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La conoscenza dell'Atlantico settentrionale: dai Micenei a Pitea

Fra VI e V secolo: la fine dell'epoca d'oro per i traffici oltre Gibilterra

Alla fine del VI secolo a.C. i traffici greci sulle coste dell'Iberia atlantica subiscono un forte arresto come testimonia la quantità sempre più scarsa di ceramica greca che raggiunge i mercati dell'estremo Occidente. Questa fase di stallo per i traffici commerciali in direzione di Tartesso ha come conseguenza quella di far cadere nel dimenticatoio il nome e l'ubicazione del sito. Tartesso, punto fondamentale di scambio per i mercanti greci nel Mediterraneo occidentale almeno fino alla metà del VI secolo a.C., nelle fonti verrà spesso confusa con la città di Gades, come accade ad esempio in Erodoto (IV 8), dove la Gades di cui parla, in realtà, non sarebbe altro che Tartesso. Un'altra testimonianza dell'oblio in cui cadde Tartesso e della conseguente identificazione con la città di Gades, si riscontra in Avieno (vv. 269-270) che, identificando quest'ultima con l'antica Tartesso, che definisce essere ai suoi tempi abbandonata e ridotta ad un cumulo di rovine, non fa altro che proiettare una realtà, come quella tartessica, lontana dall'essere definita un centro poleico, nell'immagine di una città che un tempo si chiamava Tartesso, ma che la lingua punica, ad un certo punto, battezzò come Gadir. Avieno non fa altro che fraintedere la sua fonte che probabilmente riportava le due realtà come distinte e separate. Infatti, da parte della fonte più antica dell'Ora Maritima, sono molti i riferimenti a Tartesso come ad un sinus (v. 265), ad un fretus (v. 54), ed ad un amnis (vv. 225, 284), e mai come ad un centro civico. Ciò non significa che la Tartesso frequentata dai Greci non avesse un proprio centro, essa era, piuttosto, una regione che comprendeva numerosi piccoli centri abitati che facevano riferimento ad un insediamento maggiore. Studiosi come Rouillard identificano il centro di Tartesso nella moderna Huelva, dove sono state rinvenute tracce di officine per la lavorazione dei metalli nonchè resti di ceramica greca, e dove risiedevano membri di un'aristocrazia che intesseva ottimi rapporti con i mercanti greci, esportatori di oggetti di lusso e di prestigio e aventi come destinatari le stesse élite indigene. La descrizione fornita da Avieno, però, spinge ad una collocazione del sito presso la foce del Guadalquivir, dove, nella baia di Cadice, sono state ritrovate "tracce di un'importante testa di ponte fenicia per il commercio con gli indigeni".

La figura di Argantonio, il re di Tartesso longevo che regnò per ottant'anni, di cui parla Erodoto (I 163), sembra essere la metafora del periodo d'oro dei traffici greci nell'Andalusia atlantica: egli unificherebbe in un solo personaggio una dinastia di re che governarono quel territorio tra la fine del VII e la metà del VI secolo a.C. e che instaurarono con i Greci un ottimo rapporto basato sul reciproco scambio. La morte di Argantonio simboleggia la fine di questo periodo di dialogo tra l'elemento indigeno e quello greco e la fine di Tartesso come centro propulsore di un'economia che, come si è già detto, si basava soprattutto sullo scambio di prodotti di lusso con metalli di cui, non solo, era molto ricca la zona, ma che venivano importati anche dalle Isole Cassiteridi.

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La conoscenza dell'Atlantico settentrionale: dai Micenei a Pitea

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Informazioni tesi

  Autore: Stefania Glorioso
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze dell'Antichità
  Relatore: Roberto Sammartano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 116

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