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Disturbo da stress post-traumatico e la sindrome del sopravvissuto: il ruolo del senso di colpa nelle risposte alla sofferenza e la rinascita dal dolore

Gli eventi traumatici e la risposta dell'individuo

L'essere umano, per sua natura, tende da sempre a dare una spiegazione agli eventi della propria vita, ad interpretare e attribuire significati a ciò che gli accade.
Come descrive il noto psicoanalista Massimo Ammaniti, «fin dalla nascita la nostra mente è costantemente impegnata a cercare di rappresentarsi quello che avviene, a trovare continui significati e ad inserirli nella propria biografia personale, per garantirsi un senso di continuità e di coerenza personale, condizioni necessarie per vivere in un modo prevedibile e comprensibile» (Ammaniti, 1999, s.p.).
Questo bisogno di prevedibilità dell'uomo rende evidente l'implicazione della sofferenza che il trauma porta con sé, in quanto se da una parte ogni esperienza della vita quotidiana diventa per l'individuo rappresentabile «nella rete dei ricordi personali» (Ibidem), l'esperienza traumatica è al contrario irrappresentabile nella mente che «per natura ha bisogno di incasellare i fatti nell'universo dei significati umani» (Ibidem), all'interno del quale però, per le sue caratteristiche, il vissuto traumatico non trova posto.
È proprio questa perdita di ogni capacità di significazione dell'individuo a rendere il trauma psichico «un'interruzione dolorosa ed imprevedibile dello scorrere regolare degli eventi» (Ceciliani, 2018, s.p.).
In quanto ferita che si crea nel corpo e nell'anima in seguito ad un evento che viene percepito come minaccioso e pericoloso per l'incolumità della persona, esso «rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo» (https://emdr.it/index.php/trauma/, s.p.) creando un «divario tra ciò che era "prima" dell'evento traumatico e ciò che si è verificato "dopo"» (Zaccagnino, 2017, 61).
Il trauma determina quindi una «rottura dell'esperienza quotidiana e della memoria» (Ammaniti, 1999, s.p.) che, invadendo violentemente l'organizzazione psichica del soggetto, rende insufficienti le sue normali risposte adattive (Zannini, 2001). A caratterizzare il trauma psichico è proprio «l'impossibilità di reagire efficacemente ad una minaccia» (Liotti – Farina, 2011, 32) essendo «emotivamente non sostenibile per chi lo subisce» (Ibidem) al punto da indurre una totale modifica dell'immagine del mondo e della vita, oltre che un senso di impotenza e fragilità.

Il trauma, come si è detto all'inizio, è quindi definibile come un'«esperienza di sopraffazione di una persona da parte di uno stimolo eccessivo e straordinario che la rende priva di difese e incapace di reagire» (Herbert – Diodonna, 2006, 15) in quanto vicenda «improvvisa, travolgente e spesso incomprensibile nei suoi effetti e conseguenze» (Ibidem).
L'evento traumatico, infatti, essendo straordinario ed imprevedibile non lascia il giusto tempo di "prepararsi" al cambiamento improvviso a cui si è messi di fronte (Ivi)8 ed è quindi irrappresentabile nel sistema di significati, in quanto la sua straordinarietà priva l'individuo delle proprie difese, rendendo impossibile qualsiasi operazione di simbolizzazione (Lalli, 2005). Perciò l'evento viene percepito come estraneo, come «una minacciosa intrusione all'interno dell'apparato psichico della vittima» (Ivi, 9).
Sono varie le forme di esperienze potenzialmente traumatiche a cui si può andare incontro nella vita. In genere traumatico è definito quell'evento che «minaccia la vita o l'incolumità propria o di altri e che, superando la capacità dell'individuo di padroneggiarlo, induce emozioni di paura, collera e dolore accompagnate da un sentimento di impotenza» (Zaccagnino, 2017, 61-62). Questa tipologia di traumi comprende tutti quegli eventi la cui natura traumatica risulta essere oggettiva, data la minaccia all' integrità fisica o il pericolo di morte che costituiscono e sono per questo chiamati Traumi con la T maiuscola (https://emdr.it/index.php/trauma/). In questa categoria rientrano tutti quegli «eventi di grande portata, come ad esempio disastri naturali, abusi, incidenti» (Ibidem, s.p.).
Esistono però anche altre esperienze, definite traumi con la t minuscola, che fanno riferimento a situazioni la cui traumaticità è oggettivamente poco significativa e il cui carattere disturbante può quindi essere definito solo da un punto di vista soggettivo (Ibidem). Appartengono a questa categoria quegli eventi identificati come «traumi relazionali ovvero esperienze dolorose vissute nel rapporto con l'altro» (Zaccagnino, 2017, 62) che, sebbene apparentemente poco invalidanti, comportano «numerose conseguenze per la salute psicologica degli individui» (Ibidem).
Questa distinzione evidenzia come il trauma possa essere osservato da un punto di vista soggettivo9 oltre che oggettivo. La natura traumatica del vissuto traumatico deriva, infatti, dall'impatto che l'evento comporta sull'individuo, facendo così emergere come la reazione individuale sia strettamente collegata all'organizzazione cognitiva ed emotiva del soggetto (Algeri, 2019), che può di conseguenza interferire nella rielaborazione del trauma.

Ma cosa accade nell'individuo durante un evento traumatico?
La circostanza traumatica è percepita dalla persona come un pericolo a cui dare risposta ed essendo «il nostro organismo […] programmato per sopravvivere […] nelle situazioni che rappresentano per noi una minaccia, dobbiamo rispondere molto rapidamente» (Herbert – Diodonna, 2006, 37). Prende così il controllo il sistema di sopravvivenza che, automatico e veloce, «serve a bloccare i […] normali processi di pensiero razionale, poiché sarebbero troppo lenti nelle situazioni di pericolo imminente» (Ibidem).

8 «Le esperienze traumatiche accadono improvvisamente e inaspettatamente. Solitamente, quando si tratta di esperienze nuove, abbiamo un po' di tempo per abituarci al cambiamento. Anche quando dobbiamo far fronte a esperienze di vita difficili, spesso disponiamo di un lasso di tempo prima dell'evento in cui possiamo prepararci. Di solito, più tempo abbiamo a nostra disposizione per abituarci alle esperienze difficili, più ci sentiamo preparati e più facile sarà per noi gestire la situazione. Questo succede perché abbiamo avuto il tempo per cambiare e adattare le nostre aspettative» (Herbert – Diodonna, 2006, 36).
9 «Ricerche più recenti, di carattere trans-culturale, ci mettono ben in guardia nel definire un episodio traumatico in termini assoluti. Se è vero che le persone reagiscono al trauma sulla base del significato che viene attribuito e poiché questo significato è in gran parte di origine sociale, lo studio del fenomeno traumatico non può prescindere dall'esame che di quell'evento ne ha dato il gruppo di appartenenza. […] La cultura occidentale nell'analisi dei fenomeni traumatici si esprime attraverso chiavi di letture che esaltano l'individualismo come gli è proprio fare. Viceversa in società ad esempio ove prevale la dimensione del sociale, del gruppo, lo stesso fenomeno assume chiavi di interpretazione completamente diverse. Ecco allora che il trauma non può assumere un significato assoluto bensì relativo. […] Questo cambiamento di prospettiva diventa fondamentale per definire anche le conseguenze che un determinato evento può avere sul soggetto e per prevederne l'impatto emotivo» (Zannini, 2001, 5).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Disturbo da stress post-traumatico e la sindrome del sopravvissuto: il ruolo del senso di colpa nelle risposte alla sofferenza e la rinascita dal dolore

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Informazioni tesi

  Autore: Claudia Rufini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Pontificia Università Salesiana
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Psicologia
  Relatore: Cinzia  Messana
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 74

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Parole chiave

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