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Il mercato del lavoro italiano tra modernizzazione e crisi. Il caso della Sardegna

Jobs act: architettura della riforma

Il mercato del lavoro italiano ha subito negli anni diversi interventi di riforma. Tra i più consistenti troviamo: la riforma 276 del 2003 come già detto impropriamente denominata "Riforma Biagi", la "Riforma Fornero" nel 2012 ed infine la "Riforma Jobs Act" nel 2015 che ha apportato notevoli cambiamenti non solo sotto il punto di vista delle tutele, ma anche sotto il profilo delle forme contrattuali.
La riforma riprende in modo accentuato, quelli che sono gli obiettivi di Flexicurity, della strategia europea del lavoro ovvero aumentare la flessibilità sul mercato del lavoro sostenendo i lavoratori esodati o in ricollocazione professionale attraverso il sostegno pubblico nel periodo di transizione lavorativa.
Il nome della riforma, viene ripreso dalla riforma del mercato del lavoro negli Stati Uniti nel 2011 denominata: "The american Jobs Act of 2011" che prevede un progetto di ampio respiro per creare posti di lavoro e sostenere il reddito della classe media attraverso una serie di interventi nell'economia e sul lavoro a partire dalle riduzioni fiscali per lavoratori e imprese. A differenza della riforma da cui trae spunto il Jobs act, non sono previsti interventi sull'economia, ma esclusivamente sull'ambito della regolazione del mercato del lavoro e più precisamente sulla flessibilità in uscita.

L'architettura di riforma si basa sull'intervento delle forme contrattuali flessibili e su un aumento di libertà di licenziamento cancellando nella maggior parte dei casi le forme di reintegro nel caso di licenziamento illegittimo.
L'obiettivo del Jobs act sembra essere quello di perfezionare riforme rimaste incompiute in precedenti interventi legislativi volendo scomporre dei pezzi di lavoro e ricomporli in modo differente. L'intento è quello di garantire un tipo di lavoro transizionale. Dal momento che viene meno il lavoro stabile e duraturo vi è la necessità di garantire un sostegno alla transizione in ingresso e uscita da vecchie a nuove professioni.
Il Jobs act garantisce un sussidio economico a chi perde l'occupazione, ma essendo molto differenziato il mercato del lavoro troveremo chi sarà più protetto perché ha una professione più stabile e duratura e chi sarà meno protetto avendo una professione meno stabile e quindi maggiori possibilità di incorrere in situazioni di precarietà e disoccupazione.

La riforma non prevede nessun intervento sulla creazione di nuova occupazione, infatti per nulla si parla di interventi di riforma che possano stimolare i livelli occupazionali che rimangono un grosso problema nel mercato del lavoro italiano rispetto agli altri paesi europei. Il problema dell'occupazione italiana inoltre, è che essa è debole perché vi è occupazione con basso titolo di
studio, esclude giovani e donne ed è sempre più instabile e insicura. In parole povere i vari interventi di riforma hanno finito per sostituire l'occupazione con una peggiore.
I provvedimenti emanati sembrano non tener conto dei reali problemi del mercato del lavoro non mettendo in evidenza che la disoccupazione italiana è in larga parte adulta, ma soprattutto tende a durare sempre più a lungo e il Jobs act, riducendo i vincoli sui licenziamenti, elimina possibilità ai disoccupati adulti di stabilizzarsi ed uscire dalla via della precarietà. Il contratto a tutele crescenti è stato pensato per i giovani preparando una vita di transizione sul mercato del lavoro fatta di insicurezze e obbligando i nuovi lavoratori ad adattarsi alle esigenze delle imprese e del mercato del lavoro.

Analizziamo il contratto a tutele crescenti che come già affermato presenta una riduzione delle tutele di licenziamento per i lavoratori, aumentando la flessibilità in uscita.
Nella maggior parte dei casi di licenziamento viene eliminata la reintegra del lavoratore licenziato illegittimamente, rimanendo solo nel caso di licenziamento disciplinare qualora il lavoratore licenziato non abbia commesso il fatto contestato.
Nei casi di licenziamento ingiustificato ovvero manchino gli estremi per il giustificato motivo o giusta causa, viene ora prevista una tutela risarcitoria certa commisurata all'anzianità di servizio a cui viene sottratta ogni tipo di discrezionalità giudiziaria. L'ammontare della cifra risarcitoria è computato tra le 4 e le 24 mensilità per ogni anno di anzianità di servizio.
Nel caso di licenziamento collettivo l'unica forma che prevede la reintegrazione dei lavoratori illegittimamente licenziati rimane l'inosservanza della forma scritta.
Nella maggioranza dei casi viene eliminata la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato predisponendo un'indennità risarcitoria compresa tra le 4 e 24 mensilità e sottraendo quindi al giudice ogni potere decisionale e lasciandogli solo il potere di decidere se il fatto ad oggetto del licenziamento sia stato o meno commesso. Ciò finisce per indebolire la situazione del lavoratore accrescendo la flessibilità in uscita e aumentando quindi il potere dell'impresa di licenziare i lavoratori in eccedenza con un semplice assegno circolare.
L'intento del legislatore sembra essere inoltre mirato sull'evitare la causa giudiziaria definendo l'estinzione del rapporto di lavoro in via extragiudiziale.

Per quanto riguarda il pilastro delle politiche passive per l'occupazione viene modificata la disciplina dell'indennità di disoccupazione in caso di perdita involontaria dell'occupazione introducendo la Naspi. La disciplina resta pressoché invariata se non per l'elemento che si riduce del 3% dopo ogni mese dopo i primi 4 mesi.
Una novità riguarda l'introduzione dell'assegno di disoccupazione riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, si trovi in una condizione di disoccupazione e si trovi in condizione di difficoltà.
Altra novità riguarda un'indennità per i collaboratori che perdono l'occupazione e abbiano determinati requisiti contributivi nell'anno in corso. Vediamo che per la prima volta si interviene sulla categoria dei lavoratori para-subordinati nel momento in cui queste forme di lavoro vengono eliminate dalla riforma in oggetto, infatti l'intento del legislatore sembra essere quello di sostenere delle tutele alla crisi che questa categoria attraverserà all'eliminazione di questa forma contrattuale.

La riforma del Jobs Act prevede infine una forte riorganizzazione delle forme contrattuali. Viene introdotta la possibilità di demansionamento dei lavoratori da parte della contrattazione collettiva aziendale nei casi di riorganizzazione e ristrutturazione, venendo cosi a modificare l'articolo 2103 del nostro codice civile.
Vi è inoltre una revisione anche di tutta la disciplina della conciliazione del lavoro con i tempi di vita con l'introduzione di nuove norme per la maternità e congedo parentale in termini migliorativi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il mercato del lavoro italiano tra modernizzazione e crisi. Il caso della Sardegna

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Informazioni tesi

  Autore: Fabio Serra
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze dell'Amministrazione
  Relatore: Maria Letizia Pruna
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 117

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Parole chiave

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crisi
disoccupazione
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