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Migrazioni e seconde generazioni: uno sguardo autoetnografico

Autoetnografia

Cosa è l’autoetnografia? Di cosa si tratta? Lo stile autoetnografico è una forma di auto - riflessione, basata sull’esperienza personale del ricercatore, che analizzerà criticamente la propria autobiografia e le esperienze vissute. Per alcuni autori, l’autoetnografia è un metodo di ricerca e di scrittura che cerca di tracciare e analizzare l’esperienza personale per il semplice scopo di approfondire la conoscenza di culture mettendosi a confronto. Si può parlare di autoetnografia come la fusione di etnografia e autobiografia, lo studioso di questo nuovo approccio elabora e analizza le sue esperienze passate confrontandosi con il resto con l’intenzione di farne un documento di dominio pubblico. Inoltre, lavoro di gran rilevanza, è lo studio di pratiche relazionali, valori della cultura di studio, credenze ed esperienze condivise e vissute all'intento di aiutare gli stranieri a comprendere meglio la cultura, prendendo appunti sul campo di eventi culturali. Ma attenzione autoetnografia non è autobiografia.

Gli etnografi si soffermano a osservare, studiare, comprendere e partecipare attivamente alla vita di quella cultura prendendo appunti, gli autoetnografi, invece, secondo Mitch Allen, fanno parte, o minimamente, di una o più culture, vivono in contesti multiculturali illustrando le loro esperienze culturali e le divergenze createsi con l’avanzar degli anni, mostrando le caratteristiche di una cultura essere nello stesso istante un insider e outsider. Si è ricercatori ma nello stesso tempo si diventa soggetto di analisi di sé stessi oltre l’interazione con gli altri e analisi tradizionali (Ellis, Adams, Bochner, 2011).

Ricordiamo il compito dell’etnografo è di intervistare i membri della cultura di studio, analizzare il modo di parlare, gesticolare e il modo di vestirsi. Nella stesura del proprio elaborato di ricerca, l'autore ha la facoltà di interrogare gruppi di persone così come consultare testi, fotografie, riviste, e registrazioni. Gli etnografi diventano osservatori e partecipanti della cultura, cioè, prendono appunti sul campo di determinati eventi culturali.
Lo stile autoetnografico è diverso dai metodi etnografici classici utilizzati da antropologi sociali e sociologi. Gli autoetnografi mettono in risalto la propria soggettività, quindi chi fa autoetnografia utilizza strumenti ben precisi ossia esperienze vissute in prima persona per chiarire gli aspetti dell’esperienza culturale.

Secondo la ricercatrice Garance Marechal, interessata alla metodologia qualitativa e specializzata nell’autoetnografia, ritiene che ci sono vari generi di autoetnografia scritta in antropologia:

- Antropologia nativa; adoperata da studiosi specializzati formalmente nella materia dell’etnografia che diventano ricercatori di studio del proprio gruppo di appartenenza.
- Autobiografia etnica; si tratta di una narrazione personale scritta da membri appartenenti ad una minoranza etnica.
- Etnografia autobiografica; l’interessamento di antropologi che intervengono nell’esperienze personali facendo etnografia. La caratteristica principale di questo genere sono le storie di vita di determinati soggetti di studio del ricercatore in cui mostra particolare interesse, passione nell’ascoltare percorsi di vita del passato e del presente, le varie violenze e oppressioni subìte all’interno di una comunità nuova e i conflitti affrontati, analizzando il tragitto per la costruzione dell’identità in contesti sociali e culturali. Questo nuovo metodo di fare etnografia autobiografica genera “un nuovo ibrido”: l’autoetnografia. Non sono mancate le critiche al metodo autoetnografico, criticato per la mancanza di rilevanza etnografia, di essere troppo personale dove gli antropologi giocano molto la carta dell’emotività e dell’egocentrismo. Gli studiosi, intanto, dietro tutto questo sfondo portano avanti un lavoro complesso, un progetto etnografico che coinvolge molti attori impegnati nell’auto-partecipazione al progetto che contribuiscono ad essere osservati sotto un occhio critico (G. Marechal, 2010).

L’autoetnografia può essere intesa come una forma di etnografia, soltanto che l'etnografia è più che altro una ricerca di studio sul campo di lavoro da parte di antropologi, etnografi e sociologi all’intento di descrivere le osservazioni fatte sulla natura dell’uomo come essere sociale. Intanto un ricercatore di autoetnografia deve in primis consultare le analisi empiriche fatte dai suoi predecessori mettendole a confronto con le proprie, poi deve introdurre e analizzare le storie personali, soggetto principale della ricerca e quelle trasmesse da altri testimoni messi a confronto. Scrivere è terapeutico sia per lo scrittore sia per il lettore qualunque sia la circostanza, scrivere è un metodo di indagine, un modo per conoscere sé stessi e di conseguenza scrivere le proprie esperienze personali diventa una specie di terapia si cerca di esternare tutto ciò che si ha dentro. Dunque l’autoetnografia è un metodo di ricerca qualitativa, richiede vulnerabilità, favorisce l’empatia, incarna l’emotività e l’innovazione, elimina i confini, fornisce benefici terapeutici, affina la capacità di leggere le dinamiche socio-culturali in cui si pensa e agisce.

La narrazione è un modo di ricordare il passato, e la manifestazione della verità della nostra esperienza, di solito gli studi riguardo la migrazione viene fatta da ricercatori senza l’esperienza diretta del border crossing, ossia da persone che non hanno mai vissuto senza documenti in un Paese terzo oppure non hanno mai oltrepassato il confine illegalmente. L’autoetnografia ha lo scopo di far capire ai suoi lettori quali siano le condizioni che un migrante “illegale” è costretto a vivere. Bisogna capire che il viaggio non è l’unico modo di fare ricerca sul campo, in certe circostanze l’incontro con altri modi di vivere è fondamentale. L’antropologo Khrosravi (2010), nel suo libro “Illegal Traveller”, ricorda che uno degli aspetti fondamentali del border crossing è l’assenza, l’abbandono materiale del Paese natale e nello stesso tempo la possibilità che ha la persona nel momento dell’attraversamento di respirare il profumo della libertà, di creare uno stile di vita tutto nuovo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Migrazioni e seconde generazioni: uno sguardo autoetnografico

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Informazioni tesi

  Autore: Zenab Muhammad
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"
  Facoltà: Scienze Sociali
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Gianluca Gatta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 72

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