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La comunicazione politica negli USA, il ruolo degli Spin Doctors

Clinton e la prima War Room

Non si può più parlare con qualcuno e aspettarsi di essere ascoltati. Non accadrà più, certamente non in politica. Se vuoi essere ascoltato devi prima essertene guadagnato il diritto […] E questo implica la costruzione di relazioni reciproche a lungo termine” [cit. in Vaccari 2007, p. 41]. Con queste parole Philip Gould, consulente di Bill Clinton fin dal 1992, riassumeva la nuova condizione a cui si dovettero adattare le forme di contatto con l’elettorato, in quella che abbiamo definito l’era tardomoderna della comunicazione politica. A fronte di un pubblico con a propria disposizione un sempre maggiore potere di selezione e capace di tutelarsi dal sovraccarico di informazioni che i troppi canali a disposizione comporta, ci si rese conto che la tipologia classica di comunicazione invasiva e unidirezionale diventava ormai inadeguata. Così, rispetto agli incalzanti bombardamenti pubblicitari, maggiore efficacia è garantita da forme di comunicazione più personali, legate al passaparola tra gli stessi cittadini e alla spontaneità della fruizione.
In particolare, ciò che si cerca di creare è una sorta di capitale fiduciario che si basi su un sistema di relazioni autentiche con la cittadinanza, secondo le logiche di un marketing relazionale che vede l’elettore non come un bersaglio da conquistare con transazioni brevi e superficiali, ma come un soggetto paritario con cui istaurare relazioni a lungo termine. Fu partendo da questa concezione e dalle tecniche che abbiamo definito di going public che nel 1992 venne strutturata la campagna presidenziale del democratico Bill Clinton, chiamato a fronteggiare un presidente la cui popolarità sfiorava il 90% nei sondaggi, il repubblicano Gorge H. W. Bush. Un tale livello di approvazione derivava dalla vittoria militare che l’America aveva ottenuto appena un anno prima nella Guerra del golfo col’Operazione Desert Storm e di fronte a una popolarità così elevate furono molti i leader democratici che si rifiutarono di sfidare Bush. Clinton, allora governatore dell’Arkansas, si impegnò energicamente per ottenere la nomination, riuscendo inizialmente a diventare il candidato favorito delle primarie. Ma poco prima del voto in New Hampshire dovette far fronte alle accuse di infedeltà coniugale e di diserzione della leva militare che lo travolsero, portandolo a perdere venti punti nei sondaggi. Adottando una reazione combattiva, riuscì in breve tempo a migliorare posizione e amplificare ulteriormente il proprio risultato ringraziando i cittadini, nel corso di una conferenza stampa, per averlo reso “The Comeback Kid” (il ragazzo della rimonta). Così facendo riuscì a trasformare una sconfitta in un successo, enfatizzando come quel risultato era stato ben superiore alle aspettative e assicurandosi l’attenzione dei media per il resto della campagna [Vaccari 2007, p. 107]. Una volta raggiunta la nomina di candidato democratico Clinton concentrò la propria campagna quasi esclusivamente sulle incerte condizioni economiche degli Stati Uniti. Spostare l’attenzione su una problematica nazionale significava togliere terreno al presidente Bush che dopo la caduta dell’Unione Sovietica nel 1989 e la fine della guerra fredda non poteva più sfruttare la propria esperienza in politica estera nella contesa elettorale. Inoltre, l’importanza dei temi economici come questione nazionale fu ulteriormente amplificata dalla sorprendente candidatura di un terzo aspirante, il miliardario Ross Perot, la cui campagna si concentrò principalmente sulla riduzione del deficit pubblico.
Lo staff di Clinton riuscì ad coordinare magistralmente una campagna mediatica basata sia sull’uso delle tradizionali pubblicità a pagamento che su efficaci apparizioni del candidato nei programmi televisivi di varie reti. In particolare, fu la televisione via cavo a fornire a Clinton numerose opportunità di partecipare a programmi e talk-show, arrivando perfino a suonare il sassofono durante l’Arsenio Hall Show. Sulla rete musicale MTV, invece, fu invitato a partecipare a un programma in cui era chiamato a rispondere alle domande che gli venivano rivolte dai giovani spettatori in studio, tra le quali anche il celebre quesito: “Lei indossa slip o boxer?”. Clinton, che si rivelò estremamente a proprio agio in questo genere di format, pose l’infotainment al centro della sua strategia di comunicazione, dando il via a quella commistione tra informazione e intrattenimento che caratterizzò la politica da lì in avanti. Come del resto fece anche l’indipendente Ross Perot, che annunciò la sua partecipazione alle elezioni nel talk show Larry King Live sulla CNN e utilizzò più di ogni altro candidato questo spazio. La formula dei talk show in cui i candidati rispondevano alle domande del pubblico in diretta, raggiunse all’epoca un tale livello di popolarità che fu utilizzata per uno dei dibattiti presidenziali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La comunicazione politica negli USA, il ruolo degli Spin Doctors

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Informazioni tesi

  Autore: Fabio La Motta
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Messina
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Marco Centorrino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 116

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