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Il Teatro nel carcere S. Spirito di Siena

Le compagnie teatrali nelle carceri italiane

Analizzando i dati che emergono dagli ultimi censimenti del Ministero di Giustizia, sono oltre cento le compagnie che lavorano in Italia negli istituti penitenziari. In un 'intervista al direttore del Coordinamento Teatri in Carcere, Vito Minoia, viene domandato cosa succede al detenuto-attore una volta fuori dal carcere, la risposta è stata che la percentuale degli ex detenuti che torna a delinquere è di circa il 5 per cento rispetto al 28 che non ha fatto esperienze artistiche di questo genere; questo contribuirà anche a trasmettere una maggior consapevolezza e autostima per un reinserimento più facile nella società.

L'attività teatrale può in certi casi diventare una professione fuori dal carcere, abbiamo già citato il caso dell'ergastolano Rick Cluchey della sua esperienza teatrale con Samuel Beckett, o il caso di Aniello Arena attore di punta della Compagnia della Fortezza di Armando Punzo nel carcere di Volterra. Oggi, grazie all’articolo 21 del Codice di procedura penale, Arena è in regime di semilibertà, che gli permette di usufruire di permessi per lavorare con l'associazione della Compagnia della Fortezza: Carte Blanche. La sua interpretazione nel film ”Reality” di Matteo Garrone gli è valsa la vittoria del Nastro D'Argento nel 2013 come miglior attore protagonista e una nomination come migliore attore per il David di Donatello nel 2012.

Attualmente è impegnato con la Compagnia della Fortezza in importanti progetti teatrali; chiaramente si tratta di casi isolati in cui spicca un talento particolare e non bisogna illudere la maggior parte dei detenuti-attori che una volta scontata la pena possano esercitare effettivamente la professione teatrale, il progetto teatrale tramite il laboratorio deve assumere un aspetto puramente propedeutico per la crescita e lo sviluppo personale, tanto che lo spettacolo non può considerarsi come conclusione del lavoro ma come parte del processo di trasformazione, l'aspetto più importante del lavoro è il laboratorio teatrale che è incentrato sul divenire: l'attività si modifica e si rimodella attraverso meccanismi auto correttivi, cogliendo elementi nuovi ed utilizzandoli per un ulteriore elaborazione operativa.

Da quando il carcere ha aperto le porte al Teatro, si è iniziato a parlare di "Drammaturgia Penitenziaria", una ricerca di laboratorio teatrale che nasce dai vissuti personali dei detenuti che spesso elaborano anche il testo che andranno ad interpretare. Intorno la metà degli anni ottanta si è potuto notare un considerevole avvicinamento fra il teatro e il mondo dell' emarginazione, grazie all' interesse di influenti esponenti della cultura antropologica, psichiatrica e teatrale, che riconoscendo la connessione tra la dimensione teatrale fra le risorse della persona e le sue potenzialità, hanno creato un legame tra l'esperienza espressiva e la diversità; in questa prospettiva, il teatro sceglie di portarsi fuori dal suo habitat consueto e si reca nei luoghi del disagio.

Così intesa la pratica teatrale entra in contatto con i "non luoghi" abitati dal diverso, dall'emarginato, abbreviando la distanza fra teatro e disagio sociale e tra attività recitativa e psicoterapia a mediazione teatrale: non solo più prassi ma ricerca teatrale e sociale, reinventando continuamente la teatralità e i suoi linguaggi. Gli spettacoli si basano in maggioranza su testi teatrali, usati magari solo come spunto iniziale di un percorso, o su storie proposte da detenuti. Minoritario è il ricorso a romanzi, novelle e altre fonti. I detenuti si cimentano in vari ruoli teatrali oltre che a quello attoriale: scenografia, costumeria, accompagnamento musicale, tecnica della luce e del suono.

Le metodologie seguite dai conduttori si differenziano tra: il teatro di testo, il musical, la commedia dell'arte, la commedia in dialetto (molto frequentato è il teatro napoletano, in particolare quello di Eduardo de Filippo), lo psicodramma, la libera espressione, il teatro laboratorio.
Dai dati emersi si può constatare che le attività teatrali sono condotte da soggetti molto diversi, non sempre provenienti dall'ambito del teatro professionale. Molti sono gli educatori, gli insegnanti, i volontari. Dalle informazioni sulle professionalità coinvolte nei luoghi di detenzione, solo in una minoranza di casi si assiste a progetti coordinati da professionisti, in altri casi risulta che il "fai date" è ancora molto alto.

Alla fine sembra che all’Amministrazione vada bene tutto, l’attività di alto profilo artistico, strutturata, con notevoli ricadute anche sulla vita del carcere, e quella occasionale, sorretta nel migliore dei casi dalla generosità degli intenti, spesso improvvisata o superficiale o principalmente interessata ad attingere ai finanziamenti per interventi di interesse sociale. Per quanto riguarda le rappresentazioni, nel 50,93 % dei casi gli spettacoli sono stati rappresentati all'interno del carcere, nel 40,74% all'esterno e solo nell'8,33% sono stati portati in tournée. Questo a testimonianza di una arretratezza e diffidenza della legislazione e degli organi di direzione delle carceri e della magistratura di sorveglianza.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il Teatro nel carcere S. Spirito di Siena

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Informazioni tesi

  Autore: Pierfrancesco Paolini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Dams - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Valentina Venturini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 117

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