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La vida es sueño y el gran teatro del mundo. El teatro español del Siglo de Oro

El Gran Teatro del Mundo

Auto Sacramentale, allegoria tautologica, disquisizione sulla medesima tematica della Vida es Sueño.
Per non ripetere all'infinito quale messaggio l'autore intenda trasmettere, per giunta qui tanto più chiaro ed esplicito, analizziamo l'opera partendo dalle differenze scaturite dal confronto con la sua realizzazione teatrale concreta -visto che di influenza sul pubblico stiamo parlando -diretta da Nuno Carinhas O Grande Teatro do Mondo. Risalta immediatamente la figura del povero.
Se Calderón si limita a mettere in bocca a questo un blando: "Se potessi ricusare…" e al labrador una pacata autocommiserazione, per il ruolo a lui destinato, sulla base della motivazione del monologo di Sigismundo ( "eredità di Adamo… quello stolto…etc." ); Carinhas, nella scena più realistica, accresce il pathos via via che le parti si fanno meno prestigiose fno ad una vera e propria esplosione del nullatenente che inveisce contro l'Autore, a tal punto da dover essere trascinato fuori a forza. Meno inverosimile di un: "Questa è la parte che mi dai?…Mi sembra solo crudeltà -perdonate la dura espressione -…"
PERCHE' proprio a me tale ruolo?? Interrogativo sciolto alla fne della rappresentazione: "… perché le pene sofferte nel nome di Dio si mutano in gloria."
Per contrappasso egli che non ha avuto nulla è beatificato immediatamente. Il suo opposto è il ricco; non il re, un po' perché committente del drammaturgo, un po' perché garante della Religione identificata con la saggezza. Il dotto è quindi colui che abbraccia i valori cristiani, valori già radicati nell'autore che nel 1635 non è ancora sacerdote.
La celebrazione del Re come protettore della Chiesa (idealizzata e priva di potere temporale ) e di tutta l'opera dei Filippi. "Qualche tribolazione affligge la Religione." credo sia una citazione della difusione delle eresie e dello scisma luterano.
La società si specchia a teatro; ogni personaggio indossa i panni di una classe (costumi tradizionalmente investiti di ideali e ostentazione del proprio essere sociale) e ogni ascoltatore di conseguenza si riconosce e apprende quale sia la strada da intraprendere.
L'opera scritta però è maggiormente intrisa di speranza, elargita a piccole dosi, la scena più ovattata e surreale, senza effetto sorpresa finale a sottolineare che è solo finzione. Meno enfatica, quindi, ma più trascendente. Poiché l'uomo sa già che deve OPERARE BENE PERCHE' DIO E' DIO; nella piena esaltazione dell'indiscutibilità della Provvidenza divina.
Francamente non credo che il proposito dello sceneggiatore seicentesco sia quello di proiettare una luce divina sulla corte facendosi strumentalizzare dal monarca. Altrimenti non avrebbe senso parlare di uguaglianza, inimicarsi la nobiltà, elevare spiritualmente un mendigo. Piuttosto sembra essere realmente un predicatore, un paciere, al quale ovviamente non conviene schierarsi contro il re; ma che comunque non sottovaluta le crisi e le lacerazioni del suo secolo. Si pensi alla morte della Bellezza che si paragona ad una rosa che appassisce; desengaño già trattato in El Principe Costante (1629) in cui Ferdinando si rivede in las flores, percezione di un mondo perituro, dello scorrere del tempo avido, della labilità e della caducità della vita; stendardo barocco. E' il solo mezzo in suo potere, mettere in scena un mondo oltre il limite dello scibile, poiché la finzione non è soggetta a vincoli. Si tratta di Fede però; non di macchinazione pura e semplice. Le parole sono vibranti, rese vive da un credo, non mera falsità anch'esse.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La vida es sueño y el gran teatro del mundo. El teatro español del Siglo de Oro

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Traini
  Tipo: Diploma di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e Letterature Straniere
  Relatore: PAOLO CAUCCI
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 35

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Parole chiave

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letteratura
spagna
sueño
calderon
siglo de oro
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