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I paradisi fiscali: territori e normative

L’interpretazione della norma e dei trattati internazionali

Siccome si riscontrano delle problematiche già durante l'analisi di un settore complesso come quello del sommerso nella fiscalità (nazionale e estero), i problemi risultano ancora maggiori se si cerca di individuare gli strumenti e i mezzi migliori per contrastarlo.
I vari territori hanno cercato sempre di recuperare le somme derivanti dall'elusione e dall'evasione dei loro contribuenti, facendo i conti soprattutto con il fenomeno elusivo, che come abbiamo già visto precedentemente, presenta caratteristiche molto complesse da decifrare.

Nella lotta contro il sommerso emergono due caratteristiche fondamentali: la legittimità e l'opportunità della stessa. Per la legittimità è lo stesso ordinamento tributario a mettere a disposizione i mezzi giuridici idonei.
Rimane, però, il problema del sommerso, che comporta squilibri alla giustizia sociale e all'equità fiscale, e resta perciò da contrastare per poter realizzare un maggior contributo ai bisogni pubblici.
Tra i mezzi idonei, a disposizione delle amministrazioni finanziarie, a combattere l’evasione e l’elusione fiscale, è rilevante l'interpretazione adottata delle norme giuridiche – tributarie.

Per esempio con la Legge n. 212/2000, cioè lo “Statuto dei Diritti del contribuente”, il legislatore ha cercato di regolare l'insieme delle disposizioni tributarie, definendo:
* l’obbligo per il legislatore di predisporre testi normativi più comprensibili;
* il divieto di introdurre nuovi tributi con decreto-legge, nonché di individuare con legislazione d’urgenza nuovi soggetti passivi di imposte già emanate;
* l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di diffondere ampiamente le informazioni fiscali;
* l’irretroattività delle leggi tributarie;
* la generalizzazione del diritto d’interpello.

Riguardo il primo punto, l'interpretazione della norma va fatta ricercando il suo significato esatto, mediante un'indagine approfondita, divisibile in: letterale (se rivolta allo studio del significato del testo), logica (se rivolta alla discussione della norma nel complesso) oppure sistematica (se riguarda la coordinazione della disposizione con altre norme).
Nonostante le disposizioni dettate in materia, nel diritto tributario ci sono spazi vuoti da coprire tramite il procedimento analogico svolto dall'interprete, che consiste nell’applicare una legge specifica presa da un caso giuridico molto simile.

Ci sono sempre state alcune perplessità sull'applicazione di questo procedimento per la materia fiscale, e la maggioranza degli esperti del settore non accetta questa ipotesi, anche se secondo alcuni «le norme tributarie impositrici possono essere interpretate, oltre che con il metodo estensivo, anche con il metodo analogico e con il ricorso ai principi generali dell’ordinamento»; [FANTOZZI, Diritto Tributario, Torino, 1991]
e ancora «purché sia rispettato il principio della riserva di legge e dei limiti che possono implicitamente derivarne, il ricorso all’applicazione analogica non soffre di quelli indistintamente previsti anche per le altre materie, e che attengono alle sole norme penali ed eccezionali».[TABELLINI P. M., L'elusione della norma tributaria, Giuffré, 2007]

Però il ricorso al procedimento analogico prevede l’esistenza di principi di carattere generale, non presenti nel diritto tributario, e inoltre, non è possibile utilizzare il procedimento analogico in caso di imposte di carattere occasionale.
Per carpire i messaggi racchiusi in una norma tributaria si usano tutti i procedimenti tecnici previsti anche per le altre leggi dello Stato, tuttavia qui le difficoltà aumentano considerata la specialità del diritto tributario che si rinviene soprattutto in un linguaggio non sempre preciso usato dal legislatore. Ostacoli si trovano sia nella sopracitata mancanza di disposizioni di carattere generale sia nel fatto che ricercando la ratio di una norma è necessario individuarne gli elementi tecnico-finanziari ed economico-politici.

In assenza di particolari riferimenti, per interpretare un dettato normativo si può sempre attingere alle disposizioni preliminari del Codice Civile, il quale all’art. 12, comma 1 statuisce che «nell’applicare la legge non si può attribuire ad essa altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore».
Quindi bisogna prima fare un’interpretazione letterale delle parole contenute nella norma, e poi aggiungerci un'interpretazione di tipo logico, che individua la collocazione della norma nell'ordinamento stesso.

Esiste anche un’altra forma di interpretazione della norma, cioè quella funzionale, ormai poco utilizzata.
Questa forma, di provenienza tedesca, sosteneva che la valutazione sull'applicare una norma tributaria doveva dipendere da un controllo su funzione e causa della prestazione.
Arrivando ad avere, così, un’interpretazione flessibile che permetteva di cogliere la sostanza economica dei fenomeni tributari e non solo l’apparenza strutturale, “ricercando le finalità e le cause elementari di ogni entrata e in special modo la funzione economico-sociale, poiché il tributo è evento essenzialmente economico”.
l'interpretazione funzionale ha provato a risolvere il dibattito tra forma e sostanza in ambito fiscale, scontrandosi però con alcune garanzie insuperabili a difesa del contribuente, presenti nei sistemi di norme tributarie. Così questa forma interpretativa, nonostante le buone intenzioni, è stata più volte criticata e, di conseguenza, abbandonata.

É chiaro come una semplice teoria non può impedire l'applicazione di norme specifiche previste, anche perché potrebbe succedere che l'interpretazione funzionale riesca a sottoporre a tassazione cose non previste dalla normativa violando qualsiasi principio di legalità.
Su questo aspetto, per Tabellini: «l’uso spregiudicato di detti criteri – soprattutto di quello funzionale proposto dalla scuola pavese – avrebbe confinato l’elusione in un ambito a tal punto ristretto da farla apparire non più come una patologia lacerante, ma come una fenomenologia episodica, affatto tollerabile nella economia dei singoli tributi e grave non più di quanto lo siano le altre disfunzioni marginali del sistema».

I problemi legati all'evasione e all'elusione non dovrebbero nemmeno porsi, visto che il sistema interpretativo è diventato così efficace, da rendere impossibile qualsiasi tentativo di aggirare le norme.
Di conseguenza, questa interpretazione funzionale è caduta in disuso, riconoscendo allo stesso tempo, l'autorità soltanto al sistema normativo stesso, anche per garantire in questo modo la certezza del diritto per i contribuenti.
Parlando, invece, dell’interpretazione dei trattati e delle convenzioni internazionali, essa può assumere la forma unilaterale quando è effettuata dagli organi giudiziali o amministrativi di uno stato contraente, oppure la forma bilaterale se deriva da entrambi i paesi, come nel caso di accordi di procedura amichevole ex art. 25 dell’OCSE.

L'interpretazione delle convenzioni risulta molto complicata a causa della vasta presenza di elementi diversi tra loro, e fermo restando che le convenzioni sono comunque dei trattati internazionali, assume rilevanza per l'interpretazione unilaterale, la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, in cui le direttive contenute in essa vincolano non solo i paesi aderenti ma anche tutti gli altri, poiché soggetti alla comunità internazionale e, di conseguenza destinatari delle norme del diritto internazionale.

Per l'art. 31 di tale convenzione (“mezzi primari di interpretazione”) un ruolo di spicco nell’interpretazione dei documenti internazionali appartiene all’OCSE, incaricato di fare chiarezza su alcune forme interpretative, mediante il Commentario, una carta di estrema importanza, con il compito di indirizzare le nazioni verso un’interpretazione uniforme delle convenzioni e, comunque indipendente dal diritto locale dei paesi stessi.
Invece l'art. 32 (“mezzi supplementari di interpretazione”) tratta i mezzi interpretativi supplementari, che si sostanziano nelle circostanze e nei lavori preliminari alla conclusione di un trattato, oppure nelle altre casistiche, come quando bisogna scegliere tra più interpretazioni quella che garantisce più libertà agli stati o quella che attribuisce un senso compiuto ad una norma, invece che trattarla come insignificante.

Nel caso dell'art. 33 (“trattati redatti in più lingue”), i problemi sorgono dal diverso significato delle parole nelle varie lingue, dovendo così ricorrere all’interpretazione analogica, (se non espressamente vietata o inammissibile in presenza di norma a carattere eccezionale), che trova in ambito internazionale un terreno molto fertile, poiché le regole internazionale hanno una portata più ampia e generale di quelle dei diritti interni.
A concludere il paragrafo, la tabella che riassume le convenzioni internazionali, contro la doppia imposizione, concluse dall'Italia con le maggiori potenze economiche mondiali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

I paradisi fiscali: territori e normative

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Informazioni tesi

  Autore: Giovanni Barba
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2014-15
  Università: UniCusano - Università degli Studi Niccolò Cusano
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Alfonso Giordano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 88

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