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IL DISABILITY MANAGEMENT DA UNA PROSPETTIVA CULTURALE. Il modello dell’Intelligenza Culturale (CQ) nella gestione dei lavoratori sordi

Dal disability management al diversity management

Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite "le persone con disabilità includono coloro che hanno menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su basi di parità con gli altri" (United Nations General Assembly, 2006).
La Classificazione Internazionale del Funzionamento (ICF), della Disabilità e della Salute (World Health Organization, 2001) è il modello più comunemente citato per definire la disabilità e fornire un linguaggio standard e una base concettuale per la definizione e la misurazione della salute e della disabilità.

Esso distingue tra: menomazioni della funzione e della struttura corporea, limitazioni dell'attività, della capacità e restrizioni della partecipazione, e di tutti quegli aspetti che si riferiscono al comportamento deviante o al funzionamento di una persona rispetto a ciò che è generalmente accettato come normale, o che si verifica più frequentemente nella popolazione. Ad esempio, una persona con problemi di udito a causa di una malattia è limitata nella comunicazione con i colleghi che usano il linguaggio verbale come strumento per interagire tra loro (Wiersma & et al., 1988); tuttavia, nessuna disabilità esiste quando un compito non richiede di parlare o ascoltare gli altri. Di conseguenza, la compromissione corporea o funzionale in quanto tale non causa automaticamente una disabilità.

Un importante aspetto che il modello ICF ha messo all'ordine del giorno è l'interazione tra una persona e l'ambiente. In questa concezione, la disabilità non è più vista come uno stato anormale o un difetto di una persona, ma come derivato di un difetto di adattamento persona- ambiente. In questa nuova comprensione della disabilità, nessuna persona con una disabilità fisica o funzionale è disabile in quanto tale, ma solo quando si trova in un ambiente che non si adatta alle persone con capacità e capacità ridotte o devianti. Un messaggio importante del modello ICF è: una persona con disabilità corporea o funzionale non è disabilitata, ma diventa disabilitata dal contesto.

Bisogna attendere il 2011 per vedere attribuita alla disabilità un concetto più complesso e con molteplici dimensioni: secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità si tratterebbe di un "termine generico per menomazioni, limitazioni di attività e restrizioni di partecipazione, riferito agli aspetti negativi dell'interazione tra un individuo (con una condizione di salute) e fattori di quell'individuo (fattori ambientali e personali). (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2011).
 Detto ciò, le iniziative della Gestione della Disabilità offrono un supporto ai dipendenti con disabilità attraverso un approccio globale, coerente e progressivo che ottimizzi le loro prestazioni. Lo stesso racchiude tutte le strategie di prevenzione sui luoghi di lavoro che mirano ad evitare la disabilità o ad intervenire precocemente dopo la sua insorgenza.
In un'ottica più ampia, quale la nostra, in cui viene posta in evidenza l'interazione dinamica tra individuo con disabilità uditiva, datore di lavoro e colleghi udenti, viene introdotto il concetto di Diversity Management in cui si minimizza l'impatto dell'invalidità, focalizzandosi sulle capacità del lavoratore di partecipare in modo competitivo alla vita dell'organizzazione in cui si trova ad operare (Shrey, 2005).
Tra l'ampio ventaglio di definizioni attribuite al termine "diversità" si utilizza quella data da
R. Kreitner e A. Kinicki (2004) che indica la diversità come "la molteplicità di differenze e somiglianze individuali che esistono fra le persone" (Kreitner & Kinichi, 2004, p. 41) e che combinate fra loro creano l'unicità di ogni individuo; unicità che si esprime nel modo particolare che ognuno ha di vedere il mondo, di viversi e di relazionarsi con gli altri.
 
La Gestione della diversità rappresenta un approccio di studio microanalitico, normativo e not theory driven della relazione fra persona ed organizzazione. Si parla di approccio microanalitico poiché alla luce dell'esistenza di diversità fra le persone, va ad analizzare la relazione fra persona ed organizzazione focalizzando l'attenzione manageriale sui contributi specifici e sulle esigenze soggettive di ciascun lavoratore.

Si parla di un approccio normativo poiché indica cosa dovrebbero fare le organizzazioni per far fronte alla presenza di eterogeneità fra le persone, sostenendo che se si vogliono gestire in modo efficiente ed efficace le proprie risorse umane è necessario riconoscere le diversità che le caratterizzano e alla luce di ciò scegliere come affrontarle in termini di reclutamento, selezione, pianificazione, valutazione, remunerazione, sviluppo e motivazione. Questo approccio normativo traccia e descrive degli idealtipi di risposte strategiche alla diversità che rappresentano i vari modi attraverso cui le organizzazioni possono decidere di affrontare le diversità. Infine, si parla di approccio di studio not theory driven poiché non fondato su uno specifico approccio teorico (Ricco, 2008).

Questo brano è tratto dalla tesi:

IL DISABILITY MANAGEMENT DA UNA PROSPETTIVA CULTURALE. Il modello dell’Intelligenza Culturale (CQ) nella gestione dei lavoratori sordi

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Informazioni tesi

  Autore: Janett Aruta
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell'Esercizio Fisico e della Formazione
  Corso: Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell’Esercizio Fisico e della Formazione
  Relatore: Giovanni Di Stefano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 70

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Parole chiave

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diversity management
deafness
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cultural diversity management
modello dell'intelligenza culturale
competenza culturale
cultura sorda
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