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Automazione e imprese: Il paradigma dell'occupazione nello scenario attuale

I giovani e le macchine

Il primo elemento di analisi per comprendere quali effetti causano le automazioni in azienda sull’occupazione è il tasso di disoccupazione; certo è che tale tasso non è solo influenzato dalla presenza delle macchine in azienda, ma si può individuare in tale fenomeno una possibile causa di variazione nei prossimi anni quando la tecnologia raggiungerà livelli molto più alti degli attuali. Come abbiamo già visto in precedenza, secondo le stime ISTAT riferite all’ultimo trimestre del 2016, il tasso di disoccupazione attuale in Italia si trova sotto al 30%, ma quello giovanile è sempre in aumento al 41%, e pensare che quattro giovani su dieci dai 25 ai 34 anni non lavorano è molto preoccupante in ottica futura dove sempre più generazioni entreranno nella corsa al posto di lavoro (ISTAT, 2017). Si tratta dunque di un dato allarmante, da tenere sempre in considerazione e cercare di arginare se si vuole creare un futuro per l’intero paese.

Nel ricercare le cause di questa disoccupazione cronica del settore giovanile si possono aprire diverse strade che portano a risultati tutti diversi tra di loro, poiché tali cause sono molteplici e complesse. Una prima importante causa analizzabile si riferisce ad un ambito ancora precedente a quello lavorativo, ovvero quello scolastico: in un periodo in cui si parla sempre con più insistenza del collegamento tra scuola e lavoro, l’attenzione della ricerca si basa sulle competenze maturate dagli studenti di tutte le età.

Secondo delle recenti rilevazioni dell’Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD) uno dei problemi principali del nostro Paese è il fatto che i giovani italiani svolgono per una buona parte un “lavoro di routine” (31%), ovvero un lavoro che non necessita di particolari competenze specifiche, cosa che li spinge sempre più frequentemente ad abbandonare gli studi precocemente in un’ottica di occupazione “passiva” (OECD, 2015, p. 117-132).

Oltre a questo fenomeno si affianca un secondo caso che prende il nome di “mismatching lavorativo”, ovvero il fatto che le persone, in questo caso giovani, non ricoprono il ruolo lavorativo adatto alle loro competenze formative: nell’area Ocse la percentuale di queste persone raggiunge il 62%, con particolare attenzione alle persone che ricoprono ruoli superiori alle loro competenze (26%) e quelli che vedono non sfruttate le proprie conoscenze formative ed indirizzati a ruoli lavorativi inferiori (6%) (OECD, 2015). Un’altra cosa molto strana e allo stesso tempo importante è il fatto che molti giovani hanno delle competenze formative molto basse per l’epoca in cui viviamo e le capacità richieste dalle aziende: in Italia il 54% dei giovani non ha esperienze di uso del computer sul luogo di lavoro, il 27% ha scarse capacità di lettura ed il 26% ha scarse abilità matematiche in età lavorativa.

Tale fenomeno riguarda in primo luogo gli studenti universitari che con sempre più frequenza abbandonano il nostro Paese per cercare fortuna all’estero, concetto definito “fuga di cervelli”. Malgrado le università italiane vengano considerate tra le migliori in Europa e spesso ditte e realtà straniere vengano a cercare studenti italiani, il fenomeno dell’overeducation e dell’overskilling in Italia è molto frequente: mentre il primo fenomeno riguarda il fatto che per acquisire un posto di lavoro non è stato necessario il titolo di studio maturato (8% dei casi in Italia), il secondo riguarda il fatto che le competenze maturate nel percorso scolastico non sono state necessarie per ottenere il posto lavorativo (11,4% dei casi).

Benché la differenza sostanziale tra questi due fenomeni sia il titolo di studio, è altresì vero che tra i due vi è una connessione che si manifesta con la presenza di competenze superiori a quelle richieste, causa principale della fuga di giovani all’estero che cercano delle posizioni lavorative adatte alle loro capacità. Questo fenomeno, che si manifesta in modi più o meno forti come illustrato nella Figura 5, provoca evidentemente dei disagi e degli svantaggi a capo degli studenti che si trovano in una situazione di overeducation o overskilling:
• Lo stipendio si pone tra il 15% ed il 25% in meno rispetto ai colleghi laureati;
• Le competenze teoriche sono molto più deboli di quelle pratiche, cosa che suggerirebbe un’attenzione maggiore alla formazione post-lauream;
• Il capitale umano nazionale viene sottovalutato. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Automazione e imprese: Il paradigma dell'occupazione nello scenario attuale

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Informazioni tesi

  Autore: Davide Righele
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Verona
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia aziendale
  Relatore: Serena Cubico
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 52

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Parole chiave

lavoro
economia
disoccupazione
automazione
robot
occupazione
imprese
uomo macchina
disoccupazione giovanile
sostituzione dell'uomo a lavoro

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