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I Millennium Development Goals: utopia o realtà?

A che cosa è servito finora il sostegno dei Paesi ricchi ai Paesi poveri? E’ sbagliato il sistema della Cooperazione allo Sviluppo o semplicemente “Aid doesn’t buy growth?”

“La storia delle economie in sviluppo è contrassegnata dalla ricerca donchisciottiana della risposta e la disillusione per una strategia ha sempre portato a sperare nella riuscita di quella successiva”
William Easterly

Presupponendo che la ragion d’essere della Cooperazione allo Sviluppo sia l’aiuto allo sviluppo, al di là delle doverose critiche che devono essere mosse alle modalità in cui viene attuata e ai secondi fini che spesso si celano dietro ad essa, è necessario verificare se tale sostegno abbia davvero svolto la sua funzione in questi cinquant’anni di esistenza. Se si considera la crescita economica come parametro per definire lo sviluppo (molti economisti sostengono, in realtà che la relazione tra crescita e sviluppo non sia né così diretta, né così ovvia), l’evidenza empirica tra flussi di aiuti esteri e crescita appare ambigua, sebbene sembri predominare la tesi di una correlazione nulla se non addirittura negativa tra aiuto e crescita. In effetti, se si considera che gli aiuti allo sviluppo sono quantificabili in 2.300 miliardi di dollari durante l’ultimo mezzo secolo, e l’Africa ne ha ricevuti negli ultimi quarant’anni 568 miliardi (in dollari del 2003), non sono necessarie accurate stime econometriche per far sorgere il dubbio che qualcosa non funzioni nella Cooperazione allo Sviluppo.

Analisi empiriche negative

Come già accennato, William Easterly definisce questa la seconda tragedia della Cooperazione internazionale (la prima consistendo nel fatto che 30000 bambini muoiono ogni giorno a causa della povertà estrema): nonostante l’amplissimo ammontare di fondi destinati all’aiuto, ‘i bambini con la diarrea non hanno ancora accesso alla terapia di reidratazione, la cui dose giornaliera costa meno di 10 centesimi di dollaro’. Egli sostiene in definitiva che ‘è meritevole effettuare qualche tipo di trasferimento dalle persone ad alto reddito verso le persone molto povere, malgrado i cattivi risultati del passato. Ma l’esito effettivo degli aiuti esteri non consiste nel muovere tutto il denaro che è politicamente possibile, né nel promuovere ampie trasformazioni sociali dalla povertà alla ricchezza. L’esito sta sempre nel beneficiare alcuni poveri per un po’ di tempo’. In effetti nei molti lavori in cui Easterly affronta il tema della correlazione tra aiuto e crescita, egli dimostra persuasivamente che la relazione tra le due variabili è nulla se non negativa in alcuni casi, in particolare per l’Africa Sub-Saharaiana e per i Paesi che hanno “subìto” i programmi di aggiustamento strutturale negli anni Ottanta e Novanta. Per di più secondo l’autore, diversamente da quello che sostengono gli Stati Uniti e le Istituzioni Finanziarie Internazionali, l’inefficacia dell’aiuto non dipende dalla corruzione, né tanto meno dalle politiche economiche fallimentari perpetrate dai Paesi in Via di Sviluppo, bensì dal fatto che “aid doesn’t buy growth”.
[...]
Secondo Easterly il negare l’evidenza serve solo ad aumentare i fondi per quelle Istituzioni Internazionali che hanno già dato prova di non funzionare e che per di più, a dispetto delle dichiarazioni, continuano ad indirizzare fondi a Paesi che non rispettano minimamente i canoni della “nuova selettività”; il Kenya è un caso emblematico, ma non è certo il solo.
Infine Easterly sostiene che, quando le Agenzie Internazionali adibite a fornire l’aiuto, riportano i loro successi sembrano dimenticarsi non solo della nuova selettività, ma anche della teoria economica che essi sostengo sia la condizione sine qua non per intraprendere il cammino dello sviluppo e cioè il libero scambio. Esse infatti sottolineano i successi di India e Cina, che sono i Paesi che hanno ricevuto in questi anni la percentuale minore di aiuti, oltre a non aver potuto godere di accessi privilegiati ai mercati occidentali e che rappresentano, insieme al Sudan (che però non viene mai celebrato nei rapporti delle Organizzazioni Internazionali) i Paesi che, negli anni Novanta, hanno registrato i più alti tassi di crescita. Mentre paiono dimenticarsi di tutti quei Paesi dell’Africa Sub-Sahariana che ricevono annualmente grossi flussi di aiuti, senza poter esibire tassi di crescita positivi. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

I Millennium Development Goals: utopia o realtà?

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Informazioni tesi

  Autore: Beatrice Conci
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Franco Volpi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 261

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