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Giulietta ama Romeo - Un percorso di variazioni da Shakespeare, Prokof'ev e oltre

Comporre nella Russa di Stalin: 1935-53

Quando Prokof'ev decise di ritornare in patria, l'evoluzione dalla rivoluzione alla dittatura era ormai maturata: qualunque forma di opposizione al regime cominciò ad essere perseguitata e qualsiasi espressione artistica incorse nel vaglio della censura. Quindi anche l'arte doveva adeguarsi e ogni forma artistica doveva uniformarsi ad una ben identificabile linea ideologica che trasmettesse un messaggio positivo sul mondo sovietico e che, nello stesso tempo, si mostrasse feroce nei riguardi dei nemici dell'ideologia rivoluzionaria.

Per la Russia l'azione censoria non era certo una novità dal momento che era praticata anche sotto il governo dello zar; ma, a tal proposito, ci sembra interessante la differenza che Hermann Ermolaev riscontra tra le due forme censorie, definendo la censura sovietica come "prescrittiva", mentre quella zarista "puramente punitiva", dal momento che i censori imperiali non avevano alcun interesse a sollecitare l'artista a uniformarsi o a rivedere la sua opera secondo la visione politica e filosofica dello zar; al contrario, quelli sovietici «non restringevano il loro campo di azione alla mera eliminazione del materiale proibito; scrivevano inserzioni che riflettevano la posizione politico-ideologica del leader di Partito al potere, o invitavano il singolo autore a farlo» (H.ERMOLAEV)

Nel periodo che segue la Rivoluzione, sotto Lenin e Trotskij, la censura era limitata: anzi, il Partito bolscevico promuoveva la libertà artistica; è vero che alcuni scrittori apertamente controrivoluzionari potevano vedere proibiti i propri lavori, ma questo avveniva più su base politica che artistica, e si trattava pur sempre di un'eccezione e talora l'azione si limitava ad una polemica nei confronti delle tendenze artistiche considerate negative.

Ma sotto Stalin il clima cambiò: sospettoso verso le arti, esercitò uno stretto controllo burocratico, grazie anche alla creazione, dopo la RAPP - un organismo che esaminava le opere degli scrittori - della RAPM (Rossiskaya Associatskya Proletarskikh Muzikantov, ossia Associazione russa dei musicisti proletari) che, analogamente, operava nei confronti dei compositori sovietici. Negli anni Trenta, poi, alcuni presupposti dell'azione censoria furono ulteriormente inaspriti, specialmente per quanto riguardava la critica verso il regime, la mancanza di ufficialità dei contenuti artistici o la loro ambiguità del messaggio, poiché «la sua univocità era imperativo categorico, essendo il realismo socialista il solo metodo accettato per tutte le arti in Unione Sovietica» ( O. SINICYNA).

Ne consegue che anche comporre durante il regime stalinista non era di certo semplice e, così, anche le opere di moltissimi musicisti caddero sotto la mannaia di una censura quanto mai solerte. Si diceva che Stalin in persona assistesse, di nascosto, alla rappresentazione delle nuove opere e, qualora fossero state di suo gradimento, era solito offrire da bere ai compositori; in caso contrario, il compositore correva il rischio di vedersi censurata la sua opera.

Questo accadde quando Stalin assistette alla rappresentazione di Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Šostakovič, al Teatro Bolšoj di Mosca, nel 1936: sembra che Stalin di fosse alzato per lasciare il teatro ancor prima della fine dell'opera. Già nel '29 il compositore era stato duramente attaccato per il Naso, basato sull'omonimo racconto di Gogol', nel quale si poteva ravvisare una critica all'eccesso di burocratizzazione del regime; l'opera fu tacciata di "formalismo" dalla RAPM.

Ma era solo un assaggio delle critiche feroci che vennero poi mosse a Lady Macbeth, opera in cui il musicista voleva veicolare messaggio di «..ribellione contro il proprio ambiente, contro l'atmosfera pesante, grigia e disgustosa in cui vegetano i mercanti volgari del secolo scorso».

Eppure nel 1934, quando venne rappresentata per la prima volta, era stata un successo; il pubblico aveva notato con piacere che il musicista aveva intrapreso, dopo l'opera satirica il Naso, un tipo di comunicazione più popolare: era passato dal surrealismo corrosivo di Gogol' al realismo contadino di un novella di Nikolaj Leskov del 1846. Il contesto è quello del mondo dei contadini chiuso e limitato della Russia del XIX secolo, la vicenda narrata quella di una giovane donna, sposata contro la sua volontà, che si innamora di uno dei servitori del suocero, uomo molto violento; gli amanti uccidono sia il suocero che il marito, ma vengono scoperti. L'opera termina con la morte della donna durante la sua deportazione in Siberia. Anche la critica si era mostrata favorevole, definendo l'opera come espressione della migliore tradizione culturale sovietica.

Ma nel volgere di quei due anni, erano accaduti in URSS eventi drammatici culminati nell'assassinio di Kirov, voluto dallo stesso Stalin. Sebbene già in quel 1934 avesse vinto contro i suoi avversari politici nel partito, Stalin aveva iniziato a sentirsi minacciato e, vedendosi, con maniacalità paranoide, circondato da nemici e traditori, aveva dato avvio a quella fase di terrore che, proprio nel 1936, aveva portato all'annientamento non solo della vecchia guardia leninista, ma anche di suoi fedeli seguaci sospettati di trotskismo.

Anche gli attacchi della censura si fecero sempre più violenti: il regime burocratico richiedeva conformismo, non originalità! Stalin non era contrario soltanto alla musica moderna, espressione di un Occidente capitalista e corrotto, ma anche alle tematiche che spesso queste veicolavano: nello specifico caso di Lady Macbeth, il tema della lussuria, del tradimento e del conseguente omicidio cozzavano con l'idea di una moralità nuova, "socialista", basata sulla famiglia, così lontana dagli ideali della Rivoluzione di Ottobre che invece volevano affrancare la donna quel ruolo sottomesso, ma garante della solidità della famiglia. Per di più, l'opera mostrava in una luce negativa le figure dei poliziotti, che apparivano corrotti, arroganti e insensibili e ciò poteva leggersi come un'aperta critica alle autorità sovietiche.

Qualche giorno dopo, il 28 gennaio del 1936, sulla Pravda, quotidiano ufficiale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, uscì un articolo anonimo, si pensa scritto dallo stesso Stalin, che considerava l'opera «caos anziché musica», prototipo del libertinaggio culturale portato alle stelle da una critica irresponsabile. Di lì a poco, dei manifesti pubblicitari additarono Šostakovič come nemico del popolo.

Sorte non differente toccò ad Aleksandr Vasilevič Mosolov, il compositore di Fonderie d'acciaio, un'opera in cui i principi del futurismo venivano applicati la campo sinfonico: anch'egli accusato di formalismo nel 1939, venne condannato e imprigionato.

Sembra che l'accusa di "formalismo" – ovvero di mutuare dall'Occidente una sintassi compositiva atonale - fosse sempre incombente: di formalismo furono accusati, tra gli altri Nicolaj Mjaskovskij e il compositore armeno Aram Khačiaturian, oltre che lo stesso Prokov'ev. Sembra che tale accusa suonasse come un monito a cambiare stile, per uniformarsi ad un ordine armonico formale e tonale.

Il genere di arte che Stalin promuoveva era non solo conservatrice e conformista, ma superficiale e poco impegnativa: un'arte celebrativa al sevizio del "realismo socialista", improntata agli ideali dell'ottimismo, funzionale alla diffusione della filosofia socialista. Le opere non dovevano necessariamente essere prive di accenti tragici e di sofferenza, purché queste si risolvessero nell'ultimo movimento, dando l'impressione di un "lieto fine" così in linea con "la vita felice" propagandata dal dittatore.

Assai gradita gli era, per esempio, l'opera di Ivan Dzeržinskij intitolata Il placido Don. Sebbene si trattasse di un compositore piuttosto mediocre – sembra che lo stesso Šostakovič lo avesse aiutato, per trarlo d'imbarazzo, nelle parti orchestrali – era sempre presente nei cartelloni di molti teatri sovietici, poiché, con il suo linguaggio realistico e comprensibile, ricalcava il perfetto canone dello stile ufficiale. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Giulietta ama Romeo - Un percorso di variazioni da Shakespeare, Prokof'ev e oltre

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Informazioni tesi

  Autore: Roberta Gallo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Dario Oliveri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 35

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