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Sentirsi a casa - un'indagine esplorativa nella Scuola dell'Infanzia ''Il melograno''

Genitori ed insegnanti: due facce della stessa medaglia

La letteratura pedagogica e psicologica illustra con particolare attenzione le relazioni instaurate dalla persona fin dalla sua nascita con i suoi careviger più significativi e quanto questi altro non fanno che gettare la basi sulla formazione e lo sviluppo in tutta la sua crescita. Genitori ed insegnanti sono l’ancoraggio di salvezza di ogni bambino perciò è necessario analizzare con precisione le due tipologie di relazione, apparentemente così lontane ma in realtà così vicine.

”I fell in relation to you”: la relazione genitore – bambino
Le tappe vissute nella vita di ognuno sono molteplici, diverse. Ogni persona si finalizza ogni giorno verso obiettivi e traguardi importanti in modo da dar più possibile senso alla propria esistenza. Davanti però ad una miriade di modi differenti di progettare il proprio percorso c’è un aspetto, una scelta che rende tutti uguali, tutti invasi dalla stessa identica emozione : la scelta di diventare genitori. Il mestiere del genitore è forse l’unico mestiere nel quale non si potrà mai smettere di imparare, non ci si sentirà mai arrivati. Il genitore non va in pensione perché finché è in vita avrà sempre l’impegno di donare al proprio figlio ciò di cui necessita.

La strada da percorrere non sarà sempre semplice, ci saranno curve tortuose dove ci si sentirà inadatti, incapaci, pronti a gettare la spugna però raramente quella spugna viene buttata veramente perché in un modo o nell’altro quel senso di paura di fallire verrà colmato da un sorriso, da una mano tesa che avrà le proprie sembianze e che odorerà della più bella soddisfazione mai vissuta. Quando il tunnel nero sembra diventare una dirittura d’arrivo verso un minaccioso dirupo è importante che il genitore chieda aiuto e soprattutto faccia riemergere in lui il grande amore che può legarlo al bambino, al SUO bambino.

Mary Ainsworth è stata la prima studiosa, intorno agli anni ’70, a parlare di responsività per intendere la capacità di leggere e rispondere adeguatamente ai segnali del bambino. Nel corso del tempo diversi studi si sono fatti carico di ampliare e revisionare tale concetto concentrandosi soprattutto sulla correlazione che intercorre tra la responsività materna e la componente emotiva e quindi la capacità della madre di regolare le proprie emozioni, in particolare quelle negative.

Lo stato della mente sicuro della madre è stato delineato come connesso a una maggiore apertura di quest’ultima a tutti gli stati emotivi del bambino, senza il ricorso a restrizioni difensive rispetto ad esempio alla manifestazione di emozioni negative, e collegato a uno sviluppo più articolato della stessa funzione riflessiva (Slade, 2005). Ben si comprende quindi che una responsività fallimentare può essere una grave minaccia con effetti a breve e medio termine per il bambino. Si può parlare di responsività a livello comportamentale e a livello psico-emotivo.

Il primo comprende ad esempio la capacità di prontezza di risposta al pianto del bambino o la capacità di contatto fisico mentre il secondo vede l’accessibilità emotiva al bambino e ai suoi desideri. Uno dei primi compiti perciò che il genitore è chiamato ad assolvere sarà quello di aiutare il proprio figlio a regolare emozioni negative e a mantenere quelle positive soprattutto perché la formazione dei legami di attaccamento non è solo finalizzata alla sua sopravvivenza fisica quanto anche a quella emotiva.

Sarà quindi soltanto un attaccamento sicuro a garantire un’efficace regolazione emotiva mentre un attaccamento evitante inevitabilmente dimostrerà una riduzione nella comunicazione delle emozioni, soprattutto quelle negative o anche quello ambivalente che sarà caratterizzato da una grande imprevedibilità e intermittenza materna. Dagli studi di Mary Main e colleghi si è ipotizzato che la responsività materna sia il principale fattore responsabile della trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento. Con l’avanzamento delle ricerche altri studiosi hanno però concentrato l’attenzione su altri fattori correlati come la comunicazione del bambino stesso e quindi la sua capacità di esprimere bisogni ed emozioni. Per citare Bowlby bisognerebbe istituire un’adeguata «comunicazione intrapsichica» con il mondo dei propri affetti (Crugnola, 2012).

Lyons-Ruth sottolinea quanto le modalità di parenting65 dei genitori e la responsività dei loro bambini siano più opzionali rispetto alle altre specie animali, in nome proprio dell’intersoggettività emotiva presente nel rapporto e quindi rispetto agli animali i comportamenti umani a livello di attaccamento sono molto più a rischio (Crugnola,2012).

Le neuroscienze oggi ci tengono a chiarire attraverso le loro ricerche l’essenzialità delle prime esperienze vissute dal bambino rispetto all’interazione emotiva con il proprio careviger : tali esperienze, centrate sull’inaccessibilità emotiva del careviger e sul prevalere di emozioni negative, a volte estreme,all’interno della coppia bambino-careviger, possono produrre, a causa dei processi neuroendocrini attivati dallo stress,danni a specifiche aree cerebrali (ad esempio quelle orbito frontali) provocando nel bambino alterazioni durature nelle modalità di processare le emozioni e di codificare gli eventi traumatici (Schore 2001, Siegel 1999, Chugani et al. 2001).

Allan N. Schore, medico e scienziato statunitense, integrando la teoria dell’attaccamento con la ricerca sul cervello arriva a descrivere i primi mesi di vita del bambino e la gioia che può esprimere collegandola allo sviluppo del cervello stesso, sottolineando che una dose di emozioni positive in questo primo periodo prepara il bambino alla gestione delle emozioni negative nel percorso di crescita.

Un neurotrasmettitore significativo che guida la responsività del genitore è la dopamina : nel momento in cui il bambino necessita di accudimento si genera nella madre una soddisfazione tale da attivare il circuito dopaminergico della ricompensa producendo sensazioni positive e inibendo quelle negative e ciò ovviamente è un punto di forza contro la creazione di un eventuale stress. In alcuni lavori di ricerca è stato anche dimostrato come mamme dall’attaccamento sicuro poste di fronte alle foto del volto dei loro figli durante l’espressione di emozioni negative o positive attivano dopamina, o ossitocina, rispetto a quelle evitanti o ambivalenti.

Per comprendere veramente il genitore con il proprio bambino diventa obiettivo primario il comprendere innanzitutto il legame che li unisce perché è quello specifico legame che detta le coordinate per analizzare e per eventualmente intervenire. Questo filo invisibile che li tiene uniti vede ad un estremo il bambino esposto, soprattutto i primi anni, allo stato mentale del genitore e a tutto ciò che è correlato alla sua quotidianità e a cui deve obbligatoriamente adattarsi, muovendo i primi passi attraverso di lui e dall’altra parte una madre ed un padre che senza un libretto delle istruzioni si appellano alla propria forza interiore per ricoprire il ruolo di quelli che Bowlby definirebbe porto sicuro e base sicura in grado di donare conforto e rassicurazione e permettere quindi un sostegno all’esplorazione e al tempo stesso un’accoglienza idonea al ritorno.

Si dia perciò voce al desiderio innato dei genitori di fare sempre meglio e di far fede quanto più possibile alla propria mamma normalmente devota o sufficientemente buona, descritta dallo psichiatra e pediatra Winnicott nei suoi saggi, presente in ognuno di noi. Ma quando una madre è sufficientemente buona? Sicuramente per Winnicott lo è quando è spontanea, autentica con le sue ansie e preoccupazioni, con la giusta dose di stanchezza e sensi di colpa ma in grado di trasmettere sicurezza e amore.

Non si può quindi parlare di perfezione anche perché di fronte ad una fusione così intensa e forte come quella di una madre o di un padre con il proprio figlio non è così strano che possa esserci la presenza di disagi psicologici. Fusione diviene sinonimo di unione e per unirsi in primis bisogna aver compreso il proprio Sé per poi differenziarlo e plasmarlo con l’altro (Winnicott,1987). Perciò ci si armi della consapevolezza di capire chi si è realmente con i propri sentimenti, desideri, intenzioni, convinzioni ma anche limiti e problemi, in modo tale da intraprendere la propria genitorialità con la cognizione di migliorarsi e di voler superare i propri ostacoli.

Nei suoi numerosi scritti Winnicott afferma : sarebbe d’aiuto chiarire alle madri che può capitare di non provare immediatamente amore per i propri figli o di non sentirsela di allattarli; oppure spiegare loro che amare è una faccenda complicata e non un semplice istinto. Ciò non toglie che ci sono casi in cui il distacco emotivo o il mancato coinvolgimento nella relazione sono sentori di disfunzioni psicologiche dove è necessario intervenire ed aiutare.

Le tre tappe da attraversare per la solidità di un rapporto genitore-bambino sono:
1. Rispecchiamento affettivo = essendo il bambino inesperto a livello emotivo usufruisce del volto della mamma per percepire la propria emozione, ovviamente più marcata, facendola propria (Gergely, Watson 1996). Non è una riproduzione fedele dello stato affettivo del bambino altrimenti se fosse negativo rischierebbe di provocare in lui ansia e preoccupazione. Il rispecchiamento permette al bambino di conoscere le proprie emozioni, interiorizzarle per poi differenziare i propri stati interni da quelli di un altro e capendo che con questi può influenzare le altre persone intorno a lui. “Quando percepiamo le emozioni di un’altra persona il suo stato emozionale viene così ricreato, automaticamente e inconsciamente, all’interno della nostra mente”. (Siegel, Hartzell, 2003).
2. Intersoggettività = esperienza di vero “contatto mentale” che permette di costruire rappresentazioni mentali degli scambi emotivi. Il genitore condivide con il proprio figlio gli stati soggettivi interni. (Threvarten,1980).
3. Attaccamento = legame durevole,emotivamente significativo, del bambino con una particolare figura di riferimento che gli garantisce protezione, accudimento e una base sicura (Bowlby,1969).
Una relazione bene regolata con il genitore può dare origine a un senso del Sé autonomo e forte pronto a vivere.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Sentirsi a casa - un'indagine esplorativa nella Scuola dell'Infanzia ''Il melograno''

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Informazioni tesi

  Autore: Martina Oddi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Anna  Aluffi Pentini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 110

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