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Quando muoio sarò un bambino. Eutanasia per i minori in Belgio.

Chi mi aiuta a morire, il ruolo dell’infermiere

Nell’articolo 35 del Codice Deontologico dell’Infermiere si legge che egli “presta assistenza qualunque sia la condizione clinica e fino al termine della vita all’assistito, riconoscendo l'importanza della palliazione e del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale, spirituale”.[41]
Tutto questo è possibile grazie alla Rete Locale di Cure Palliative, definita nel 2012 quale “aggregazione funzionale e integrata delle attività di cure palliative erogate in ospedale, in Hospice, a domicilio e in altre Strutture Residenziali, in un ambito territoriale definito a livello regionale”.[40]
L’infermiere, ed anche il paziente, sono i protagonisti di questa rete, tra loro si instaura un rapporto continuo di assistenza caratterizzata dallo scambio di emozioni, sensazioni, percezioni, scaturite dalla reale capacità di comprensione degli stati d’animo altrui, l’empatia.
Nel bambino l’empatia agisce in modo importantissimo e duale sia di confronto con un altra vita, non esiste io senza tu, sia di strumento attraverso il quale avviene l’evoluzione psichica fino all’individualità matura.
I passaggi di questo percorso di crescita consapevole, si possono riassumere nelle osservazioni seguenti.
Già nel neonato, il neuro scienziato Giacomo Rizzolatti, parla di mente dialogica presente tra il sé corporeo e un altro “essere virtuale, complementarietà registrata dai neuroni viso-motori, i neuroni a specchio”. (Rizzolatti G. La mente relazionale. 2001)[30]
Secondo la psicologa Nancy Eisenberg il contagio emotivo, empatia, che differisce da ogni altra emozione, si può presentare in bambini molto piccoli come risposta ancora non cognitiva. (Eisenberg N. Contagio emotivo. 1986)[31]
Manifesta il loro o altrui disagio in cui si esplicita la percezione del bisogno di una delle parti.[31]
In tutte le espressioni del volto, nella mimica, e nella gestualità il psicobiologo Colwyn Traverthen individua, attraverso i neuroni a specchio, la possibilità di “rispecchiamento empatico”. (Traverthen C. Le emozioni nell’infanzia: regolatrici del controllo e delle relazioni interpersonali. 1993)[32]
E' correlato soprattutto al movimento ed alla capacità espressiva non verbale, tipica umana.[32] Negli sguardi e nel tocco, il bambino sviluppa le percezioni corporee.
Egli procede così acquisendo la capacità meta cognitiva tipica dell'adulto, l'autoriflessività basata su sensazioni, sentimenti, credenze.
L'intersoggettività è correlata alla regolazione emotiva del bambino e allo sviluppo del Sé. Avviene nel primo anno di vita e si può parlare di intelligenza sociale, di matrice innata che gli permette di vivere un 'contatto mentale' con l'altro”.[32]
Fondamentale però è la possibile identificazione con un modello positivo. Una sicurezza affettiva ed empatica che per gli psicologi sociali John Latané e Bibb Darley permette lo sviluppo della psico socialità fondata sulla reciprocità della relazione. (Latané B., Darley J. Pro-social and Anti-social Behaviour. 2003)[33]
Lo psicologo Martin Hoffman considera l'empatia il mezzo con cui si “attiva la risposta affettiva appropriata alla situazione dell'altro”. (Hoffman M. L. A comprehensive theory of prosocial moral development. 2001)[34]
Avviene gradualmente il superamento dell'egocentrismo attraverso la comprensione degli stati mentali altrui e propri, e come agire su quest'ultimi.
Si raggiunge definitivamente lo sviluppo cognitivo quando si giunge alla comprensione del contenuto delle emozioni ed il loro significato metabletico, dal greco meta-ballein ovvero cambio, mi trasformo.[34]
Cosicché nella relazione il bambino cambia e si trasforma, ma anche l’operatore si arricchisce di esperienza e sensibilità.
Importante è differenziare lo stato emotivo tra i soggetti.
Si favorisce solo in questo modo lo sviluppo di sentimenti di compassione e compartecipazione emotiva tipici del comportamento pro sociale.
Dall’insegnamento dello psichiatra Alberto Romitti osserviamo che “cura ha il significato di sollecitudine, interesse e curiosità, oltre che partecipazione”. (Romitti A., colleghi. I miti che curano. 2011)[35]
L'Infermiere nell'acquisizione del comportamento professionale volge le proprie esperienze personali, il vissuto emotivo, all'identificazione dei bisogni e delle risorse del piccolo assistito.
Dal canto suo il bambino vive la malattia manifestando le debolezze e le fragilità, attraverso i sintomi ed i disagi di adattamento a condizioni fisiche che purtroppo evolvono verso la morte, in una regressione corporea inevitabile.
E' sempre fondamentale un atteggiamento dinamico, strutturato intorno al bambino, in un clima assistenziale aperto e sereno, che favorisca la comunicazione spontanea, immediata ed empatica.
Per entrambi la contestualizzazione relazionale presuppone la condivisione partecipativa del tempo e del luogo, in cui avvengono contemporaneamente giochi e procedure tecniche, nell'incessante ricerca di una soluzione efficace alla sofferenza.
Ma ciò che non è realmente possibile, diventa immaginazione e desiderio.
Un superamento continuo della realtà in cui si svelano sentimenti quali rabbia, dolore, paura ed ansia.
Il bambino riesce ad andare oltre l'oggettivazione convenzionale del percepito ed è qui il ruolo importante dell'Infermiere, saperlo comprendere, sostenere e facilitare nelle sue manifestazioni: non ostacolarlo ma intuirlo.
Saper raccogliere i pensieri confidati e viverli in una relazione stabile volta a colmare i disequilibri emotivi, scaturiti dal confronto con il reale.
La competenza di relazione terapeutica è imprescindibile nella professione assistenziale, deve arricchirsi continuamente attraverso la formazione e la capacità di accettazione comprensiva.
Come la madre sufficientemente buona, non perfetta di Winnicott, così l'infermiere nel suo lavoro.
Di fatto lo psichiatra Paul-Claud Recamier nel 1956 introduce il termine di maternage psicoterapico, con riferimento ad una tecnica riparativa ispirata al rapporto privilegiato tra madre e bambino in cui avviene scambio emozionale.[46]
E' attualmente in uso quest'intervento terapeutico negli stati frammentativi e dispercettivi dell'Io, tipici della malattia terminale, al fine di modulare con le emozioni l'aderenza alla realtà.[46]
Consapevolmente, nel qui ed ora, siamo divenuti infermieri per professione di aiuto.
Intesa come reale stato cognitivo dei bisogni dell'altro, diretta ad adottare il corrispondente comportamento congruo ed a realizzare l'azione più appropriata, per alleviare il bisogno altrui.
Ricordando sempre le infinite possibilità psichiche e fisiche, che consentono agli individui di progredire continuamente, inesorabilmente verso il loro futuro.






31. Eisenberg N. Contagio emotivo. 1986
32. Traverthen C. Le emozioni nell’infanzia: regolatrici del controllo e delle relazioni interpersonali. 1993
33. Latané B., Darley J. Pro-social and Anti-social Behaviour. 2003
40. www.treccani.it
41. www.ipasvi.it
46. www.aipsimed.org/maternage

Questo brano è tratto dalla tesi:

Quando muoio sarò un bambino. Eutanasia per i minori in Belgio.

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Informazioni tesi

  Autore: Laura Gregoratto
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2013-14
  Università: Sede di Ivrea
  Facoltà: Scienze Infermieristiche
  Corso: Infermieristica
  Relatore: Silvana Faccio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 80

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Parole chiave

morte
eutanasia
assistenza
infermiere
consapevolezza
cure palliative
maternage
fine vita
eutanasia bambini
malattia incurabile

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