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Credit crunch: come si manifesta l'irrazionalità nella gestione dei fenomeni di crisi

Crisi mondiale, situazione attuale e disamina episodi credit crunch nel mondo

I primi segnali della crisi si manifestarono dal 2007 proseguendo negli anni successivi in una fase di turbolenza, per poi giungere a una fase di collasso e contagio globale caratterizzata da una grave crisi di liquidità. Ai fattori tradizionali come i forti squilibri settoriali, la perdita di fiducia degli investitori e la rapida espansione del credito con formazione di bolle speculative, si aggiunsero fattori non tradizionali come la grave sottovalutazione del credito. A tutto questo si aggiungono le numerose falle nel contesto regolamentare e l’assenza di trasparenza nei meccanismi di trasferimento dei rischi, innescando una reazione a catena che ha interessato l’economia globale. Le imprese naturalmente a causa del difficile reperimento delle risorse necessarie al proprio funzionamento sono in grave difficoltà. La crisi finanziaria inoltre ha portato alla luce le carenze dei metodi e modelli utilizzati dalle agenzie di rating del credito, carenze dovute al carattere oligopolistico del mercato in cui queste agenzie operano. Gli investimenti delle imprese sono stagnanti, le esportazioni si sono contratte risentendo dell’indebolirsi della domanda mondiale e le banche, hanno operato un ulteriore irrigidimento dei criteri adottati per l’erogazione dei prestiti alle imprese. La redditività delle banche sta risentendo notevolmente della crisi, le probabilità di ripresa appaiono nulle schiacciate dalla crisi bancaria che rischia di avvitarsi in una pericolosa spirale con l’economia reale. Anche le banche europee stanno pagando la crisi economica.
L’intermediazione d’informazioni e risorse si è sempre accompagnata all’intermediazione dei rischi; e di rischi le banche se ne sono sobbarcati moltissimi, da tutte le provenienze. La tensione sui debiti sovrani ha scatenato un’ulteriore corsa al ribasso della fiducia dei mercati. Le banche italiane hanno accusato un impatto negativo sulla loro capacità di creare reddito ed hanno ridotto le loro esposizioni anche a fronte di notevoli difficoltà nell’attività di raccolta. Nonostante questo però non hanno gravato sulle casse dello Stato come invece necessario in altre economie europee. Durante il periodo della crisi economica dal 2009 in poi, i dati sui prestiti bancari hanno dato evidenti segnali di rallentamento che hanno preoccupato principalmente un’economia reale già afflitta dalla discesa della produttività. Domanda e offerta di credito si sono relazionate in modo da rendere precipitosa la diminuzione dei finanziamenti erogati sebbene abbia avuto una leggera ripresa solo verso la fine del 2010. Le motivazioni che hanno portato a una restrizione del credito in senso stretto, ossia dal lato dell’offerta, possono trovare maggiormente riscontro sulla base di analisi qualitative come l’aumento dell’avversione al rischio in un contesto in cui la crisi dei debiti sovrani da un lato e il deterioramento della qualità del credito dall’altro appesantisce i bilanci delle banche. A tutela delle operazioni di finanziamento dell’economia italiana le banche hanno adottato sistemi di valutazione per il merito al credito sempre più standardizzati e analitici, perdendo quindi la capacità di interagire con le necessità di un sistema produttivo che ha bisogno di un’analisi molto diversificata e settoriale.
L’allontanamento delle banche dal territorio, quindi, in un momento di forte fabbisogno finanziario, specialmente per le piccole-medie imprese (PMI), non è che una conferma di una cronica situazione di stretta creditizia. Stime e statistiche come vedremo hanno tuttavia confermato una decisiva correlazione negativa tra la bassa capitalizzazione e la propensione all’erogazione di mutui e finanziamenti. Perciò, dopo un consistente pacchetto di misure sul patrimonio bancario approvato dal Consiglio Europeo, la “Recommendation on the creation and supervisory oversight of temporary capital buffers to restore market confidence” (Raccomandazione per la creazione e vigilanza di un temporaneo buffer di capitale al fine di ripristinare la fiducia del mercato) dell’EBA ha evidenziato quali fossero i passi per un decisivo aumento degli indicatori di patrimonio di alcune banche, molte delle quali italiane.
Queste decisioni, dopotutto, anticipano in materia il futuro avvento delle normative di Basilea 3, viste nel precedente capitolo, che andranno a sostituire le correnti normative sul capitale bancario. Gli aumenti di capitale avrebbero dovuto riportare la stabilità al sistema finanziario incoraggiando l’attività di credito del sistema bancario al fine di favorire la crescita economica. La stretta creditizia non ha, tuttavia, smesso di affliggere l’economia e opinioni contrastanti hanno mosso diverse critiche proprio a quelle operazioni che invece di incentivare la crescita hanno avuto effetti di natura pro ciclica. [...]

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Credit crunch: come si manifesta l'irrazionalità nella gestione dei fenomeni di crisi

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Gentileschi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze dell'economia
  Relatore: Christian Cavazzoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 152

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