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Riqualificazione di un'area dismessa: Il caso dell'ex rimessa AMT

Descrizione del sistema tecnologico degli edifici all’interno dell’area

Definiamo sistema tecnologico l’apparato che studia e scompone le parti costruite dell’organismo edilizio, così che attraverso l’analisi dei singoli elementi si possano comprende esigenze e prestazioni dello stesso involucro. L’apparecchiatura costruttiva è quindi quel sistema di relazioni fisiche, meccaniche e geometriche che identifica e delinea l’organismo edilizio sotto il profilo costruttivo. Gli elementi di fabbrica e le parti integrate tra loro hanno attributi specifici di utilizzazione e collocazione: garantire la sicurezza statica, delimitare lo spazio, assicurare le condizioni ideali di comfort igrometrico. L’iter di analisi viene svolto con lo scopo di perseguire una maggiore qualità edilizia, soddisfacendo i diversi bisogni dell’utenza e della committenza. La scomposizione tecnologica consente l’identificazione di differenti classi di azione, distinguiamo tra:
• chiusure verticali opache;
• chiusure verticali trasparenti;
• chiusura orizzontale di base;
• sistema di copertura;
• sistema statico-strutturale.

Attraverso un’analisi in situ dei diversi fabbricati e la formulazione di ipotesi progettuali (laddove i fabbricati non sono risultati ispezionabili), è stato possibile classificare le diverse tecnologie costruttive in base all’elemento edilizio esaminato.
Gli edifici in esame (A, B, C, D, E), studiati ed analizzati nell’ambito di questa tesi, come si evince dall’esame degli elaborati tecnici dello stato di fatto (Tavole grafiche 9A, 9B, 9C, 10, 11, 12A, 12B, 12C, 12D, 13A, 13B) risultano realizzati quasi nella loro interezza con il medesimo sistema tecnologico costruttivo, con stessi componenti edilizi e materiali. Di seguito vengono descritti tutti i sistemi tecnologici riscontrati nell’analisi dei fabbricati esistenti nell’area di studio.

Chiusure verticali opache
Per analizzare le strutture verticali in esame, sono state avanzate delle ipotesi sulla scorta di un’indagine visiva focalizzata nelle regioni affette da lacune dell’intonaco, che testimoniano la tecnica costruttiva utilizzata.
Le chiusure verticali opache costituiscono lo sviluppo perimetrale dell’edificio e, contemporaneamente, possono assolvere funzioni di tipo statico.
Le chiusure verticali opache dei cinque fabbricati oggetto dell’analisi finalizzata al progetto di riqualificazione edilizia, sono realizzate interamente in muratura listata a struttura mista di conci di basalto lavico squadrati e mattoni laterizi pieni, legati con malta di ghiara.
A questa tipologia di struttura appartengono quasi tutti i solidi murari dei diversi edifici, sia perimetrali che interni, con differenze unicamente di sezione muraria.
Tale muratura è costituita da ricorsi di mattoni su una-tre file di pietrame basaltico sbozzato in conci detti “cannarozzoni da intoste”. I conci di basalto lavico squadrati impiegati, in genere, hanno uno spessore di circa 26 cm, un’altezza pari a 15-20 cm, ed una larghezza compresa tra 30 cm e i 60 cm.
La lista ha la funzione di regolarizzazione e di collegamento, consentendo di ottenere una superficie pressochè orizzontale che garantisce una migliore distribuzione dei carichi verticali.
La ghiara è un materiale dall’aspetto sabbioso di colore rossastro, che deriva dalla cottura di sedimenti di terreno vegetale torrefatto dal calore prodotto dal contatto di una colata lavica a temperature che variano dagli 800 °C ai 900°C; tale processo trasforma i terreni argillosi ricchi di silicati, tramite la loro decomposizione, in silice reattiva. La silice reattiva conferisce alle malte capacità idrauliche. Nei secoli precedenti, fino ai primi anni del 1900, veniva estratta da cave alle pendici dell’Etna. Tale tipologia costruttiva risulta essere caratterizzata, in genere, da una regolarità degli elementi lapidei adoperati: la lista, infatti, ha funzione di regolarizzazione e di collegamento, consentendo di ottenere una superficie pressoché orizzontale, che garantisce una migliore distribuzione dei carichi verticali.
Si è riscontrato che i muri perimetrali di tutti gli edifici oggetto di analisi sono stati realizzati con questo sistema costruttivo, costituito da conci di basalto lavico rozzamente squadrato di altezza di circa 15 cm, spessore di 26 cm e lunghezza di circa 40 cm, intervallati con listature orizzontali di mattoni laterizi pieni di altezza di circa 5 cm, legati con malta di ghiara.
Le partizioni interne, presumibilmente, sono state eseguite con un sistema di mattoni forati rivestiti e rifiniti da intonaco.
La muratura è poi rivestita con uno strato di finitura esterno, di 2 cm, a base di calce e azolo, ed uno strato di tonachina colorata pasta.

Chiusure verticali trasparenti
Le chiusure verticali trasparenti sono costituite da aperture di formato in genere regolare, praticate lungo le chiusure verticali opache, atte a consentire il passaggio della luce solare e la corretta areazione degli ambienti interni.
Lungo i prospetti possiamo individuare differenti tipologie di chiusure verticali trasparenti, di diversa dimensione e forma, che determinano le caratteristiche architettoniche dello stesso manufatto.
Il legno ha costituito il materiale base per la costruzione dei serramenti di Catania fino al secondo dopoguerra, quando si diffuse l’impiego dei profili in ferro-finestra.
I dispositivi costituenti l’infisso tradizionale sono: il telaio fisso, il telaio mobile, dispositivi di oscuramento, dispositivi di movimento, dispositivi di bloccaggio. Una differenza notevole tra gli infissi moderni e quelli tradizionali è l’assenza, in questi ultimi, di controtelaio; di conseguenza, il telaio fisso risulta essere collegato direttamente alla muratura, opportunamente apparecchiata per ospitarlo.
Negli edifici analizzati, gli infissi sono realizzati in ferro, fatta eccezione per gli infissi
dell’edificio identificato con la lettera “E” nel quale sono in legno.
Il telaio fisso in ferro per portoni, porte terranee e portefinestre, è collegato attraverso staffe di ancoraggio alla muratura ed è costituito da due montanti laterali ed un traverso nella parte superiore. Per le finestre, il telaio fisso si presenta invece come un quadrato o un rettangolo unico in cui il traverso inferiore è sagomato adeguatamente per favorire il drenaggio dell’acqua. Il fissaggio delle lastre di vetro, dallo spessore di circa 2 mm, è ottenuto tramite una cornicetta fermavetro.
Il sistema costruttivo degli infissi risulta quindi il medesimo, in ferro, con differenze di forma, dimensione e tipologia di apertura. Gli infissi delle finestre degli edifici identificati con le lettere “A”, caratterizzato da un montante superiore arcuato, e “D”, risultano apribili con la tipologia a vasistas.
Diversi infissi di tutti i manufatti del vasto complesso risultano comunque privi della possibilità di apertura.
Chiusure verticali trasparenti particolarmente rilevanti sono quelle dei portoni carrabili per l’ingresso dei Bus. I grandi portoni in ferro sono realizzati con l’apposizione di montanti e traversi per tutta la loro lunghezza, che formano una maglia di moduli regolari in cui sono posizionate le superfici vetrate opache, fisse e non apribili. I portoni hanno un sistema di apertura “a libro” grazie all’utilizzo di cerniere.

Chiusura orizzontale di base
La chiusura orizzontale di base può essere definita come l’insieme delle unità tecnologiche e degli elementi del sistema edilizio aventi funzione di separare e di conformare gli spazi interni dal terreno sottostante o dalle strutture di fondazione. Le funzioni fondamentali cui deve assolvere sono:
• sicurezza statica;
• impermeabilità;
• coibenza termica;
• attrezzabilità;
• durabilità.

Le fondazioni di edifici storici si possono distinguere in base alle caratteristiche del terreno e alla scelta del piano di posa. In relazione al tipo di terreno e alla destinazione d’uso si riscontrano varie tipologie di chiusura orizzontale di base. Fino alla metà del XX secolo, la più frequente chiusura orizzontale di base era sicuramente il vespaio in pietra lavica, con pietre aride posizionate a mano, su cui veniva steso un massetto in calcestruzzo e la malta di allettamento per la posa della pavimentazione. L’esecuzione del vespaio, che svolge l’importante ruolo di evitare la risalita dell’acqua per capillarità, prevede alcuni accorgimenti: l’impiego di materiale duro che non degradi nel tempo, la cui pezzatura deve essere costante al fine di creare il maggior volume di vuoti possibile e quindi sfavorire la risalita dell’umidità per capillarità; per un corretto funzionamento, il vespaio deve essere dotato di canali di ventilazione che favoriscano l’evaporazione dell’acqua. Per garantire tutto ciò, occorre posizionare le pietre manualmente e predisporre specifici fori nelle murature d’ambito, comunicanti con appositi canali; quest’ultimi devono essere realizzati in posizione alternata tra il pietrame del vespaio.

Negli edifici oggetto di studio, non essendo la chiusura orizzontale di base direttamente ispezionabile, sulla base delle indagini condotte relativamente alle tecniche costruttive adoperate fino a quegli anni, è possibile presumere che sia stata realizzata con vespaio in pietrame lavico. Si è supposta una fondazione realizzata in calcestruzzo armato con travi di fondazione con sezione rettangolare. La chiusura orizzontale di base è affidata ad un vespaio realizzato a secco con massi di basalto lavico di dimensioni crescenti con la profondità capace di interrompere il flusso di risalita dell’acqua e garantire una migliore aerazione dello stesso; sopra il vespaio uno strato di minore pezzatura (gretonato) ed infine uno strato di malta di allettamento. La parte fondazionale di collegamento con il terreno esterno agli edifici, il cui strato superficiale è costituito interamente da asfalto, si è supposto realizzato da un drenaggio addossato.

Chiusura orizzontale di copertura
I cinque edifici oggetto di studio ed analisi fin qui descritti, oltre che per gli aspetti già descritti, si differenziano per il sistema tecnologico di copertura impiegato.
L’edificio identificato con la lettera “A”, come si descriverà in seguito, ha una struttura portante in Calcestruzzo Armato prefabbricato e, in questo caso, il sistema di copertura utilizzato risulta ad andamento prettamente orizzontale e realizzato, secondo le tendenze degli anni in cui è stato costruito, seguendo il prototipo del solaio Hennebique, a lastra nervata con annegamento di putrelle in ferro collaboranti con la soletta in calcestruzzo mediante connettori (étriers). In tale edificio, attraverso un’analisi in piata, vediamo come questo sia diviso longitudinalmente in una serie di tre campate, in cui la luce da ricoprire dal sistema di copertura è di 12 m.
Nel caso in esame l’interasse delle nervature verticali è pari a 2.10 metri.
[...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Riqualificazione di un'area dismessa: Il caso dell'ex rimessa AMT

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Vasta
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Ingegneria Edile-Architettura
  Corso: Ingegneria Edile-Architettura
  Relatore: Rosa Giuseppina Caponetto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 329

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rimessa amt
riqualificazione
dismissione
recupero architettonico
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