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La donna (h)a più facce - La figura della donna nel cinema horror italiano e americano

Emancipate, pericolose e italiane


Anche in Italia è stato possibile riscontrare un'affinità con le teorie americane descritte sopra, dagli anni Settanta la donna italiana è riuscita a emergere su più fronti, riuscendo a ottenere la propria emancipazione e a “staccarsi” dalla figura del maschio dominante, e il cinema è stato un degno mezzo di comunicazione per sottolineare questa evoluzione sociale.
Alla fine degli anni Sessanta i personaggi femminili, fino a questo momento rappresentati in modo schematizzato e ai limiti del macchiettismo, subiranno un'evoluzione atta a fornire una maggiore complessità a livello psicologico e sessuale.
Castelli avvolti dalla nebbia cedono il passo ad ambientazioni urbane del quotidiano, più in sintonia con gli stili e le mode del momento. I mostri che prima si aggiravano fra saloni decadenti lasciano il posto ad assassini che colpiscono senza pietà in moderni appartamenti, lussuose ville e nelle vie centrali delle città più alla moda.

Il motivo di questo cambiamento è forse collegabile al clima sociale, politico e coevo di certi episodi che stanno terrorizzando l'Italia intera, uno fra i primi strage di Piazza Fontana a Milano nel 1969. Il senso di paura e di insicurezza aumenta nelle persone, nessuno è più al sicuro, tutti possono essere vittime.

Il cinema del periodo riesce a trascrivere il disagio della popolazione attraverso molteplici generi, e il giallo riesce a sublimare tutto ciò attraverso la figura del cittadino insospettabile che diventa mostro.
La donna in tutto questo emerge, come si è detto prima, grazie al cambiamento del suo personaggio del cinema dell'orrore. Cambiamento dovuto anche al fatto che in quegli anni l'emancipazione femminile arrivò al suo massimo storico attraverso la legge sul divorzio che trovò massimo appoggio nelle femministe e attiviste impegnate.
Una donna mutata, una donna alla pari con l'uomo, insospettabile, cittadina rispettabile, emancipata e letale. Questa è la ricetta “tipo” di una qualunque assassina nel cinema horror del periodo. Un esempio perfetto ce lo fornisce Nina (Mimsy Farmer), la protagonista di 4 mosche di velluto grigio (Dario Argento, 1971). Ella riesce perfettamente a combinare l'aggressività e la violenza proiettandola sulla figura maschile. Sull'aspetto fisico la si può considerare una Final Girl ante litteram dato che è caratterizzata da una forte androginia fisica. La sua ansietà profonda porta a uccidere chiunque interferisca fra lei e il suo passato, reso travagliato da una figura paterna psicologicamente instabile.

Soffri adesso? Io ho sofferto per anni ed anni. Quel porco di mio padre voleva un maschio. Era un militare, non sopportava l'idea di aver avuto una femmina. Mi faceva vestire da ragazzo e mi picchiava perché imparassi a reagire come un uomo. Poi disse che ero pazza come mia madre, che era morta in casa di cura e mi fece rinchiudere in manicomio. I medici erano maschi, dappertutto maschi. Ma io ho saputo aspettare. Quel maiale di mio padre morì prima che potessi ucciderlo. Quando arrivasti tu, mi parve un miracolo, gli assomigliavi come una goccia d'acqua. Tu sei mio padre!

Il discorso riportato qui sopra, è estratto dalla sequenza finale della pellicola di Argento. Nina, parlando al fidanzato, confessa a quest'ultimo tutto il malessere e l'odio covati nei confronti del padre e per riflesso anche in quelli di tutti gli uomini che ha incontrato, sfociando così in una violenta psicosi sessuale dove la morte viene riconosciuta come unico mezzo di espiazione.
Dopo la rivoluzione sessuale del 1968, è interessante notare come i ruoli sessuali siano diventati sempre più elastici rispetto alle decadi precedenti. A livello politico vengono istituite diverse organizzazioni femministe tra cui il Movimento di Liberazione della Donna (1969), Fronte Italiano di Liberazione Femminile (1970) e la più radicale Rivolta Femminile (1970).

Il maschio viene sempre più visto come attentatore dell'emancipazione femminile e quindi nemico da eliminare.

Nel cinema italiano questi cambiamenti sono stati largamente percepiti. Durante gli anni Settanta si è notato come la figura maschile si sia sempre più diretta verso una concezione sessuale (e talvolta fisica) debole nei confronti della donna, ponendo quest'ultima come identità forte e temuta, i ruoli si stanno pian piano ribaltando. La donna è diventata una leader, scalzando l'uomo.
Il film dell'orrore rende chiara la frustrazione maschile nata dalla liberalizzazione sessuale della donna. La protagonista (Carla Gravina) de L'anticristo (Alberto De Martino, 1974) riesce a fornirci un chiaro esempio, ovvero la trasformazione della figura femminile: da debole e remissiva a sessualmente attiva e mortalmente pericolosa nei confronti del sesso opposto. […]

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La donna (h)a più facce - La figura della donna nel cinema horror italiano e americano

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Foschini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Dams - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Claudio Bisoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 38

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