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Gestione dei progetti complessi di innovazione: il caso dell'auto elettrica.

Cenni storici sulla nascita e sviluppo dei veicoli elettrici

La storia dell'auto a trazione elettrica iniziò nel 1799 con l'invenzione del generatore elettrochimico di Alessandro Volta. Grazie a tale scoperta partì un vasto lavoro di ricerca e perfezionamento al fine di costruire pile con capacità sempre più elevata per rendere la corrente elettrica di pubblica utilità e aprendo così la strada alle rivoluzionarie scoperte sull'elettricità che segnarono l'Ottocento.

Di fatto l'auto elettrica a batteria fu tra i primi tipi di automobile ad essere inventata, sperimentata e commercializzata.

La prima intuizione fu di Thomas Davenport, infatti nel 1837 brevetta (e forse costruisce) un veicolo elettrico funzionante con un rudimentale motore costituito da una elettrocalamita ed un arpionismo.

Nel giro di qualche anno si diffuse l'interesse per la locomozione elettrica visto che era ormai noto che il vapore era una tecnologia scomoda e pesante ed il motore a scoppio avrebbe visto la luce solo vent'anni dopo.

Nel 1839 l'imprenditore scozzese Robert Davidson costruì la prima carrozza elettrica. Per tutto l'Ottocento, l'elettrico sembrò essere la naturale soluzione da destinare al futuro dell'automobile: si trattava di un prodotto d'èlite ed apprezzato, visto che le esigenze dell'epoca non richiedevano prestazioni elevate in senso assoluto (mediamente le prime automobili elettriche avevano velocità massime nell'ordine dei 30 km/h). L'unico freno allo sviluppo erano gli accumulatori, che limitavano l'autonomia a poche decine di chilometri e relegavano l'automobile elettrica a poco più che un giocattolo da città.

Nel 1860 lo scienziato francese Gaston Plantè inventò la batteria al piombo-acido solforico (poi perfezionata da Camille Faurè) che permise il miglioramento delle performances delle batterie e quindi una maggior diffusione delle diffusione delle auto elettriche (Francia e Gran Bretagna furono le prime nazioni testimoni dello sviluppo).

In questi anni si susseguirono nuove invenzioni di nuovi veicoli con trazione elettrica fra le quali quella di Giuseppe Carli che costruisce un triciclo elettrico biposto con motore da 1 CV, dal peso totale di 140 kg.

Nel 1895 il francese Jeantaud fu il primo a produrre in serie e vendere vetture elettriche con autonomia di 30 km e velocità massima di 20 km/h e contemporaneamente a Londra e New York nascono servizi di taxi elettrici al servizio della popolazione.

Lo sviluppo del motore elettrico, nell'Ottocento, raggiunse la massima espressione nel 1899 con la creatura del belga Camille Jenatzy, la Jamais Contente, che stabilisce il record mondiale di velocità per automobili con la velocità massima di 105.88 km/h, superando per la prima volta nella storia dell'automobile la soglia dei 100 km/h.
Nel contesto scientifico di questi anni si inserì la figura di Nikola Tesla, a cui si deve la scoperta della corrente elettrica alternata, aprendo la strada alla diffusione globale dell'energia elettrica. Lo scienziato si cimentò anche in importanti studi sull'induzione elettromagnetica e sulla trasportabilità dell'energia attraverso campi elettromagnetici; in pratica sperimentò la corrente “wireless” riuscendo ad alimentare via radio una torre formata da numerose lampadine. Fra i numerosi studi, è avvolta nella leggenda la costruzione della cosiddetta Tesla Car, un'auto che si sarebbe potuta alimentare solo dall'energia che avrebbe ricevuto via radio da una fonte esterna, sfruttando la nota “risonanza di Shumann” Il progetto non vide mai la luce poiché un famoso banchiere acquistò il brevetto e affossò tutte le possibilità di sviluppo. Fortunatamente la vicenda della sensazionale scoperta non appare molto verosimile a causa di problemi tecnico-fisici che impedirebbero di confermare scientificamente le teorie di Tesla. E' molto più probabile che Tesla abbia invece messo a punto particolari motori elettrici ad induzione con accumulatori particolarmente efficienti, adatti ad essere messi in funzione sui mezzi di trasporto e che non siano stati mai prodotti a causa del suddetto banchiere che ne acquistò il brevetto. Nikola Tesla, a detta di molti, rappresenta una delle più importanti e geniali personalità del Novecento, tutta la sua vita è avvolta da un alone di mistero. Anche grazie alle sue scoperte e ai suoi brevetti si potette avere il pieno sviluppo della cosiddetta seconda rivoluzione industriale. Morì, in circostanze mai chiarite, l'8 gennaio del 1943 a New York.

Agli inizi del 1900, la concorrenza del motore endotermico divenne sempre più importante, ma continuarono a nascere varie aziende che producevano e vendevano con ottimi risultati auto elettriche. A favore del motore endotermico pesarono la maggior autonomia, le migliori prestazioni e il prezzo della benzina ridotto a seguito della scoperta di giacimenti petroliferi nel Texas.

Il motore elettrico però garantiva una semplicità e affidabilità difficilmente eguagliabile e veniva preferito dalle donne, notoriamente poco propense ad armeggiare con radiatori e fumi maleodoranti.

A lungo andare, dunque, le limitatissime prestazioni degli EV ne bloccarono la diffusione, al punto che già dagli anni '20 la si considerava una tecnologia ormai obsoleta, tanto che la maggior parte delle aziende cessò la produzione o la convertì in motori termici.
Solo in Inghilterra l’industria dei veicoli elettrici rimase attiva con una decina di aziende. Si produssero soprattutto veicoli industriali come carrelli elevatori, auto per campi da golf, carrelli per il servizio ferroviario e auto per il servizio porta a porta.

Fra il 1941 e il 1945 la Peugeot produsse in serie una utilitaria elettrica biposto chiamata VLV (Voiturette Légère de Ville-piccola vettura da città), che garantiva ai cittadini più facoltosi la mobilità urbana nonostante il razionamento dei carburanti dovuto al conflitto mondiale in corso. Gli ingegneri francesi riuscirono a creare una vettura piccola e leggera in modo da sopperire alla scarsità di metallo e favorire una maggiore autonomia e quindi scelsero una capote ripiegabile in materiale tessile, più facile da reperire. La scelta dei materiali (alluminio per la maggior parte della carrozzeria) influirono positivamente anche sul peso totale della vettura che aveva le due ruote posteriori molto ravvicinate e non superava i 365 kg, accumulatori compresi. Meccanicamente era fornita di ben quattro batterie al piombo-acido collegate in serie con capacità sufficiente per percorrere circa 70 km con velocità media di 30 km/h, 36 km/h se si azionava il piccolo motore collegato alle ruote posteriori che forniva un surplus di potenza. Le vendite e la produzione non avevano ritmi elevati in quanto le categorie in grado di poter acquistare la VLV erano molto poche (prevalentemente medici e avvocati) e la produzione era continuamente interrotta per le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. Purtroppo, dopo aver creato 377 esemplari, la produzione della VLV termina nel 1943, a causa del bombardamento tedesco e della conseguente distruzione dello stabilimento di Sochaux nel quale l'auto veniva prodotta. […]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Gestione dei progetti complessi di innovazione: il caso dell'auto elettrica.

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Vito Fanizzi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Politecnico di Bari
  Facoltà: Ingegneria
  Corso: Ingegneria gestionale
  Relatore: Vito Albino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 107

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