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La condotta sessuale dei monaci tra castità e desiderio: il tabù dell'omosessualità nel Buddhismo

Contesto: l'Omosessualità in Cina

Quando il gesuita Matteo Ricci giunse in Cina durante la Dinastia Ming (1368–1644 d.C.), con l'obiettivo di portare avanti la sua missione evangelizzatrice, rimase colpito dalla diffusione di fenomeni di pederastia in ambienti accademici buddhisti e confuciani: questo tipo di relazione vedeva coinvolti uomini adulti (spesso maestri) e giovani fanciulli in rapporti sessuali. A tal proposito, infatti, Matteo Ricci affermò che: "In China there are those who reject normal sex and indulge in depravity, they abandon sex with women and instead they corrupt young males" (Spence, 1984: 229 cit. in Faure 1998: 208). Da un punto di vista gesuita, l'omosessualità non era tollerabile dal momento che ai sodomiti, post-mortem, era destinata la vita all'inferno; come vedremo, questa concezione è riscontrabile anche in alcuni testi buddhisti sino-giapponesi.

Alcune fonti giuridiche di epoca Ming, riportano che gli uomini erano invitati ad astenersi da rapporti con giovani ragazzi. Fenomeni di pederastia si registravano anche nelle varie comunità buddhiste cinesi e giapponesi, con maggiore diffusione nel buddhismo giapponese, anche se il buddhismo Zen designa il buddhismo Chan cinese come colpevole per la diffusione di pratiche omosessuali all'interno del saṃgha: secondo i buddhisti giapponesi, la Cina avrebbe diffuso la sua forma di buddhismo nel territorio dell'Asia Orientale e, assieme ad esso, anche le sue mode, i suoi difetti e le sue contraddizioni.

Lo scrittore Li Yu 李渔 (1610-1680 d.C.), il quale visse a cavallo tra l'epoca Ming e Qing, riporta che l'omosessualità era una moda diffusa nel sud della Cina, in particolare nella provincia del Fujian: è vero che ci fosse una prevalenza di omosessuali in queste aree, ma la definizione di "moda del sud" si basa su un gioco di parole tra i due caratteri omofoni nan 南 e 男, rispettivamente "sud" e "uomo" (Faure, 1998: 228-229).

A livello sociale, in epoca Qing (1644-1912 d.C.), dopo che i casi di pederastia registrati crebbero notevolmente e fu ormai noto a tutti che maestri confuciani, daoisti e buddhisti seducevano giovani allievi, l'inclinazione all'omosessualità venne considerata imputabile quanto la commissione di uno stupro e peggio di un atteggiamento impudico da parte di una donna. Era la prima volta nella storia cinese che l'omosessualità veniva considerata un crimine (Chen Gilbert Zhe, 2019: 212). Similmente, nel corso dell'epoca Meji (1868- 1912 d.C.) in Giappone, gli omosessuali o sodomiti venivano condannati a novanta giorni di carcere. In Occidente, nel corso del XX secolo crebbe la convinzione che l'omosessualità fosse una malattia che necessitava di essere curata: tali convinzioni si diffusero per prima tra gli studiosi occidentali per poi giungere in Asia, dove l'omosessualità non era stata ancora studiata da un punto di vista scientifico.

Nelle fonti letterarie cinesi, i riferimenti all'omosessualità sono spesso espressi attraverso idiomi come duanxiu zhi pi 断袖之癖 che fa riferimento alla "storia della manica rotta", secondo la quale l'Imperatore Han Aidi 汉哀帝,, tagliò la manica della sua veste, in cui era avvolto il suo amato, per non svegliarlo mentre dormiva; ci si può riferire anche attraverso metafore come yutao duanxiu 余桃断袖 , ovvero "pesca mangiata a metà", allusione alla storia narrata nello Han Feizi 韓非子6, in cui compare Mi Zixia 弥子瑕 , un ragazzo di particolare bellezza, il quale si racconta che avesse condiviso una pesca con il suo protetto facendo divenire il frutto un emblema delle relazioni omosessuali. Nel corso dei tempi si arriverà a indicare il rapporto omosessuale con il termine nanse 男色 per indicare il rapporto tra uomini e nüse 女色 per indicare il rapporto tra donne; oppure con il termine dispregiativo jijian 鸡奸, che vuole essere una traduzione per "sodomiti", ma che letteralmente indica gli atteggiamenti innaturali ed osceni delle galline (ji 鸡 significa "gallina", e viene riferito anche alle prostitute, in cinese chiamata con l'omofono ji 妓).

Oggigiorno, l'omosessualità viene indicata con tongxinglian 同性恋, "amore tra persone dello stesso sesso", con accezione puramente positiva. Se il fenomeno era così diffuso a livello imperiale, non sorprende che fosse esteso anche ad altri livelli della società, inclusi gli ambienti religiosi, dal momento che il microcosmo monastico risentiva degli influssi del macrocosmo sociale.

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La condotta sessuale dei monaci tra castità e desiderio: il tabù dell'omosessualità nel Buddhismo

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Informazioni tesi

  Autore: Amalia Viggiano
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Lingue e Culture Straniere
  Corso: Lingue Straniere
  Relatore: Ester Bianchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 41

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