Fraintendimenti interculturali e incidenti diplomatici: la corrispondenza MacMahon-Hussein e il caso di Camp David II

Intendendo la cultura non solo come l'insieme delle conquiste intellettuali o artistiche dell'uomo, ma anche come gli usi, gli ideali, i costumi, le credenze, i valori, i pregiudizi che i membri di un gruppo condividono, possiamo attribuirle il ruolo di pilastro portante delle relazioni internazionali: il bagaglio culturale influenza il modo di fare politica sia a livello locale, ma sia soprattutto a livello mondiale, dove necessariamente si va a confrontare con altri modi di fare politica e di intendere la politica stessa.
C'è da dire che la sua importanza è sempre stata riconosciuta sotto il profilo diplomatico e proprio per questo motivo ha sempre giocato un ruolo fondamentale nella politica estera degli Stati. Attraverso il proprio modello culturale i Paesi possono “vendersi”, “vendere i propri valori” e avvicinare così il resto della comunità internazionale per i propri fini, siano essi politici, economici o strategici.
La diplomazia culturale nasce, infatti, come attività governativa finalizzata a proiettare un'immagine favorevole della nazione all'estero e il suo compito principale è quello di garantire a uno Stato alleanze e influenza attraverso la promozione del proprio modello culturale.
Ruolo sempre più incisivo in occasione della globalizzazione, dove la diplomazia culturale funge da vero e proprio strumento di dialogo e relazione con altri contesti culturali.

Oggi il modello culturale più diffuso e maggiormente riconosciuto e accettato è quello anglosassone, più precisamente quello americano: l'inglese è la lingua dell'economia, della politica, della diplomazia, della tecnologia; inoltre i suoi valori e il suo stile di vita sono ampiamente affermati.
Il motivo di tale diffusione è storico e risale alla fine della Seconda guerra mondiale: il modello culturale americano era un mezzo per esportare i valori democratici e per combattere il modello e i valori espressi dall'URSS. L'URSS mise infatti in atto una vera e propria politica di penetrazione culturale, per imporre agli Stati vicini il proprio modello e per rafforzare i rapporti di dipendenza.

La differenza tra i due modi di esportare la propria cultura avvantaggiò gli Stati Uniti e il suo ruolo di portatore e garante di idee democratiche e liberali, che vennero quindi condivise ampiamente dalla maggior parte della comunità internazionale.

Con la fine della Guerra Fredda si è manifestato un sempre maggior distacco dal concetto di diplomazia culturale, pur sempre legato a un'idea di subordinazione, preferendo invece quello di “relazioni culturali”, indicante un rapporto più interattivo e un dialogo culturale vantaggioso per entrambe le parti.