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Le arti del delitto. Declinazioni narrative della cronaca nera nel tempo e nei generi

Ellroy e la sua Dalia

La Dalia nera è il primo romanzo della quadrilogia dedicata alla città degli angeli, detta L.A. Quartet, seguito appunto da Il grande Nulla (1988), LA. Confidential (1990) e White Jazz (1992). Questo libro afferma il talento dello scrittore americano nel tessere trame noir e nel ricostruire l’atmosfera insana e decadente di Los Angeles, la sua città natale, negli anni ’40. Le storie sono per lo più inventate ma quasi tutte si ispirano a eventi o situazioni realmente accaduti: la corruzione della polizia, pilastro su cui si erge la sua narrativa, era cosa ben nota all’epoca.
Dalia nera però è l’unico romanzo fondato, e non solo ispirato, su un caso di cronaca nera realmente avvenuto, diventato inoltre una questione personale per l’autore stesso.
Ellroy incontra la Dalia e la sua storia all’età di 11 anni, leggendo un libro regalatogli dal padre per il suo compleanno: The Badge di Jack Webb (1958), un saggio in cui erano raccolte dettagliate informazioni sui più scottanti casi degli ultimi anni seguiti dal LAPD. Il piccolo Ellroy smaniava per questo genere di storie, ne era proprio affamato. La sua dieta culturale era a base solo di gangster movie e di truculenti pulp magazine o romanzi hard boiled. La visione di film e la letteratura rappresentavano l’unica via di fuga, l’evasione dalla difficile situazione di bambino orfano di madre e con un padre inconcludente. Il genere noir ha influenzato la sua vita, l’ha formato nei gusti e nel carattere: era la sua droga e pur di averla rubava. In quei testi le proprie pulsioni trovano uno sfogo: «I miei gusti in fatto di letture stavano facendosi più sofisticati. Avevo letto tutti i libri degli Hardy Boys e di Ken Holt ed ero stanco di trame pedagogiche e di finali stupidi. Volevo più sesso e violenza. Mio padre mi consigliò Mickey Spillane».
Il caso della Dalia lo sedusse da subito: sognava e desiderava quella giovane donna dai capelli corvini e il fiore in testa, innocente e peccaminosa allo stesso tempo. «Salvavo Betty Short e ne diventavo l’amante. La salvavo da un’esistenza di promiscuità. Braccavo il suo assassino e lo uccidevo».
Trent’anni dopo Ellroy coniuga l’amore per il genere letterario e per Elizabeth Short, scrivendo un romanzo in cui finalmente il suo caso trova una soluzione e il suo cadavere pace. La Betty Short di Dalia nera è l’insieme di tutte quelle identità attribuite alla vera Elizabeth: una cara amica, una sorella, una figlia estranea, una ragazza capricciosa e ambiziosa, una prostituta. E’ la femme fatale, che però vive solo come entità evocata dai ricordi altrui e dai suoi resti. Betty nel romanzo è il cadavere martoriato di cui si deve trovare l’assassino e ricostruire il passato, è un volto di ragazza nelle foto dell’autopsia come in quelle segnaletiche, ormai sbiadite. E’ il corpo che piange, trema e poi sorride innocentemente nel filmato di un provino, come è il corpo che sinuoso geme nel film porno ritrovato. E’ un’agenda nera e una cartolina. E’ quell’ossessione insana che inghiotte i due protagonisti del romanzo, gli agenti Dwight “Bucky” Bleichert e Lee Blanchard. L’originale Elizabeth Short esiste solo nella memoria di un amico di gioventù, che come il vate Tiresia è cieco e non sapientemente interpellato.
La sua morte e il suo corpo sono il simbolo di una donna desiderata e amata, di un’innocenza defraudata e abusata, e di una “fame di speranza” che non trova tregua.
Ecco perché qualcuno in lei vi scorge l’America. O la stessa Los Angeles.
La città del successo, che nel periodo della storia raccontata muta il proprio nome da Hollywoodland in Hollywood, è proprio la coprotagonista del romanzo. Anche se rimane sullo sfondo e fa da cornice alle vicende è un elemento imprescindibile, perché senza di questa la narrazione non avrebbe avuto luogo. Ellroy restituisce un’idea forte di Los Angeles come un centro abitato vitale e in continua espansione, un organismo vivente che durante il difficile periodo della crescita tenta di trovare un equilibrio. Ne sono esempio gli scontri razziali del 1943, raccontati nel prologo: gli zoot suit riots, in cui i pachucos, soprannome per i latino americani insediatisi in California, si scontrano con i Marines di stanza a Los Angeles. L’autore non si dilunga mai in excursus descrittivi, la città è un entità viva di per sé, animata dalla varia gente che la abita e dalle abitudini di questa. Ellroy, partendo dalla vera Los Angeles, arriva a creare un’altra realtà, un altro luogo «a Los Angeles of the mind», il doppio oscuro, segreto e nascosto della città degli angeli, dove appunto corruzione e violenza le fanno da padrona. Man man mano che ci si cala nel racconto l’atmosfera si fa rarefatta e diventa «nightmarish, hyperbolic, and extreme».

Questo brano è tratto dalla tesi:

Le arti del delitto. Declinazioni narrative della cronaca nera nel tempo e nei generi

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Informazioni tesi

  Autore: Ambra Parodi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM)
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: TELEVISIONE CINEMA E PRODUZIONE MULTIMEDIALE
  Relatore: Paolo Giovannetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 213

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Parole chiave

giallo
delitto
noir
cronaca nera
dalia nera
a sangue freddo
il mostro di firenze
romanzo criminale

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