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La valutazione tra didattica a distanza e Metodo Montessori

Gli assiomi della valutazione

La valutazione appare sempre più spesso una zona franca dove il docente, intento al suo lavoro, si rinchiude in un insieme di assiomi e convinzioni. Diventa quasi un muro impenetrabile, dove gli insegnanti vivono paradossalmente la valutazione come poco soddisfacente e riduttivo.
La chiave di volta, il grimaldello attraverso cui poter smuovere qualcosa, è questa insoddisfazione che prova l’insegnante e quindi, per comprendere meglio cosa significa valutare, è utile richiamare e problematizzare gli assiomi con cui la scuola tende a voler risolvere il compito valutativo.

Primo assioma della valutazione: è impossibile non valutare. Ovvero tutti valutano tutto, questo perché la valutazione è un’attività del pensiero dove ognuno associa propri significati in base al vissuto, gli attribuisce un senso ed agisce prendendo delle decisioni. In aula la valutazione scorre su due binari, perché non è solo il docente che valuta, ma anche gli alunni: quando entra in aula si osservano le movenze, le espressioni e le gestualità, tutto ciò che può permettere ai discenti di attuare un comportamento idoneo difronte l’insegnante. Tutto ciò accade spesso inconsapevolmente, ma si presenta come un meccanismo retroattivo tra la reazione e la percezione.
È interessante a questo punto del discorso, la precisazione di J.M. Barbier17, il quale distingue la valutazione in tre grandi tipologie: la valutazione implicita, quella spontanea e quella istituita.
1. La valutazione implicita, che avviene in maniera involontarie ed affianca le molteplici interazioni che avvengono in ambito scolastico, e ciò condiziona largamente le attese e gli esiti del processo educativo. Tale valutazione è marcatamente soggettiva ed è suggestionata da stereotipi.
2. La valutazione spontanea, anch’essa è informale, ma con un piano di sviluppo dedito alla consapevolezza, indipendente dalle norme e dipendente da una serie di criteri accessori. La valentia di tale valutazione, risiede nella sua capacità di cogliere elementi imprevedibili dei processi, risaltando quei componenti che rischierebbero di essere tralasciati, se seguiti da una valutazione più strutturata e guidata.
3. La valutazione istituita, infine, è concepita come esplicita e organizzata socialmente, attraverso strumenti specifici.
È chiaro come in ambito scolastico ci sia una stretta convivenza con tutti i tipi di valutazione, dalle implicite a quelle organizzate ed esplicite. In precedenza si è affermato come la valutazione sia un’attività del pensiero dove ognuno associa propri significati in base al vissuto, gli attribuisce un senso ed agisce prendendo delle decisioni: il soggetto che valuta manifesta i suoi sentori, il suo senso, ma non basta.
La valutazione non deve cercare soltanto il senso, deve invece spingersi a cercare ciò che vale in quel senso, il positivo che diventa base di partenza di percorsi formativi, le qualità per assumere decisioni consapevoli, i talenti per valorizzare ogni soggetto18, quindi il compito di chi valuta con discernimento, usando criteri qualitativi, è quello di puntare alla trasparenza e alla condivisione della valutazione istituita19, tenendo conto sempre e comunque della partecipazione di numerosi elementi, sia di natura personale che soggettiva, che si infiltrano nei processi formativi: in tal modo la valutazione assume connotati qualitativi elevati, arricchendo sia il processo valutativo che quello formativo.

Secondo assioma: nella scuola è deleterio e dannoso valutare sempre e tutto. Il primo assioma, estremamente valido quando applicato nei processi personali, viene estremizzato e condannato quando si tratta di progettazione formativa. In questo caso tale assioma risulta dannoso, in quanto è deleterio valutare sempre e tutto.
Senza panegirici introduttivi, è palese come il controllo serrato e totale o l’assenza totale di controllo, sia controproducente e non formativo. Da una parte, il controllo serrato assume le sembianze di un addestramento militare creando automi, quindi ogni tipo di eccesso valutativo20 che vuole mostrare dominanza, non fa altro che provocare insicurezza pedagogica; dall’altra parte, la mancanza totale di un controllo porta ad apprendimenti superficiali e provoca il disfacimento di tutto ciò che l’istruzione rappresenta, ovvero intraprendere un’attività per inseguire uno scopo, paradigma mancante in questo caso.
La virtù risiede spesso nel mezzo, con un equilibrio valutativo capace di insegnamenti adeguati ed apprendimenti autosufficienti: la valutazione ha bisogno di attività calibrate, centrate su quei nodi concettuali(competenze, conoscenze, principi, teorie, modelli) e sulle connessioni dinamiche tra quei nodi (che si sviluppano in processi, procedure, relazioni) che si considerano cruciali per lo sviluppo della persona e significativamente rappresentativi dell’intero mondo sottoposto ad analisi.21
Tutto porta alla consapevolezza di sé: il cammino per un equilibrio valutativo affonda le radici nella consapevolezza, quindi sulla capacità di autovalutarsi. L’allievo diventa protagonista dell’atto formativo quando assume la consapevolezza di cosa ha imparato, del perché, per quale scopo, come potrà usufruire delle nozioni apprese.
Allo stesso modo, anche il docente vive questa consapevolezza nell’atto valutativo: la valutazione si trasforma in un processo di maturazione verso la trasformazione di un soggetto consapevole, che assimila competenze utili alla sua personale autonomia. L’azione didattica del docente deve mirare alla personalizzazione degli apprendimenti. Perciò, la valutazione consapevole è quella che costruisce apprendimenti fondati sulla relatività dei progetti, sull’incertezza dei processi e sulla necessità di continua affinamenti per migliorare i risultati.

Terzo assioma: la valutazione di una persona è sempre soggettiva. La valutazione del singolo, che sia docente o studente, non è un dogma, bensì presenta probabilità di errore in quanto la soggettività rappresenta un elemento variabile dell’espressione valutativa: una percezione soggettiva si plasma in base al proprio background ed attraverso propri schemi mentali. Tali alterazioni sono spesso dovute all’effetto alone22, un bias cognitivo dove si esalta delle caratteristiche a discapito di altre, oppure all’effetto Pigmalione, dove l’insegnante modella l’allievo creando un circolo vizioso.23
Ciò che per certo limita il miglioramento e l’innovazione è l’isolazionismo del docente: essere un Deus ex machina non è sufficiente, questa individualità risulta controproducente. Le nuove norme intervengono positivamente, proponendo un’azione condivisa dei docenti in progetti trasversali, in gruppi di lavoro, tutto ciò per offrire una prestazione efficace raggiungendo l’obiettivo, attraverso una prestazione efficiente e concisa: azioni di pianificazione, gestione dei discenti e la valutazione stessa. Tutto ciò per un unico obiettivo, ovvero una scuola autonoma in grado di fornire una valutazione plurale, corale e dinamica, non individuale.
Le distorsioni createsi dalla soggettività valutativa, possono essere superate attraverso la triangolazione dei punti di vista, tipico delle metodologie qualitative La triangolazione, termine mutuato dalla geometria, permette di sostituire ad un'unica prospettiva di osservazione, una visione trifocale del fenomeno: si tratta di concordare una sinergia tra più prospettive di analisi, comparandosi a vicenda per restituirci un'immagine completa ed integrata delle conoscenze dell’alunno.
Con questa analisi non si intende porre sotto un giudizio negativo l’individualità della valutazione attraverso interpretazioni personali e soggettive, bensì si intende dare maggiore valorizzazione attraverso la cooperazione e il confronto, difatti la a pluralità di prospettive non deve essere considerato un ostacolo alla ricerca, ma un valore aggiunto. Osservare qualcosa da vari punti di vista permette di conoscerla meglio, valutare qualcosa da più punti di vista significa abbracciare molteplici significati, che altrimenti sarebbero sfuggenti agli occhi del singolo.
Attraverso Pellerey24 e la sua proposta di avviare la valutazione attraverso la triangolazione, possiamo identificare queste tre dimensioni di indagine della competenza in dimensione soggettiva, intersoggettiva e oggettiva.
La visione trifocale presente nella Figura 1 richiede delle prospettive di analisi variegate, da rielaborare per comporre un impianto valutativo25 ben congeniato: ognuna di esse presenta una propria specificità, rilevabile attraverso dispositivi differenti ed una vasta gamma di strumenti valutativi. È ovvio difronte a particolari situazioni verranno selezionati gli strumenti che servono, nel pieno rispetto del principio di triangolazione.
La dimensione soggettiva rimanda ai significati personali attribuiti dal soggetto durante l’apprendimento: il senso che affibbia ad un compito e la percezione nell’eseguirlo, le risorse da utilizzare e gli schemi da avviare. Tale dimensione implica un’istanza autovalutativa, formando una connessione tra il modo in cui il soggetto vede e valuta il suo apprendimento e le abilità di realizzare i compiti che gli vengono assegnati nel contesto dove agisce.

Esempio di strumento utilizzabile è sicuramente l’autovalutazione, attraverso cui il soggetto viene coinvolto nel ricomporre la propria esperienza durante l’apprendimento, per arrivare ad assicurarsi delle proprie competenze: molto utile sono le autobiografie, diari di bordo, giudizi sulle proprie prestazioni che sia strutturate o non strutturate, solo gli elementi più usati in questo contesto. Ogni domanda del tipo: “come vedo me stesso in relazione alla competenza richiesta? Sono capace di svolgere i compiti assegnati?”, sono collocabili in questa dimensione.
La dimensione intersoggettiva rimanda il sistema di attese che avviene tra il contesto sociale e le capacità dell’individuo di replicare efficacemente al compito assegnatoli. Questa dimensione implica un’istanza sociale e raggruppa le quelle persone coinvolte nel momento in cui si manifesta la competenza, le relative aspettative e valutazioni. In primo luogo è sicuramente nella componente docente che si sviluppa tale dimensione, visto il carico di attese e i traguardi formativi verso i propri allievi. In secondo luogo è da considerare le percezioni del gruppo degli allievi, delle famiglie, del mondo professionale o sociale, tutti quei contesti dove c’è un processo apprenditivo.
Esempi di strumenti utilizzabili sono i protocolli di osservazione, sia strutturati che non strutturati, interviste o questioni volti a mettere in luce le impressioni dei diversi soggetti, attraverso commenti valutativi o la rielaborazione di comportamenti osservati nel soggetto. La funzione di questi dispositivi è quella di coinvolgere gli altri attori coinvolti nella pratica dell’apprendimento, ovvero docenti, gruppo dei pari, genitori, interlocutori esterni, e orientarli a rilevare le loro attese verso le capacità del soggetto.
Ogni domanda del tipo: “quali sono le attese sociali in merito alla competenza richiesta? Le prestazioni attuate riescono a soddisfare le aspettative? I vari soggetti hanno visioni univoche tra loro?”, è collocabile in questa dimensione.
La dimensione oggettiva richiama le evidenze osservabili che certificano la performance del soggetto e quindi le acquisizioni delle conoscenze richieste e i suoi risultati. Essa implica un’istanza empirica che integra tutte quelle rilevazioni che è possibile misurare del comportamento del soggetto in riferimento al contesto e al compito assegnato.
Esempi di strumenti utilizzabili sono le prove di verifica, sia strutturate che non, creazione di manufatti o selezioni di lavori realizzati in un determinato processo educativo: tutti dispositivi volti a comprovare l’esperienza dell’apprendimento sia nella dimensione processuale (come ha appreso), sia nella dimensione prestazionale (cosa ha appreso).
Ogni domanda del tipo: “per documentare l’apprendimento e i risultati ottenuti di quali evidenze osservabili si possiedono? Che performance si attuano in merito allo svolgimento dei compiti?”, sono collocabili in questa dimensione.
Diamante centrale delle tre dimensioni è l’idea di competenza, vero fondamento della valutazione, dove ruotano tutti i punti di vista e dove si raggruppano i significati utili a rilevare la competenza da parte dei diversi soggetti.
Strumento immancabile è la rubrica valutativa, utilizzata come dispositivo atto ad esplicitare il significato della competenza presa in analisi e precisare i livelli attesi. La rubrica rappresenta la traccia comune da seguire in rapporto alle tre dimensioni accennate e garantisce unione e coerenza a tutto l’assetto valutativo. L’elaborazione di rubriche educative costituisce il momento importante sia nella progettazione che nella valutazione degli apprendimenti, esplicitando i risultati attesi su cui sviluppare i progetti didattici. Esempi significativi a livello internazionale di rubrica valutativa sono il progetto Pisa26 e il Framework europeo delle lingue straniere27.

Quarto assioma: la principale funzione della valutazione scolastica è regolativa. Nell’ambito scolastico si attua la valutazione per attuare azioni didattiche, le prestazioni, ma si valuta anche per controllare e migliorare l’offerta formativa. Controllo e miglioramento sono due azioni che si integrano tra loro, sostenendosi a vicenda. Il controllo necessita della valutazione esterna (un buon controllo richiedere soprattutto imperturbabilità ed imparzialità), invece il miglioramento richiede una valutazione interna (definibile come un autocontrollo ponderato degli stessi attori del contesto educativo, allievi e insegnanti). È chiaro che, nonostante l’importanza del miglioramento, la valutazione non può tralasciare il controllo. Risulta importante una complementarietà tra le due valutazioni per non cadere in errore, poiché il solo controllo esterno diventa un abuso di potere che crea assuefazione, la sola valutazione interna potrebbe ridursi ad un misero circolo autoreferenziale.
Bisogna dunque eliminare il circolo vizioso per ricrearne uno virtuoso, dove attuare un cambiamento proficuo, composto da un’azione valutativa integrata, che sia interna ed esterna, essenziale per moderare i progetti formativi e i contesti dove vengono attuati.





17 Barbier J.M., (1989), La valutazione nel processo formativo, Torino, Loescher.
18 Tassaro F., (2002), Metodologia e didattica dell'insegnamento secondario, Armando Editore
19 Ibidem
20 H.G.Gadamer (1985) affronta i tema, proponendo la sospensione del giudizio. Una valutazione più sobria
rassicura l’allievo, sentendosi rassicurato nel provare ed eventualmente sbagliare senza la pressione del controllo punitivo. Inoltre permette di identificare le esigenze individuali del singolo, rispettandone i tempi ed i ritmi di apprendimento e di maturazione.
21 Tassaro F., (2002), Metodologia e didattica dell'insegnamento secondario, Armando Editore
22 Nell’effetto alone, la percezione di un tratto è influenzato da uno o più tratti. Un esempio calzante può essere valutare positivamente un alunno in base al ceto sociale elevato. Oppure giudicare a primo impatto intelligente un individuo solo perché di bell’aspetto.
23 Nell’effetto Pigmalione, se l’insegnante crede un alunno poco dotato, l’alunno stesso interiorizzerà il giudizio e si comporterà di conseguenza, creando così un circolo vizioso dove l’allievo diventerà proprio come l’insegnante lo immaginava.
24 Pellerey M., (2004), Le competenze individuali e il Portfolio, Firenze, La Nuova Italia.
25 Castoldi M., (2016), Valutare e certificare le competenze, Roma, Carocci.
26 Il Programma per la valutazione internazionale dello studente (Programme for International Student Assessment, meglio noto con l'acronimo PISA) è un'indagine promossa dall'OCSE a livello internazionale, nata per valutare con periodicità triennale il livello di istruzione degli adolescenti.
27 Il Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER), o semplicemente Framework, è un sistema impiegato per valutare le abilità conseguite da chi studia una lingua straniera europea, oppure indicare il livello di un insegnamento linguistico negli ambiti più variegati.

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La valutazione tra didattica a distanza e Metodo Montessori

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Biafore
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2020-21
  Università: Università Telematica Pegaso
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze pedagogiche
  Relatore: Cristian Simoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 77

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