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Turisti per mare. Lo sviluppo di un mito tra giornalismo e pubblicità

Dal diario di bordo alle riviste di viaggio

È nell’Italia post-unitaria quindi che aumenta la letteratura di viaggio: tra le prime riviste di viaggio spiccava Il giro del mondo, settimanale fondato dall’editore milanese Emilio Treves nel 1864 e illustrato dai più celebri artisti del momento, che in soli dieci anni avrebbe raggiunto le dieci mila copie di tiratura. Lo stesso Treves, a pochi anni di distanza, lanciò una collana di libri di viaggio (ben 130 titoli, in prevalenza stranieri) e si avvalse della firma di Edmondo De Amicis, già piuttosto esperto nell’editoria di viaggi. Questa letteratura (non ancora “turistica”) comprendeva principalmente racconti di viaggio più o meno lunghi, più o meno avventurosi, con svariati mezzi di trasporto. Fino alla fine del secolo, contrariamente a quanto ci si aspetta, non erano così diffusi i libri che narravano viaggi per mare – ovviamente ci riferiamo in questo contesto ai viaggi da diporto, di svago, poiché il fenomeno del viaggio in mare preso letteralmente ha origini ben più antiche.
A rischio di apparire di parte, si deve riconoscere, ancora una volta, a Genova e al suo porto un ruolo polarizzante: la città è stata un tassello fondamentale nello sviluppo letteratura di viaggio, grazie alla lunga tradizione mercantile che la contraddistingue nella storia, terra di passaggio di cospicue varietà di culture provenienti da ogni parte del mondo, che ha permesso un’apertura mentale che solamente le grandi città portuali possono comprendere – e non sempre. La quantità di testimonianze editoriali presenti a Genova, a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento, è talmente ampia e interessante da non poter non essere presa in considerazione come strumento di analisi, per lo meno, nazionale.
La fine dell’Ottocento concise con la nuova moda della navigazione a vela, testimoniata dalla nascita nel 1879 del Regio Yacht Club Italiano, di evidente ispirazione inglese. La filosofia dello YCI ebbe da sempre come obiettivi la diffusione dello sport, l’organizzazione di gare ed eventi nazionali e internazionali, l’istruzione dei giovani. L’evento che segnò l’ingresso del Club nel mondo agonistico internazionale fu la vittoria, nel 1902, della Coppa di Francia con il panfilo Artica del Duca degli Abruzzi; seguirono altri molti successi e medaglie d’oro anche olimpiche – Kiev, 1936 – che arricchiscono ancora oggi la prestigiosa bacheca del Club. Anche gli esperimenti di Guglielmo Marconi a bordo dell’Elettra, ormeggiato nel porticciolo genovese (che prese il nome del Duca), con l’accensione delle luci del municipio di Sidney (1950) fecero conoscere il Club dall’altro capo del mondo.

In coincidenza con questa nuova tendenza, nella seconda metà degli anni Ottanta uscirono due libri, usciti a episodi tra le pagine della rivista Frou Frou, di cui parleremo tra poco; gli autori dei due volumi erano gli stessi fondatori del periodico, Cesare Imperiale (sotto la firma di Lanfranco Tartaro) e il celebre Remigio Zena (pseudonomo di Gaspare Invrea). I due giornalisti genovesi erano anche esperti e amanti del mare: non è quindi un caso che siano stati tra i modelli preferiti della letteratura di viaggio, per lo meno nel primo Novecento. I due fecero un viaggio insieme a bordo dello yacht Sfinge, di proprietà dello stesso Imperiale, con partenza da Genova e destinazione Costantinopoli; il giornale di bordo, scritto da Remigio Zena, può considerarsi un ottimo esempio di letteratura di viaggio di fine Ottocento, quando ormai il turismo moderno si era affermato su larga scala. All’interno della Sfinge, si legge, era presente una bibliotechina con pubblicazioni di De Amicis e Alphonse de Lamartine sempre inerenti a viaggi ed escursioni in Grecia, in Sicilia, in Palestina, nella stessa Costantinopoli, spesso a bordo dell’Orient Express – che iniziò i suoi itinerari nel 1883. Lo stesso Zena, nelle prime pagine, afferma che proprio loro, insieme a Gèrard de Nerval e Théophile Gautier, avevano solleticato in lui la curiosità per l’Oriente. Il tono di In yacht da Genova a Costantinopoli, questo il nome del diario di bordo pubblicato al ritorno in patria, è riconoscibilmente ironico: prese sempre la sfortuna e le calamità con sarcasmo («siamo in navigazione e lo spasso deve essere completo» dice parlando dell’ennesima notte in mare agitato). Non nascose mai le emozioni provate lungo il viaggio, appuntate a caldo, frettolosamente, per poi essere riscritte nei momenti di noia.

Il diario raccontava quindi i sentimenti, le impressioni e le vedute mediterranee, ma anche la vita a bordo: le conversazioni, i passatempi, i litigi («Imperiale e Bonfiglio, sempre d’accordo come 2 pifferi, quando si tratta di darmi contro […]»), i malumori, i pasti, i paesaggi e le persone incontrate durante le escursioni a terra, nelle varie tappe dell’itinerario; le condizioni meteorologiche, le mareggiate, i ritardi e le modifiche del programma, «perché in terra l’uomo propone e in mare il tempo dispone». Si raccontavano storie, alcune riportate integralmente da Zena («sarà tanto di guadagnato pel mio volume di novelle da venire, quando avrò ottenuto la grazia d’intopparmi un editore che acconsenta a non farmi pagare le spese di stampa»). Risulta evidentemente diverso da una cronaca o da un resoconto di viaggio. A Zena interessava sì la navigazione, ma la priorità era condividere i propri pensieri, quelli di chi incontrava, descrivere le memorie storiche e culturali – su modello settecentesco, copiava le iscrizioni dei monumenti – e le caratteristiche dei diversi popoli, «pescando le idee nella trasparenza del mare». E queste idee si tradussero poi in un vero e proprio giornale di bordo, redatto dai tre passeggeri e talvolta anche dal piccolo equipaggio:

«[…] da 36 ore non abbiamo posato la penna se non per metterci a tavola o distenderci qualche momento sul sofà, e oggi il giornale “marittimo, misterioso, intermittente, La Sfinge” vide finalmente la luce. Secondo ogni probabilità non avrà lettori all’infuori di noi tre; ma non importa, […] l’abbiamo scritto con lo stesso impegno come se fosse destinato a correre l’Italia da un capo all’altro».

Parlava anche di eventi di cronaca europea: per esempio, la notizia della morte di Victor Hugo, appresa dopo aver «messo gli occhi sopra un giornale» di un caffè siciliano; per questa occasione scrisse anche un necrologio, trascritto integralmente, ammettendo di non aver

«[…] avuto neanche il coraggio di rileggerlo. Scrivendo sul mio taccuino, perché a bordo la carta è più preziosa come se ogni foglio fosse un biglietto da mille, pensavo di ricopiarlo subito e spedirlo a Genova agli amici del Frou-Frou […]».

Scrivere a bordo era quindi un gradevole passatempo per i passeggeri e una perfetta testimonianza per le generazioni future interessate a studiare il turismo nautico di fine Ottocento, nonché pratico modello da imitare per le riviste contemporanee che si stavano sviluppando attorno al fenomeno del viaggio via mare.

A cavallo tra i due secoli, nel più generale campo turistico nacquero diverse riviste che cominciarono a trattare specificatamente di viaggi. È l’esempio di Touring Magazine, il mensile realizzato per la grande comunità dei soci del Touring Club Italiano fin dalla sua comparsa nel 1894. La rivista, oggi online,

«raccoglie e sviluppa l’eredità dei mensili di prestigio che l’Associazione pubblica in esclusiva per i suoi Soci, l’ultimo dei quali QuiTouring, per quarant’anni ha svolto egregiamente questo compito, essendo stato tra l’altro nel momento della sua creazione, il primo e unico periodico di viaggi e turismo esistente in Italia. Considerato l’elevato numero di Soci ai quali è riservato, il periodico del Touring risulta essere la più diffusa rivista del settore in Italia».

Oltre a occuparsi del “dove viaggiare”, il Touring aveva come altro obiettivo – che persiste tutt’oggi – quello di «mettere a fuoco il come e il perché viaggiare» mantenendo l’originaria filosofia di garantire nel turismo «uno specifico e strategico valore di crescita economica, culturale e sociale del Paese».

Anche nel versante opposto di Genova, sulla costa adriatica, nacquero rilevanti iniziative editoriali che trattavano di turismo e, ovviamente, di navigazione. Nel 1925, a Trieste, uscì Sul Mare, rivista fondata da Bruno Astori, nuovo responsabile dell’Ufficio Stampa del Lloyd Triestino, che ne fu sempre direttore riuscendo a realizzare un periodico che – nonostante fosse organo di una compagnia di navigazione – non ebbe mai nulla da invidiare ad altri progetti editoriali specializzati e affermati su larga scala. Le riviste, in generale, possiamo dire che nascevano sempre con il fine di attrarre settori e target ben precisi (moda, cinema, letteratura, scienza, eccetera). Sul Mare poté vantare sempre un pubblico ampio e variegato, trattava temi di varia natura oltre che agli abituali reportage di viaggi o articoli sulle località turistiche: si pubblicavano

«racconti originali e poesie, articoli su importanti esposizioni artistiche, scritti di carattere storico e storico-letterario e accattivanti servizi di costume, il tutto corredato da un notevole apparato illustrativo, composto, specialmente nei primi anni di vita della rivista, oltre che da numerosi riproduzioni fotografiche, da fregi e illustrazioni originali di grande qualità grafica e da riproduzioni a colori furi testo sia di quadri che di incisioni.»

Oltre a celebri firme istriane e triestine – come lo scrittore Pier Antonio Quarantotti Gambini, autore di molti reportage, o l’intellettuale e critico Silvio Benco – la redazione si avvalse spesso di collaborazioni straniere che fornivano anche le traduzioni di testi e articoli, a sottolineare la visione cosmopolita della stessa rivista e della stessa Trieste.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Turisti per mare. Lo sviluppo di un mito tra giornalismo e pubblicità

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Foti
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Informazione ed Editoria
  Relatore: Marina Milan
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 152

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