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Identificazione e riconoscimento del professionista infermiere nella società: aspettative e prospettive attraverso un'indagine conoscitiva

Cause ed effetti del demansionamento sulla professione infermieristica

La tematica del demansionamento ha ormai investito pienamente la professione infermieristica risucchiandola in una dimensione quasi "mistica", in cui il dottore infermiere si identifica − nello svolgimento della propria attività − più come un ibrido di mestieri piuttosto che il professionista sanitario responsabile dell'assistenza infermieristica generale.

Ma al di fuori di queste supposizioni soggettive, oggi è pienamente agli occhi di tutti che tale questione costituisce di fatto un punto vitale nella considerazione e valutazione della condizione infermieristica, senza contare le difficoltà che causa relativamente alla progettazione della sanità italiana moderna. Se da un lato risulta amara la verità che in Italia il riconoscimento sociale verso la nostra professione risulta essere ancora pieno di misteri (nonostante l'infermiere oggi sia un professionista laureato), dall'altro bisognerebbe sottolineare come probabilmente questo riconoscimento possa anche passare da alcune mansioni che continuiamo purtroppo a svolgere, come il disfacimento e il rifacimento di letti rivolto a pazienti autosufficienti, la risposta ai campanelli suonati dai pazienti, la sanificazione di pappagalli e padelle, il trasporto del malato in carrozzina ecc.

Facile dunque capire come la percezione che la popolazione ha e continua ad avere dell'infermiere è condizionata dal notare un tipo di lavoro esecutivo, domestico/alberghiero che inevitabilmente dequalificano il nostro titolo e il nostro percorso universitario, non identificandosi con i principi, le competenze e l'autonomia professionale che tanto − e che invece troppo poco − dovrebbe essere presente nello svolgimento della nostra attività lavorativa.

Forse qualcuno ancora oggi dimentica che l'infermiere (per divenire tale) deve iscriversi e completare un percorso triennale all'università; che a fine di suddetto percorso può frequentare dei master che gli serviranno ad implementare e acquisire competenze specifiche; che può iscriversi ad un Corso di Laurea Magistrale (previa acquisizione del titolo di laurea triennale o titolo equipollente dei diplomi, quest'ultimo ai sensi del D.M. del 27 luglio 2000, n. 191) per aspirare ad incarichi dirigenziali o alla docenza universitaria, ed inoltre a Laurea Magistrale conseguita può anche diventare un ricercatore frequentando uno dei svariati Dottorati di Ricerca presenti in Italia.

Tutto quanto appena detto, si traduce poi invece nella continua mancanza di valorizzazione e considerazione nei posti di lavoro e anche purtroppo all'interno delle istituzioni che ci rappresentano. Inoltre a questo va aggiunta l’aggravante che sempre più spesso i pazienti, i familiari o l'intera comunità non ci riconosce, considerando come ondeggi l'idea che tutte le figure presenti nelle corsie siano infermieri e i social media che ci accostano sempre di più in maniera impropria e pericolosa ai fini informativi e di decoro della nostra professione con qualsiasi altra figura di supporto (ausiliaria o socio sanitaria che essa sia).

Dovremmo sicuramente ricordare come la visibilità della professione infermieristica sia generata spesso e volentieri dai nostri comportamenti e modi di lavorare nei contesti clinico-assistenziali, comunicando al pubblico quello che siamo, che in realtà dovrebbe coincidere ad una visione di una classe intellettuale scientifica della professione ma che invece spesso e volentieri viene intravista come una classe tecnico-alberghiera.

Quindi in base a ciò, il demansionamento potrebbe essere vista come una problematica che vede nell'approccio lavorativo degli infermieri l'unica motivazione dell'esistenza di tale fenomeno, con la conseguenza che il concetto di lavoro demansionante debba riguardare la competenza dei sindacati del lavoro e non del Collegio. Sembrerebbe quasi un discorso che fila, ma in realtà è proprio nel Codice Deontologico del 2009 che negli articoli 49-50-51 vi è una chiara espressione di come l'infermiere non sia tanto "destituito" dal non fare determinate mansioni non di sua competenza.

Ma il demansionamento non da soltanto influenze negative sul riconoscimento professionale della categoria infermieristica, ma si riversa anche su problematiche serie, come ad esempio la salute del professionista. Infatti nel diritto del lavoro, il concetto viene valutato come "un atto consistente nell'assegnazione del lavoratore a mansioni inferiori rispetto alla sua qualifica di appartenenza, o anche nel non assegnare alcuna mansione".

Esso costituirebbe una violazione della legge, intesa come diritto a svolgere un'attività lavorativa che risponda ad un'esigenza imprescindibile della personalità del lavoratore in termini di salute che possono tradursi in termini di burnout, stress occupazionale e mobbing, senza contare il danno economico/sociale poiché lo svolgimento di mansioni inferiori a quella di appartenenza o la mancata attribuzione di una mansione determina l'impoverimento delle capacità professionali del lavoratore, comportando ripercussioni negative sui futuri rapporti sia sociali che all'interno del contesto lavorativo stesso.[40]

In alcune realtà l'abuso è perenne, quindi l'infermiere deve costantemente mostrare flessibilità e capacità funzionale rispetto l'organizzazione in cui opera. Prendendo l'esempio del rifacimento dei letti dei pazienti autonomi ed auto- sufficienti, ci pare abbastanza evidente come questo intervento non possa mai essere paragonato ad un comportamento o processo scientifico/intellettuale che la nostra professione richiede nell'erogazione di prestazione d'assistenza verso il cliente. Al contrario sarebbe auspicabile e scientificamente logico in ottica assistenziale una corrente di pensiero e di azioni che spingano il paziente autonomo al rifacimento del letto, indirizzandolo così all'indipendenza e non alla dipendenza che rischierebbe di compromettere l'intero piano assistenziale- terapeutico.

Quindi la questione non gira tutta attorno al fatto di fare qualcosa di "umiliante" o qualcosa di "indecoroso" ma di fare ciò che ci compete; più che altro questo piccolo esempio rappresenta la dimostrazione di come determinati modi di agire e di pensare possono essere veramente indirizzati al recupero o ripristino della condizione di salute del paziente, che deve assolutamente rappresentare il primo obiettivo per un professionista della salute quale risulta essere l'infermiere. Si tratta di prendere consapevolezza di una cosa molto semplice, ossia che tutte le figure devono lavorare insieme per un efficace prestazione assistenziale rispettando il campo di applicazione altrui. Altrimenti potrebbero venire fuori quesiti sul "perchè in mancanza di un OSS debba essere per forza l'infermiere a compiere il suo lavoro e non il medico" oppure sulla "motivazione per la quale un OSA può astenersi dal fare un qualcosa che non rientra tra le sue competenze mentre l'infermiere ciò non lo possa dire".


40 Cosa è il demansionamento professionale? - http://www.arealavoro.org/cosa-e-il- demansionamento.htm.
Articolo aggiornato il 13-05-2016.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Identificazione e riconoscimento del professionista infermiere nella società: aspettative e prospettive attraverso un'indagine conoscitiva

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Informazioni tesi

  Autore: Gaetano Ciscardi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
  Corso: Scienze Infermieristiche ed Ostetriche
  Relatore: Angelo Antonio Gambera
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 117

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Parole chiave

riconoscimento
società
identificazione
professionalità
infermiere
society
identification
nurse
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