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Il verbo in contesto di frase e in isolamento. Uno studio sperimentale del linguaggio afasico

Embodiment

Molti autori hanno interpretato queste dissociazioni come una conseguenza di altre dimensioni senso-motorie, come, ad esempio, la distinzione tra oggetti e azioni manipolabili e non manipolabili. Questa distinzione, come spiegherò nella seconda parte del lavoro, è stata utilizzata come parametro nella selezione dei verbi utilizzati nel test che ho somministrato ai pazienti. Ad esempio, per quanto riguarda i nomi, gli utensili sono per definizione manipolabili. Per quanto riguarda i verbi, il parametro manipolabilità-non manipolabilità fa riferimento alle azioni compiute o no con le mani (quindi: cacciavite vs automobile per i nomi, tagliare vs cantare per i verbi).
Questa differenza di manipolabilità, secondo le ricerche attuali (Arévalo et al., 2007; Arévalo et al., 2005 a, b; Bates et al., 2000) può essere coinvolta nelle dissociazioni. Questa ipotesi è connessa alle teorie dell’organizzazione senso-motoria del significato elaborate nell’ambito delle ricerche sull’Embodiment. Secondo l’approccio “incarnato”, infatti, le strutture nervose che presiedono all’organizzazione dell’esecuzione motoria delle azioni svolgono un ruolo anche nella comprensione semantica delle espressioni linguistiche che le descrivono (Gallese et al., 2006).
La teoria dell’Embodiment suggerisce che la partecipazione di determinate parti del corpo durante l’elaborazione dei concetti riferiti a un’azione o a un oggetto può attivare le aree sensomotorie corrispondenti, non solo quando produciamo azioni con quelle parti del corpo ma anche quando l’azione è eseguita da qualcun altro e osservata dal partecipante o quando è solo immaginata (Arévalo et al., 2007). Esperimenti condotti in questi ultimi anni hanno portato alla scoperta di un tipo di neuroni che può fare da tramite tra il sé e gli altri: i neuroni specchio ("mirror neurons"). Questi neuroni, inizialmente scoperti nell’area F5 della corteccia premotoria frontale della scimmia (l’area originariamente descritta da Rizzolatti e Arbib), omologa dell’area di Broca nell’uomo (specificatamente dell’area 44), hanno una doppia funzione: da una parte si attivano quando la scimmia compie un’azione manuale, ad esempio afferrare un oggetto, dall'altra si attivano in modo simile quando la scimmia vede o sente un'altra scimmia o un uomo compiere la stessa azione (Koheler et al., 2002). Vedere o ascoltare un’azione finalizzata eseguita da un altro soggetto, attiva nell’osservatore gli stessi neuroni che si attiverebbero se fosse lui stesso a compiere quell'azione, rendendo in parte simili, da un punto di vista neurale, percezione e produzione. Questi neuroni specchio, quindi, suggeriscono una base neurale in parte comune per percezione e produzione dei movimenti (gestures), linguistici e manuali.
Nell'uomo il sistema "mirror" è stato dimostrato in maniera indiretta, mediante varie tecniche.
Ad esempio, studi attraverso la PET (Tomografia a Emissione di Positrone) hanno mostrato che le due zone che compongono l’area di Broca contengono anche la rappresentazione di movimenti manuali; risultano, infatti, attivarsi quando si eseguono movimenti autoindotti, quando si immagina di ruotare le mani e quando si immagina di afferrare qualcosa con la mano. Dunque, l’area di Broca è coinvolta nelle rappresentazioni motorie della bocca e delle mani (Nicolai, 2006: 140).
Studi realizzati attraverso fMRI (Risonanza Magnetica funzionale) hanno mostrato come i neuroni specchio si attivino negli esseri umani sia durante l’osservazione di azioni eseguite con le mani sia durante l’osservazione di azioni eseguite con altre parti del corpo (ad esempio, la bocca, il viso o i piedi).
Tornando all’articolo già citato di Arévalo et al. (2007), osservando un gruppo di 21 pazienti afasici (10 anomici, 6 Broca e 5 Wernicke), hanno notato che durante compiti di ripetizione, lettura e denominazione di immagini relative a oggetti (nomi) e azioni (verbi) selezionate in base ai parametri “manipolabile” vs “non manipolabile”, i pazienti denominano meglio i nomi rispetto ai verbi. In generale, sia nel gruppo di controllo che nel gruppo dei pazienti (indipendentemente dal tipo di afasia) la denominazione dei verbi è sempre meno accurata.
Inoltre, il compito di denominazione, rispetto a quello di lettura e ripetizione, risulta più complesso per tutti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il verbo in contesto di frase e in isolamento. Uno studio sperimentale del linguaggio afasico

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Informazioni tesi

  Autore: Eleonora Giorgi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Linguistica
  Relatore: Florida Nicolai
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 186

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Parole chiave

afasia
approccio lessicale
approccio semantico
approccio sintattico
cervello
doppia dissociazione
embodiment
frase
gesto
manipolabilità
nome
patologia linguistica
riabilitazione
sistema semantico lessicale
verbo

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