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Affidamento in prova terapeutico

Conversione dell'affidamento terapeutico in quello ordinario

In presenza di determinati presupposti, l'affidamento in prova terapeutico può convertirsi in affidamento in prova ordinario.

Il magistrato di sorveglianza infatti, terminata in maniera positiva la parte terapeutica del programma, può disporre la proseguzione dell'affidamento, nella sua forma ordinaria, anche qualora la pena residua sia superiore a quella prevista per l'affidamento ordinario e previa rideterminazione delle prescrizioni.

Non è infrequente che i Tribunali di sorveglianza, quando hanno reputato che, durante l'affidamento, i tossicodipendenti si siano bene comportati, e abbiano risolto almeno temporaneamente, il problema della dipendenza, concedendo un affidamento ordinario o una detenzione domiciliare, accompagnati da prescrizioni di tipo terapeutico. Il responsabile della struttura, deve segnalare eventuali violazioni commesse dall'affidato all'autorità giudiziaria.

Qualora queste dovessero integrare reato, l'autorità giudiziaria ne da comunicazione all'autorità competente per la sospensione o la revoca dell'autorizzazione, ferma restando l'adozione di misure idonee a tutelare i soggetti in trattamento presso la struttura.

Al termine del periodo di prova, deve essere formulato un giudizio sull'esito. Anche tale forma di affidamento è suscettibile di revoca, rispetto alla quale è competente il Tribunale di sorveglianza che ha deliberato la concessione dell'affidamento.

È chiaro che, in generale, le misure alternative alla detenzione in carcere siano degli istituti di fondamentale importanza nell'ordinamento italiano.

Tali provvedimenti non hanno come scopo principale quello di punire il detenuto bensì quello di rieducarlo per poi, una volta scontata la pena, reinserirlo nel contesto sociale. Questi istituti, tra i quali appunto, l'affidamento in prova terapeutico, costituiscono le sanzioni penali deputate a dare attuazzione al principio enunciato dalla Costituzione secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27 Costituzione).

Citando Morrone 2003, "Occorre prendere atto che le strategie d'intervento adottate dal Ministero della giustizia in tema di trattamento del tossicodipendente , sebbene a prima vista appaiano efficaci per la tutela della salute, il recupero ed il reinserimento sociale del soggetto, risultano spesso condizionate da limiti strutturali eziologicamente connessi al fenomeno del sovrafollamento delle carceri, i quali impediscono, di fatto, di operare quella completa differenziazione e separazione tra le varie tipologie di detenuti, che costituisce la conditio sine qua non per l'attuazzione di un trattamento penitenziario specifico per i tossicodipendenti".

Il legislatore infatti, dovette intervenire per regolare l'importante fenomeno del sovraffollamento carcecario, ancora oggi consistente. L'affidamento in prova in casi particolari, rappresenta dunque una misura alternativa introdotta allo scopo di far fronte a determinate esigenze. In primo luogo, al fenomeno del progressivo aumento della popolazione detenuta, ed anche al continuo verificarsi di situazioni in cui i soggetti tossico dipendenti o alcool dipendenti vengono raggiunti da sentenza irrevocabile di condanna. Inoltre: "accanto all'obbiettivo di salvaguardare gli effetti di una terapia in corso, si poneva lo scopo di incentivare il condannato tossicodipendente alla scelta terapeutica collegando alla manifestazione di questa intenzione la immediata riacquisizione della libertà".

Questo brano è tratto dalla tesi:

Affidamento in prova terapeutico

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Informazioni tesi

  Autore: Veronica Piras
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Scienze dei servizi giuridici
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Maria Francesca Cortesi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 47

FAQ

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Parole chiave

pena
affidamento in prova
penitenziario
tossicodipendenti
funzione rieducativa
alcool dipendenti

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