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L'Inghilterra di Elisabetta I: politica estera ed espansione coloniale

Elisabetta, il mito di Astrea e le molteplici rappresentazioni della regina

Durante il suo regno i sudditi di Elisabetta avevano sviluppato verso di lei «una forma di idolatria reale». La figura della regina era accostata a molteplici figure femminili, provenienti dalle diverse tradizioni e mitologie del passato, che, unite in un unico culto sincretico, costituirono il suo mito.

Approfittando del rinnovato interesse per la classicità, i poeti del rinascimento inglese scandagliarono i classici della tradizione latina e greca alla ricerca di simboli femminili per celebrare la propria regina: Ben Jonson la cantava come Diana o Cynthia, divinità lunari, e descritta come «regina d'amore e di bellezza»; Edmund Spenser come Gloriana o Belphoebe nella Fairy Queen; altri l'accostavano alla vergine imperiale Astrea, che, cantata dal poeta romano Virgilio nelle Egloghe, si raccontava avrebbe ricondotto l'umanità ad una nuova età dell'oro.

La figura di Astrea cominciò ad essere associata ad Elisabetta sin dalla sua ascesa al trono, ma toccò il massimo splendore nel periodo successivo alla sconfitta dell'Armada, e con il tempo fu caricata dai poeti di simboli e significati. Astrea nella mitologia greca era una dea vergine associata alla giustizia, che, come racconta il poeta greco Arato, abbandonò il mondo e fece del cielo la sua dimora, dopo l'arrivo dell'età del ferro e del male tra gli uomini, trasformandosi poi nella costellazione della Vergine. Virgilio parla di Astrea in incipit della quarta egloga, in cui profetizza la nascita di un bambino che avrebbe riportato l'umanità all'età dell'oro. Similmente fa nel sesto libro dell'Eneide, dove predice l'arrivo di una nuova età dell'oro, che viene fatta coincidere con la missione imperiale di Cesare Augusto. Astrea-Virgo, in questo caso, diviene una vergine imperiale, simbolo del buon governo e che incarna la Pax e la Virtus, attributi propri dell'età imperiale romana, ma che vengono attribuiti anche a quella elisabettiana.

I poeti elisabettiani celebrano Elisabetta come Astrea sia per la sua condizione virginale sia per la perfezione del suo regno, che viene considerato una vera e propria età dell'oro. L'età elisabettiana coincise con il momento culminante del rinascimento inglese, per cui si ebbe un'eccellente fioritura nel campo delle arti, specialmente nel teatro e nella letteratura con autori come Shakespeare e Jonson. Le spedizioni e le avventure dei corsari inglesi nel Nuovo Mondo gettarono le basi per la nascita di un impero marittimo e coloniale britannico e la sconfitta della Spagna, allora principale potenza marittima, e la distruzione dell'Invincibile Armada (1588) non fecero altro che consolidarne l'immagine. L'Inghilterra si apprestava a diventare la più grande potenza mondiale. Il regno di Elisabetta portò pace e tranquillità, in opposizione con quello di terrore e persecuzione di Maria I, dopo il quale i protestanti inglesi potettero assaporare di nuovo la libertà.

Con i cambiamenti che aveva apportato in materia religiosa, ad Elisabetta venne riconosciuto il merito, come dice Frances Yates, «di avere restaurato un'età dell'oro di una religione imperiale purificata». Elisabetta fu il Supreme Governor della Chiesa anglicana e il vertice politico del proprio regno. Nella sua figura convergevano il potere spirituale e il potere temporale e ciò adempiva alla concezione rinascimentale dell'impero per cui la sovranità dovesse essere investita da un unico capo per mantenere e garantire unità.

In accordo con questa concezione, Edmund Spenser nel primo libro della Fairie Queen, tra i molteplici appellativi dati ad Elisabetta, parla di Una, che in questo caso viene accostata con «il tema imperiale dell'Unico governante sovrano, sotto il quale la Giustizia si dispiega in tutto il mondo, e l'unità dell'età dell'oro ritorna tra gli uomini». Da Spenser Una viene definita «vergine regale» e viene contrapposta ad una Dama Rossa, vestita in modo eccentrico e vistoso. La Dama Rossa è donna dai facili costumi che tenta il cavaliere della Croce Rossa e lo distoglie dal suo compito: la restituzione ad Una del potere imperiale che le spetta di diritto. In questa contrapposizione Spenser riconosce nella Dama Rossa la «falsa chiesa» di Roma, mentre in Una la purezza della religione riformata.

Apologeti della Riforma elisabettiana, come John Jewel e John Foxe, si rifacevano soprattutto a Dante per avvalorare la propria tesi, secondo cui la Chiesa si fosse approfittata della decadenza dell'Impero per accrescere il proprio potere temporale. Dante Alighieri nel Purgatorio definiva il papa «la meretrice di Babilonia», ritenendolo il principale antagonista dell'Impero, ma soprattutto la causa della decadenza morale della Chiesa. La stessa Divina Commedia è vista dagli elisabettiani come una testimonianza della lotta tra Impero e Chiesa. All'interno di questo conflitto si inserisce la figura di Astrea, vista da Dante come simbolo della riforma imperiale, e la sua associazione ad Elisabetta, la quale, come afferma la storica Frances Yates, «con la spada della sua giustizia aveva abbattuto la Meretrice di Babilonia, annunciando un'età dell'oro di pura religione, di pace e di abbondanza». Come campionessa della religione riformata Elisabetta viene celebrata come protettrice della vera fede e della pace. [...]

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L'Inghilterra di Elisabetta I: politica estera ed espansione coloniale

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Informazioni tesi

  Autore: Federica Di Pinto
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara
  Facoltà: Lettere
  Corso: Lettere
  Relatore: Giovanni Pizzorusso
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 88

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Parole chiave

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storia moderna
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