tutti che la lotta per il potere in Egitto non si era esaurita e il fatto che l’esercito non fosse in prima linea non voleva dire che il vincitore non potesse essere proprio lui.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Relazioni tra Egitto e Israele: quali cambiamenti da Camp David ad oggi?

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Informazioni tesi

  Autore: Angela Ilaria Antoniello
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia
  Facoltà: Scuola in Relazioni Internazionali
  Corso: Relazioni Internazionali Comparate - International Relations
  Relatore: Emanuela Trevisan Semi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 180

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