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Ipotesi psicodinamica del figlicidio: Psicosi maniaco-depressiva e distruttività materna

Espressione della distruttività materna

La nascita biologica e la nascita psicologica dell'individuo, come sostiene la Mahler non coincidono nel tempo. La prima (come è stato detto nel II° prg.) è un evento osservabile e ben circoscritto; la seconda è un processo intrapsichico che si svolge lentamente. Fin dall'inizio il bambino si forma e si sviluppa nella matrice duale madre-figlio ed è l'esperienza di relazione con essa che configura e premette lo sviluppo psicologico del bambino. Relazione che, come visto nel paragrafo precedente, ha inizio già nel periodo gestazionale (Mahler, Pine, 2000, 39-41).
La figura materna, sin dal periodo gestazionale, assume un ruolo centrale per lo sviluppo psichico e fisico del bambino. In particolare nel lavoro della maternità, si possono individuare tre momenti cruciali: la capacità della donna di considerare il parto come perdita reale di una parte di sé, la capacità di tollerare la disillusione come sentimento che, corrispondendo sul piano psicologico alla separazione biologica, deriva dallo scarto tra bambino fantasmatico e bambino reale e in ultimo ma non meno importante, la possibilità di regressione in simbiosi che permette alla madre di colmare il divario (bambino fantasmatico e reale) attraverso l'identificazione con il neonato con la sua condizione di bisogno e dipendenza. Come sostengono Righetti e Sette, al momento del parto lo scarto tra le fantasie gravidiche e la realtà pone la donna di fronte alla necessità di riconoscere la separazione, conferendo carattere e valore di realtà al neonato. Il divario, così realizzatosi costituisce il salto dalla gravidanza alla maternità, il cui compito primario è proprio di colmare questo spazio attraverso la disponibilità della madre alla fusione regressiva con il neonato e la sua capacità di tollerare lo spazio vuoto. Da tale punto di vista, quindi la maternità come processo, comprende anche la possibilità da parte della donna di riconoscere il bambino come altro da sé, come
oggetto separato dal parto, la cui vita biologica è anche un'esistenza psicologica individuale (Righetti, Sette, 2000, 259).
Riconoscere il proprio figlio come altro da sé costituisce uno dei compiti necessari affinché il bambino possa fare esperienza dell'oggetto d'amore primario. A tal proposito la Mahler ritiene che la conquista cognitivo-affettiva di una consapevolezza del bambino di essere separato costituisce il presupposto per la vera relazione oggettuale (Mahler, Pine, 2000, 40-41). Il soddisfacimento dei bisogni del bambino e soprattutto, come sostiene Spitz "l'atteggiamento affettivo" della madre favoriscono lo sviluppo normale dei processi di apprendimento e la presa di coscienza del bambino di essere separato dalla madre. La capacità della madre di riconoscere i bisogni del figlio e di rispondervi in modo empatico permette al bambino di riconoscere la madre come altra da Sé. La relazione madre-figlio, quindi, passa da una condizione di tipo fusionale-simbiotica ad una graduale separazione psicologica necessaria per l'individuazione del bambino. In sostanza ciò che permette un sano sviluppo psichico consiste nella capacità della madre di riconoscere e rispondere in modo adeguato ai bisogni del figlio. Allora cosa indica il termine distruttività materna? Seguendo le teorizzazioni di Winnicott (madre sufficientemente buona), di Mahler (madre che permette la seprazione-individuazione) e Stern il non riconoscimento dei bisogni da parte della madre verso il bambino ne ostacolerebbe lo sviluppo sino a determinare la manifestazione di una psicopatologia nel bambino. Quindi il termine distruttività, seguendo questa linea, indica l'incapacità della donna di riconoscere i bisogni del figlio e la sua impossibilità ad assumere il ruolo di "madre sufficientemente buona". Tale atteggiamento materno risulta quindi "distruttivo" al fine di un sano sviluppo psichico del bambino. Infatti, come sostiene Spitz, il disagio psichico del bambino è riconducibile ad un rapporto madre-bambino disturbato. L'autore sostiene che durante il secondo e terzo mese di vita, la ricezione sensoriale di un rapporto di natura percettiva facilita un adeguato ingresso nella fase simbiotica. Tale fase risulta ottimale quando la madre permette al bambino, in modo naturale, di guardarla in viso; se favorisce il contatto visivo specialmente mentre lo allatta al seno o con il biberon (Spitz, 1972, 29-31). Secondo la Mahler il comportamento di "tenere in
braccio" del partner materno e, la sua preoccupazione primaria costituiscono l'organizzatore simbiotico che favorisce l'individuazione. A volte, però, la madre sembra non accettare la separazione dal proprio figlio, non si rassegna ad accettare il taglio del "cordone ombelicale" psichico e quindi la perdita di quella soddisfacente fusione simbiotico-incestuosa. Fusione che, perfettamente realizzatesi con il feto, viene mantenuta durante l'infanzia attraverso comportamenti volti a mantenere il bambino in uno stato di dipendenza. La Sperling afferma che in ogni caso da lei studiato la madre aveva il bisogno di rendere il bambino impotente e dipendente e che il figlio reagiva come se obbedisse al desiderio inespresso della madre di vederlo ammalato (Sperling cit. in Carloni, Nobili, 2004, 197-202).
Nel caso specifico di una madre con psicosi maniaco-depressiva questa tende a mantenere la fusione con il bambino considerandolo estensione di sé. Tale relazione viene mantenuta da entrambi in quanto come sostiene Arieti, il bambino, mediante un atteggiamento di tipo acquiescente, che lo porta ad accettare le aspettative materne (come per esempio stare male per permettere alla madre di curarlo e quindi stabilire una dipendenza con lei) per quanto onerose possano essere, mantiene l'amore della madre. Il flusso d'amore essendo intermittente e condizionato non costituisce per il bambino una base sicura portandolo a vivere un sentimento di ambivalenza; da una parte prova l'ansia di perdere l'amore e dall'altra vive una speranza di recuperare l'amore nel momento in cui lui soddisfa le aspettative della figura significativa (Arieti, Bemporad, 1987, 162). Questa figura viene percepita dal bambino come una figura buona e, nel momento in cui la madre elargisce la punizione, è vissuta dall'infante come "redenzione" affinché possa essere ancora degno dell'amore materno. Se l'affetto o il perdono non vengono percepiti dal bambino si sviluppa in sé un senso di colpa ricercando, nelle azioni, il mezzo necessario per dissolvere tale sentimento. In sostanza il bambino attraverso un atteggiamento acquiescente ai desideri "distruttivi" della madre, può continuare a ricevere amore e cure (Carloni, Nobili, 2004, 200-201).
Si è visto come il concepimento il parto e la relazione madre-bambino costituiscono dei momenti investiti di grande significato affettivo per i genitori e soprattutto per la madre, che vive il cambiamento a livello corporeo e psichico. È emerso, inoltre come la maternità sia un evento di forte cambiamento per la vita psichica di una madre. Madre che assume un ruolo centrale per lo sviluppo sano del bambino. Il primo compito della madre nella relazione è quello di permettere al bambino di attuare la differenziazione tra sé e altro. Tale processo non può avvenire se è la madre stessa che affetta da psicosi maniaco-depressiva non permette il taglio del cordone ombelicale e considera il proprio bambino come estensione di sé.
Nel paragrafo che segue attraverso il contributo di autori come Freud, Klein e Winnicott si analizza la dinamica appena descritta, mettendo in risalto il rapporto conflittuale che la madre sperimenta soprattutto con la figlia.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Ipotesi psicodinamica del figlicidio: Psicosi maniaco-depressiva e distruttività materna

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Informazioni tesi

  Autore: Serena Lauri
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Pontificia Università Salesiana
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Maria Luisa De Luca
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 231

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