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La responsabilità sociale nella moda: caso H&M

Comunicazione solidale

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un processo di accelerazione sia nella produzione di forme di sensibilizzazione sia nella produzione di un abbigliamento responsabile, però il senso che viene attribuito ad un capo da parte del produttore è reinterpretato dal consumatore e spesso fra i due esiste una distanza chiamata scarto. Inizialmente nella rete dei consumi critici esisteva una perfetta sovrapponibilità fra le finalità esplicite di alcune forme di consumo critico e le motivazioni d'acquisto del consumatore. Ora si parla di uno scarto, cioè il consumatore acquista il prodotto che gli interessa attribuendo ad esso un significato che può essere completamente diverso da quello attribuitogli nei vari passaggi della filiera produttiva.
Questa capacità di scarto data dalla facoltà di reinterpretare un prodotto non è propria di tutti i consumatori ma solo di quelli che vengono definiti di buon senso (savvy individual). Tale tipologia di consumatori, in contrapposizione con i sucker (creduloni), hanno la capacità di leggere e interpretare creativamente i significati e di socializzare con altri la loro interpretazione e sono consapevoli che la loro azione di consumo si pone in un più ampio processo di globalizzazione.
Alcuni consumatori, meglio definibili come consum - attori, perché non più passivi quindi vittime delle logiche di mercato, della grande distribuzione e della pubblicità, hanno creato una rete virtuosa fra chi domanda e chi offre e da questo virtuosismo, dal desiderare di produrre e indossare un determinato tipo di abbigliamento, nascono nuovi prodotti capaci di trasmettere il desiderio di sobrietà e riciclo. Come afferma un'associazione "La fibra della dignità" della dignità "solo ripartendo da regole che tengono conto della sobrietà e solidarietà è possibile garantire un’economia dove vengono tutelati l’ambiente e diritti di chi coltiva, produce, acquista". Per superare le dinamiche di sfruttamento bisogna ripartire dall'intera filiera del tessile, per questo motivo parliamo di tracciabilità e trasparenza. Il consumatore radicato infatti desidera conoscere da dove viene il suo abbigliamento, da chi, come e dove è stato prodotto.
Il mondo della moda si presenta come un assortimento eterogeneo di comportamenti e dunque di etichette, modalità per rendere visibile al consumatore il percorso che fa l'abito. Queste informazioni non sono certamente esaustive, però molto spesso non è possibile conoscere di più di quanto c'è scritto su confezioni ed etichette. A questo proposito la Guida al vestire critico sostiene che le imprese di abbigliamento si possono dividere in due categoria: quelle che appaiono, ma non producono e quelle che producono ma non appaiono.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La responsabilità sociale nella moda: caso H&M

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Informazioni tesi

  Autore: Sara Bargagli Stoffi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia aziendale
  Relatore: Monica Faraoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 65

FAQ

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