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Attori e atleti: una comparazione tra l'allenamento fisico di J. Grotowski e quello sportivo

Allenamento sportivo e training attoriale: differenze ed uguaglianze

[…]
L’allenamento è un processo che produce nell’organismo un cambiamento di stato fisico, motorio e psicologico. Ma, per ottenere dei buoni risultati, occorre costanza.
L’obiettivo principale dell’allenamento è quello di indurre adattamenti biologici strutturali e funzionali, sviluppando gli adattamenti necessari all’organismo per renderlo capace di riprodurre uno sforzo adeguato al compito ed aumentare la prestazione nella specialità sportiva prescelta.
Il successo di un atleta è dovuto alla fusione di diversi fattori, quali la genetica, la costituzione, la salute, la nutrizione, l’allenamento, la tecnica, l’abilità e la preparazione mentale.
L’allenamento comprende e richiede, quindi, capacità fisiche, intellettuali, tecniche, tattiche e psicologiche.
Queste diverse componenti “nei singoli atleti possono risultare spiccate in modo molto differente, anche se i risultati di gara raggiunti si trovano molto vicini. […] Per questo è determinante saper rilevare e mobilizzare completamente le riserve individuali di prestazione. Ciò risulterà tanto meglio, quanto più chiaramente vengono notate le particolarità individuali, i punti forti e quelli deboli dell’atleta”.
Ciò non comporta che l’atleta debba necessariamente allenarsi da solo.
Al contrario, allenarsi in gruppo è il fondamento emozionale necessario per il raggiungimento di buoni obiettivi. ”Si deve però esigere che anche nell’allenamento in gruppo vengano tenute in sufficiente considerazione le particolarità individuali”. Si ricordi che gli allievi di Grotowski lavorano in gruppo, ma ogni attore ha dei compiti di allenamento differenti.
La preparazione fisica-atletica è divisa in una parte generale e una specifica.
L’allenamento generale indica uno sviluppo armonioso di numerose qualità motorie nel quale possono essere inserite esercitazioni tratte da qualsiasi tipo di sport.
L’allenamento specifico, invece, è in stretto contatto con la disciplina di ogni singolo atleta e le esercitazioni contengono elementi dei movimenti di gara. Per mezzo delle esercitazioni specifiche vengono sviluppate le capacità fisiche che determinano la prestazione, soprattutto la forza, la resistenza alla forza, la velocità e la mobilità articolare.
Le capacità caratterizzano e misurano l’efficienza di una funzione. Quelle direttamente impiegate nel controllo, nella conduzione e nella durata delle attività di movimento sono quelle senso-percettive che ci consentono di raccogliere le informazioni dall’ambiente; quelle intellettive ci permettono di elaborare tali informazioni; le motorie ottemperano alla fase esecutiva della risposta.
L’utilizzo integrato dell’insieme delle capacità legate all’espressione di più funzioni consente al soggetto la costruzione, lo sviluppo ed il mantenimento di specifiche abilità e competenze in ambito senso-percettivo, motorio e intellettivo.
Le capacità motorie influenzano l’intensità e la qualità di risposta all’ambiente. Nel corso degli anni è stata fatta una classificazione che prevede una distinzione in due grandi categorie: capacità condizionali e capacità coordinative.
La capacità condizionali determinano la durata, la qualità e l’intensità della risposta motoria ed incidono in modo determinante sulla prestazione motorio-sportiva. Queste sono direttamente influenzate dai processi metabolici che conducono alla produzione di energia (via metabolica aerobica, anaerobica lattacida ed anaerobica alattacida, di cui si parlerà in seguito) indispensabile per muoverci.
Le capacità coordinative sono, invece, determinate dai processi che organizzano, controllano e regolano il movimento e dipendono dal grado di maturazione del sistema
nervoso centrale e periferico. Determinano il tipo e la qualità della risposta e sono a loro volta suddivise in capacità generali e speciali.
Le capacità speciali più utilizzate da alcuni atleti e dagli attori di Grotowski verranno argomentate nei paragrafi successivi.
Le capacità coordinative generali, invece, le dividiamo in tre diverse tipologie: apprendimento motorio, controllo motorio, adattamento e trasformazione.
L’apprendimento riguarda la velocità con la quale si riesce ad assimilare un movimento e si raggiunge un determinato grado di abilità motoria.
Il controllo motorio ha una difficoltà variabile in base al numero di elementi collegati contemporaneamente.
L’adattamento e la trasformazione del movimento, invece, consente di mutare un gesto motorio durante l’esecuzione di un movimento e varia in base alle richieste dei singoli sport.
Meinel definisce la capacità coordinativa generale come quella di affrontare e superare compiti coordinativi difficili, di assimilarli rapidamente, e costruire le azioni motorie in modo adeguato.
Influisce notevolmente sulla prestazione sportiva anche la coordinazione. Questa può essere definita come l’attitudine a risolvere rapidamente ed economicamente compiti motori particolarmente difficili. ”Buone qualità di coordinazione permettono all’atleta di acquisire rapidamente nuove abitudini motorie e di utilizzare il suo repertorio di movimenti per creare nuove varianti esecutive di fronte ad una situazione inattesa”. Invece, una scarsa coordinazione si traduce con movimenti massivi, energicamente dispendiosi, che provocano un rapido affaticamento.

L’aggiustamento ed il raggiungimento di un’azione motoria è reso possibile dalla coordinazione senso-muscolare che regola la cooperazione dei vari gruppi muscolari; la coordinazione è presente in ogni azione umana che richiede l’utilizzo di più parti del corpo.
Un corretto programma di allenamento deve seguire quattro principi.
Il primo è il principio della consapevolezza, secondo il quale l’esercizio deve essere conosciuto nelle propriocezioni essenziali al fine di realizzare una sufficiente intensità
di lavoro, ”le propriocezioni muscolari devono essere sempre più perfette e il divario fra ciò che l’atleta sente e ciò che l’atleta fa deve essere più ridotto”. All’atleta è richiesta una grande propriocezione di tutto il suo corpo.

Secondo il principio dell’accessibilità, l’allenatore deve elaborare un compito che il soggetto sia in grado di eseguire. Questo compito deve avere degli obiettivi perseguibili. È un principio da non sottovalutare in quanto una proposta inadeguata deprimere la motivazione dell’atleta.
Il terzo principio è quello dell’evidenza, secondo cui la proposta di un esercizio deve essere estremamente chiara. È fondamentale che l’insegnante sappia spiegare in maniera chiara e sintetica l’obiettivo, sappia fornire delle indicazioni base per l’esecuzione dell’esercizio e degli elementi di autovalutazione, in modo tale che l’atleta possa controllare in modo efficacie il gesto tecnico durante la sua esecuzione.
L’allenatore deve ”fare in modo di agire sugli atleti ed orientare la loro attività affinché essi si rendano consapevoli delle loro abilità e possibilità e le assimilino accuratamente, come conoscano sempre più quale è lo scopo della loro attività, affinché programmino il loro allenamento con un sempre più elevato grado di autonomia”.
L’ultimo, ma non per importanza, è il principio della sistematica, che richiede di procedere verso l’obiettivo rispettando le progressioni. Una ideale progressione dovrebbe seguire un andamento così strutturato e indirizzato: da semplice a complesso, da senza attrezzi all’uso di attrezzi, da statico a dinamico, da situazioni di equilibrio a quelle di instabilità, da posizioni clinostatiche, in decubito, a quelle ortostatiche, in stazione eretta. La progressività del livello delle prestazioni impone il miglioramento continuo delle abilità atletiche.
Tutti questi quattro principi vengono applicati da Grotowski durante le esercitazioni.
L’insegnamento è parte determinante di un allenamento.
Il compito di un istruttore è far crescere i propri allievi facilitando il loro processo di apprendimento. Chi comunica deve codificare i propri messaggi in modo tale che chi ascolta possa comprenderli, deve scegliere le nozioni ed un linguaggio adeguato in base all’età e al livello dell’allievo. Il messaggio deve essere sufficientemente chiaro e non ambiguo, non contraddittorio con i messaggi precedenti. È importante fissare degli obiettivi chiari e condivisi, identificare il miglior modello di leadership per la squadra, valorizzare le singole possibilità di ogni atleta. ”Quando un individuo si allena senza conoscere i risultati che raggiunge, è poco probabile che possa progredire”. Ogni allenatore deve saper spiegare e dimostrare con adeguata chiarezza il gesto tecnico, deve poter fornire degli elementi di autovalutazione e dei feedback al termine dell’esercizio. ”Nell’ambito degli sport di squadra, il giocatore su cui si osservano i progressi maggiori è colui che può valutare meglio i risultati delle sue azioni personali”.

Il metodo di comunicazione maggiormente utilizzato è quello verbale, che si manifesta tramite spiegazioni e discussioni. Una parte importante delle informazioni scambiate in un processo comunicativo non è, però, intenzionale. Il paralinguaggio è l’insieme degli elementi che accompagnano il linguaggio verbale, come la dimostrazione degli esercizi, il tono ed il volume di voce, il ritmo del linguaggio, la postura e la mimica facciale, la prossemica, l’aptica e la gestione dello spazio.
Grotowski utilizza molto la comunicazione non verbale durante le esercitazioni. La maggior parte degli allenamenti avveniva in assoluto silenzio affinché i suoi attori imparassero a leggere il linguaggio del corpo e a comunicare con esso. Si avvale di questo metodo per dimostrare e correggere un movimento ed evidenziarne i punti più importanti di esecuzione. Secondo questo maestro il modo più diretto per insegnare una data attività motoria è la dimostrazione pratica dell’attività stessa, che aiuta a creare un’immagine ideomotoria dell’esercizio che deve essere svolto, facilitandone così l’assimilazione.
Sull’apprendimento influisce in modo considerevole anche la motivazione interiore, il desiderio di far bene e di trarre soddisfazione da ciò che si fa.
I fattori motivazionali che incidono su una prestazione sono la riuscita, la vittoria di una partita, che conduce alla sensazione di essere importanti e popolari, la coesione di squadra, la forma fisica, lo spendere energia scaricando le tensioni, l’incoraggiamento esterno, il miglioramento delle abilità sportive, l’amicizia e il divertimento. L’atleta se ”sufficientemente stimolato ed incoraggiato giorno per giorno, è possibile che acquisisca delle nuove abilità”.

Le motivazioni nello sport permettono l’orientamento dell’attenzione verso obiettivi precisi, mantengono l’attenzione attiva verso tali obiettivi, ci rendono capaci di utilizzare la creatività per superare situazioni difficili. ”La motivazione è la spinta propulsiva fondamentale nel comportamento dell’atleta”.
”Qualunque sia il metodo di allenamento, esso avrà tanto più successo quanto più il processo di allenamento si svilupperà in un buon clima affettivo”.
La capacità di programmare un corretto allenamento è una competenza necessaria che consente all’insegnate di pianificare gli apprendimenti degli allievi individuandone gli obiettivi, i contenuti ed i mezzi. L’istruttore deve saper scegliere gli esercizi in modo non casuale, avere metodo e logica organizzativa. Gli esercizi devono essere ben distribuiti, le esercitazioni che impegnano la muscolatura non devono essere precedute da altri mezzi che abbiano stancato notevolmente l’organismo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Attori e atleti: una comparazione tra l'allenamento fisico di J. Grotowski e quello sportivo

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Informazioni tesi

  Autore: Anna Burzio
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Libera Università Vita Salute San Raffaele di Milano
  Facoltà: Scienze Motorie
  Corso: Scienze delle attività motorie e sportive
  Relatore: Nicoletta Ferri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 80

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