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Interventi normativi delle Nazioni Unite e dell'Unione europea di natura penale. Il reato di partecipazione ad un'organizzazione criminale transnazionale.

Difficoltà di definire il concetto di ‘criminalità organizzata’

Ho in precedenza fatto più volte riferimento all’importanza, nonché alla problematicità, della definizione di criminalità organizzata, sia di natura locale sia transnazionale. Nonostante il termine appaia d’immediato significato, in realtà il dibattito intorno alla sua esatta definizione ha seguito diversi sviluppi. Il concetto di ‘criminalità’ merita già per se qualche riflessione.

A differenza del termine ‘crimine’, che non rappresenta una realtà di fatto bensì il risultato di una definizione normativa (in senso lato), il termine ‘criminalità’ fa riferimento piuttosto a una dimensione meramente normativa, in quanto coinvolge anche l’intervento di settori di studio quali la criminologia e le scienze sociali.

Chiaramente quando si parla di criminalità organizzata in ambito giuridico si fa riferimento alla dimensione legal-positiva nel suo complesso, composta sia dai contenuti di carattere criminologicosociale che dalle definizioni normative. Tuttavia la distinzione appena evidenziata, mostra come la difficoltà di dare una definizione univoca e condivisa al concetto di criminalità organizzata derivi da molteplici fattori.

Da un lato (in relazione al concetto di ‘crimine’) esistono diversi parametri normativi, costituiti dalle fonti giuridiche degli Stati, atti a definire i crimini e le loro sanzioni; essi complessivamente sono insufficienti a tracciare i caratteri propri del fenomeno nella sua globalità perché tra loro eterogenei e spesso divergenti.

Dall’altro (in relazione al concetto di ‘criminalità’ in senso lato) è indubbia l’esistenza - e spesso coesistenza – di diversi modelli di criminalità organizzata, strutturati secondo la storia, la cultura, l’economia e le scienze sociali del paese in cui affondano le loro radici; ognuno di questi suscita differenti riflessioni nell’ambito delle scienze criminologiche e sociali, le quali contribuiscono in modo determinante alla formazione di una definizione del fenomeno. Il quadro diventa ulteriormente complesso se l’ambito entro cui si vuole dare una definizione assume i caratteri transnazionali.

Oltre alla difficoltà di trovare un comune denominatore adattabile alle diverse realtà nazionali, si aggiunga l’assenza di un unico soggetto giuridico sovrastatale legittimato a regolare e definire la criminalità organizzata di natura transnazionale. Per cercare di attenuare le problematiche che i profili sopra esposti portano, è necessario che la comunità internazionale si muova parallelamente su due livelli: sul versante giuridico-normativo al fine di raggiungere un ravvicinamento delle definizioni nazionali del fenomeno; sul versante criminologico-sociale per sviluppare metodi di ricerca e di studio coordinati tra i diversi Paesi che possano agevolare la creazione di una concezione condivisa del fenomeno nella sua globalità.

Ma gli aspetti problematici non riguardano solo il concetto di ‘criminalità’, bensì, e soprattutto, il termine ‘organizzata’. L’internazionalizzazione dei mercati, e tra questi anche quelli criminali, ha determinato un cambiamento delle strutture delle organizzazioni criminali, per cui oggi si parla talvolta di criminalità ‘disorganizzata’. Con quest’accezione si vuole descrivere una situazione in cui i legami flessibili che s’instaurano a livello nazionale e transnazionale tra le organizzazioni non seguono più le gerarchie e i criteri predefiniti che muovevamo le associazioni criminali di un tempo. In particolare i flussi migratori che portano con sé il risvolto negativo della criminalità instaurano legami criminali diffusi e flessibili – adatti ai mutevoli meccanismi del mercato - e costruiscono forme di aggregazione poco stabili con una divisione dei ruoli tra i membri approssimativa, sono appunto ‘disorganizzate’.

Esse assumono maggiormente questi caratteri nei Paesi dove la buona efficienza dell’apparato statale non permette loro di espandersi e consolidare un potere che coinvolga anche le istituzioni statali, al contrario di quelle associazioni criminali che si sono inserite nei contesti politici di più alto livello operando a volte con la collusione dello Stato. Queste forme di criminalità (dis)organizzata dunque sono costrette a operare sotto forma di ‘piccole imprese illegali’19 che sfuggono più facilmente al controllo statale. Alla luce di quanto esposto risulta agevole comprendere quanto grande sia lo sforzo che richiede la creazione di una definizione universalmente condivisa di ‘criminalità organizzata’.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Interventi normativi delle Nazioni Unite e dell'Unione europea di natura penale. Il reato di partecipazione ad un'organizzazione criminale transnazionale.

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Informazioni tesi

  Autore: Regina Caldarera Villaruel
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Nicoletta Parisi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 157

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