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Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza

Cronistoria del welfare state

Per comprendere le finalità delle politiche di welfare e perciò anche della rete dei servizi da loro promossi, è utile ripercorrere la nascita e lo sviluppo del welfare state nei Paesi industrializzati.
E’ una storia che comincia da lontano e che parte come risposta ai bisogni legati alla sussistenza.
Lo Stato sociale nacque e si consolidò in Occidente, durante il XIX ed il XX secolo di pari passo con la storia della civiltà industriale. La sua evoluzione può essere suddivisa in tre fasi successive.
Una prima, elementare, forma di Stato sociale venne introdotta nel 1601 in Inghilterra con la promulgazione delle leggi sui poveri (Poor Law). Queste leggi prevedevano assistenza per i poveri nel caso in cui le famiglie non fossero in grado di provvedervi e, oltre ad avere in sé un palese contenuto filantropico, prendevano le mosse da considerazioni secondo cui, riducendo il tasso di povertà, si riducevano i fenomeni negativi connessi come la criminalità.
La seconda fase, opera di monarchie costituzionali conservatrici o di pensatori liberali, si riconduce alla prima rivoluzione industriale ed alla legislazione inglese del 1834 (l’estensione al continente europeo avvenne solo nel periodo tra il 1885 ed il 1915). Anche in questo caso le forme assistenziali sono da ritenersi individuali e da intendersi rivolte unicamente agli appartenenti ad una classe sociale svantaggiata (minori, orfani, poveri ecc.) ed in questo contesto nacquero le prime assicurazioni sociali che garantivano i lavoratori nei confronti di incidenti sul lavoro, malattie e vecchiaia; in un primo momento queste erano su base volontaria, in seguito però divennero obbligatorie per tutti i lavoratori. Le motivazioni della svolta in questa fase furono la ricerca della pace sociale conciliando le rivendicazioni di maggior protezione da parte dei lavoratori proletari (di ceti medi possiamo parlare solo a partire dalla seconda rivoluzione industriale) e dalla richiesta di una manodopera a minor costo possibile da parte degli industriali.
Sempre in Inghilterra, fu compiuto un ulteriore passo avanti con l'istituzione delle workhouse, case di lavoro e accoglienza che si proponevano di combattere la disoccupazione e di tenere, così, basso il costo della manodopera. Tuttavia queste si trasformarono di fatto in luoghi di detenzione forzata; la permanenza in questi centri pubblici equivaleva alla perdita dei diritti civili e politici in cambio del ricevimento dell'assistenza governativa. Nel 1883 nacque, questa volta in Germania, l'assicurazione sociale, introdotta dal cancelliere Otto von Bismarck per favorire la riduzione della mortalità e degli infortuni nei luoghi di lavoro e per istituire una prima forma di previdenza sociale.
La terza fase ha inizio nel dopoguerra. Il 1942 fu l'anno in cui, sempre nel Regno Unito, la sicurezza sociale compì un decisivo passo avanti grazie al cosiddetto Rapporto Beveridge, stilato dall'economista William Beveridge, che introdusse e definì i concetti di sanità pubblica e pensione sociale per i cittadini. È con la pubblicazione del Rapporto sulla povertà redatto da Lord Beveridge in Inghilterra nel 1942, che si pongono le basi della moderna concezione di sicurezza sociale e si definiscono le linee del cosiddetto welfare state (Stato sociale). Lord Beveridge denuncia che «la miseria genera odio», un'affermazione, tra l'altro, che ancora oggi, a fronte delle tragiche condizioni di povertà del mondo non sviluppato, mantiene tutta la sua importanza Il Rapporto afferma che ad ogni cittadino deve essere garantita una «soglia di sussistenza», un «minimo di benessere» in tutte le fasi della vita («dalla culla alla bara»). L'ambito in cui intervenire si amplia: il rapporto parla di lotta alla povertà, alla malattia, all'ignoranza, allo squallore, all'ozio. I cittadini, cioè, possono usufruire delle prestazioni di cui hanno bisogno indipendentemente dai contributi assicurativi versati. Si introduce, perciò, un forte elemento redistributivo del reddito e della ricchezza non solo fra generazioni, ma anche fra classi sociali diverse. Le risorse vengono, infatti, raccolte dai redditi delle imprese e dei cittadini attraverso un sistema di prelievo fiscale progressivo, perciò fortemente redistributivo.
E’ così introdotto il principio dell'universalismo delle prestazioni. La politica sociale si fonda sempre più sulla solidarietà di tutta la collettività attraverso un massiccio intervento finanziario dello Stato il quale dovrebbe garantire, nei casi in cui venga meno il reddito personale, sicurezza economica a tutti i cittadini. La natura del disegno proposto da Beveridge rimane tuttavia all'interno della tradizione liberale e corregge i "vizi" del capitalismo. Come si è già detto, in altre parole, la redistribuzione del reddito e della ricchezza determinata dalle politiche di welfare corregge le grandi differenze di reddito e le sacche di povertà create dall'economia di mercato.
I Paesi che per primi si avviano verso la realizzazione di uno Stato del benessere sono i Paesi del Nord Europa. In generale, si può dire che lo «Stato del benessere» implica «uno Stato democratico per forma, interventista, che gestisce l'economia capitalistica per giungere ad uno sviluppo economico costante e per mantenere la piena occupazione». Fu la Svezia nel 1948 il primo paese ad introdurre la pensione popolare fondata sul diritto di nascita. Il welfare divenne così universale ed eguagliò i diritti civili e politici acquisiti, appunto, alla nascita. Le politiche di welfare, infatti, ben si armonizzano con le politiche keynesiane di sostegno della domanda per il raggiungimento della piena occupazione: anche la spesa pubblica per realizzare politiche di welfare, sia che si traduca in servizi alla persona, e quindi in una nuova occupazione in questo settore, sia che si limiti a distribuire contributi economici ai singoli e alle famiglie, determina infatti, incrementi di reddito che si traducono in domanda di beni, che a loro volta mprimono un generale effetto espansivo al sistema economico (moltiplicatore keynesiano). Le politiche di welfare, nel momento della loro massima espansione, si collocano coerentemente all'interno delle politiche con cui si governa il complessivo sistema socio-economico.
Questa pur semplificata analisi del percorso storico ci consente di definire diverse fasi e modelli di protezione sociale, ma anche di renderci conto come nelle realtà di oggi convivono elementi delle varie "fasi" sopra descritte.
In generale, per sintetizzare, si può utilizzare una definizione fra le tante proposte dai sociologi:
«II welfare state è un insieme di interventi pubblici connessi al processo di modernizzazione, i quali forniscono protezione sotto forma di assistenza, assicurazione e sicurezza sociale, introducendo fra l'altro specifici diritti sociali nel caso di eventi prestabiliti, nonché specifici doveri di contribuzione finanziaria».

Questo brano è tratto dalla tesi:

Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza

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Informazioni tesi

  Autore: Marta Di Iorio
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Sociologia
  Relatore: Paolo Calza Bini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 126

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azienda di servizi alla persona
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