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Elvira Dones: per una multicultura letteraria

Autori italofoni (e non solo)

Sono quelli nati negli anni ’60 -’70 che hanno vissuto per un periodo relativamente breve la dittatura e comunque in giovane età, che hanno colto la possibilità di migrare verso altri paesi occidentali pubblicando così le proprie opere senza subire gli effetti restrittivi della censura.
L’autrice sulla quale si presterà maggiore attenzione, Elvira Dones, ha un vissuto artistico di transizione continua tra lingue e culture diverse in quanto scrive in inglese, italiano e ovviamente albanese. Ed è interessante vedere come cambia il modo di scrivere a seconda della lingua, concentrandosi di più sulla scrittura direttamente in italiano.
Scrivere in una lingua straniera, senza aver avuto la possibilità di studiarla se non di nascosto può rischiare di rendere più difficoltoso il coinvolgimento del lettore. La narrazione rischia di perdere una parte di significati e di intenzioni che la conoscenza della lingua e dei suoi colori permetterebbero. La scrittura non è solo talento ma anche conoscenza del lessico, della sintassi, di regole, di logiche di costruzione del pensiero per renderlo fluido, conoscenza che consentirebbe anche di giocare per così dire con la narrazione.

È interessante notare il fatto che le scrittrici come Dones hanno come soggetto delle loro opere la figura femminile, vittima di una cultura maschilista spesso misogina che voleva la donna alla pari dell’uomo ma non in termini di dignità e diritti. La donna doveva essere forte più dell’uomo. In questo non vi era un senso etico-morale di parità tra i generi.
La donna veniva sfruttata e offesa. Residui di una cultura patriarcale che il comunismo ha accentuato sotto le mentite spoglie della parità dei generi. La propaganda in tal senso, nutrita dalla sub-corrente socialista del realismo, era alquanto aggressiva e iniziava ad influenzare gli individui già in tenera età. Questo mi riporta a ricordi personali. I quadri giganteschi appesi alle pareti della mia scuola materna, elementare e media raffiguravano una donna con braccia enormi che tirava a mani nude una corda all’estremità della quale era legato un blocco di cemento armato. Mentre l’uomo al suo fianco aveva un disegno tecnico tra le mani. Era un trittico e in nessuna delle tele la donna aveva una matita o penna o foglio che sia, sempre braccia muscolose e sguardo aggressivo.
Le donne nei libri di Dones raccontano le due vite che si trovano a vivere: quella durante il regime carica di codici del passato e quella del dopo. Non sono racconti storici i loro, ma viaggi nelle vite delle donne che hanno incontrato e in pezzi delle loro che appartengono ad un’altra esistenza.

L’identità culturale e la sua matrice si allargano geograficamente coinvolgendo i Balcani in quanto condividono con l’Albania parte della sua storia.
I Balcani sono stati storicamente travolti da guerre interne nutrite da interessi europei e non solo, geograficamente e politicamente stravolti da decisioni di potenze straniere; la donna ne è sempre stata vittima diretta ma anche portatrice di forza e coraggio.
Il Kanun dettava legge (e lo fa tutt’ora in alcune zone dell’Albania) e la moralità della donna era sempre in discussione, “colpevole” anche quando si dimostrava la sua innocenza.
Avremo modo di approfondire quest’ultima parte in un capitolo successivo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Elvira Dones: per una multicultura letteraria

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Informazioni tesi

  Autore: Sabina Kolici
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Alessandro Perissinotto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 74

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