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La convergenza retorica di destra e sinistra: il pubblico europeo e il teatro della sovranità

I partiti populisti e l'anti-elitismo

Come è stato già sottolineato, l'appeal dei partiti populisti di destra è fondato anche sulla retorica dell'essere forze anti-establishment. L'atteggiamento di risposta delle élite al governo, spesso manifestato in un'esclusione aprioristica dal dialogo delle controparti populiste, ha spesso giocato in favore di questi partiti che, rilegati all'interno di un circuito chiuso del dibattito pubblico, hanno potuto rinforzare la loro immagine di forze di opposizione. Si concretizza qui quello che Mouffe definisce un approccio moralistico, un atteggiamento controproducente da parte dei partiti tradizionali (non necessariamente al governo ma comunque in una posizione di rilevanza pubblica rispetto ai nemici tacciati di populismo). Demonizzando i partiti per le loro posizioni ideologiche e recintandoli all'interno di un cordone sanitario si permette, secondo la politologa belga, la radicalizzazione della logica noi/loro, aiutando il nemico a definire la propria identità sulla base dei un rifiuto esterno al dialogo. Questo approccio impedirebbe anche la comprensione delle cause che hanno portato la forza politica nemica alla ribalta, riducendo le così possibilità di batterla sullo stesso terreno. Mouffe prende come caso studio particolare la vicenda austriaca dell'ascesa dell'FPÖ (Partito della Libertà Austriaco) grazie alla leadership del populista Jörg Haider. Non appena preso il timone come segretario nazionale del partito nel 1986, Haider individua immediatamente il grande nemico attorno a cui costruire la propria retorica, e trasforma l'FPÖ in un partito di protesta contro la Grande Coalizione, formata dall'alleanza fra i cattolici moderati del Partito Popolare Austriaco (ÖVP) e dal Partito Socialdemocratico d'Austria (SPÖ). La campagna per le elezioni del 1999 riesce a portare all'FPÖ il 27% dei voti, anche e soprattutto grazie alla campagna di demonizzazione delle forze dell'establishment dei governi precedenti:

La classe politica governante tiene in pugno la formazione dell'opinione pubblica, mentre l'opinione individuale viene trascurata. […] Le idee e le opinioni dei cittadini non possono tradursi in messaggi diretti, ma vengono usurpate da istituzioni, gruppi di interesse e partiti. Fra di essi e lo stato sussistono dei giochi di potere, che lasciano pochi spiragli alla libertà individuale e all'auto-determinazione.

La “classe politica governante”, il loro nella retorica di Haider, non è solo una controparte che la pensa diversamente, ma viene dipinta come una vera e propria avversaria della libertà, nemica non solo del partito ma dell'intera nazione e infine della democrazia stessa.

Un modello ante litteram per il populismo e per la propaganda anti-elitista propugnata dai partiti populisti contemporanei può essere rinvenuto nel Fronte dell'Uomo qualunque. Tarchi definisce questo movimento, nato nel 1944 in seno all'omonimo settimanale satirico del giornalista di Guglielmo Giannini, come «la prima grande manifestazione del clima psicologico di ostilità verso la politica e chi la dirige», già diffuso in Italia negli ultimi anni del regime fascista e consolidatosi dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Giannini dà voce al malcontento dei ceti minori, in particolare la
piccola borghesia ma non solo, nei confronti della classe dirigente i cui errori avevano condotto al conflitto mondiale. Il prototipo del cittadino a cui questa propaganda si indirizza è ben descritto dal simbolo assunto dalla testata prima e dal partito politico poi, raffigurante un omino schiacciato da un torchio – manovrato sia da destra che da sinistra – e spremuto dei suoi denari.

Da un lato, la Folla, intestataria di virtù come il buonsenso, la morale e intenzioni benevole, dall'altro i Capi, gli “upp” (Uomini politici di professione), rappresentati come un male che affligge la Comunità e da sradicare:

questo professionismo politico, in forza del quale accade che qualche migliaio di uomini possa vivere del mestiere di reggitore del popolo sacrificando i popoli, dev'essere eliminato come sono state eliminate la sifilide ed altre malattie già mortali.

Gli upp vengono ancora definiti «parassiti del lavoro comune», «verminaia di Capi Sottocapi e Aspiranti Capi intorno al potere, nella quale ciascun verme vuol mangiare l'altro e teme di essere mangiato dall'altro»; e ancora:

che importa a noi dei vari upp più o meno personalmente probi e tutti ugualmente e politicamente parassitari? Ciò che noi chiediamo, noi gente, noi Folla, noi enorme maggioranza della Comunità, noi padroni della Comunità e dello Stato, è che nessuno ci rompa più i coglioni.

La ripetizione del noi e l'utilizzo di metafore colorite e di un linguaggio che non disdegna di diventare volgare rientrano appieno nei canoni di uno stile retorico diretto e immediato, che non è difficile riscontrare nella prassi comunicativa dei populisti contemporanei; luoghi comuni e massime proverbiali, insieme, sortiscono l'effetto desiderato: farsi portavoce del sentire comune, ponendosi sullo stesso piano lessicale e comunicativo dell'uditorio. Il linguaggio franco e quasi brutale sottintende dunque un messaggio fortemente anti-elitario, «per dimostrare di non temere di dire a voce alta quello che molti pensano in silenzio […] e mettere sotto accusa l'ipocrisia e la sofisticazione elitaria del lessico adottato dagli avversari». Basti pensare al nome scelto dal Movimento 5 Stelle per l'iniziativa che nel settembre 2007 ha portato nelle piazze delle principali città italiane attivisti e sostenitori, il V-Day (Vaffanculo Day). O ancora si guardi ai nemici della Lega, e dunque per estensione nemici del popolo vero, appellati da Matteo Salvini come «professoroni», «soloni» e «geni», posti in contrapposizione del leader lombardo, che si descrive un «povero, umile e ignorante Ministro dell'Interno» anche se «un po' di palle e un po' di coraggio penso di saperli mostrare».

Questo schema retorico viene applicato dai partiti populisti ogni qualvolta il discorso sia indirizzato ad un nemico istituzionalizzato. Nel programma della Lega (in quel periodo ancora conosciuta con il nome completo di Lega Nord) per le elezioni del Parlamento Europeo del 2014, si legge come i funzionari della Commissione «eurocrati» non siano altro che esperti nominati in «misteriosi “comitati”, incaricati ad esempio di trovare l'algoritmo dello sciacquone perfetto piuttosto che del frigorifero ideale». [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

La convergenza retorica di destra e sinistra: il pubblico europeo e il teatro della sovranità

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Informazioni tesi

  Autore: Marianna Mancini
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Interfacoltà: dipartimento di Scienze Politiche, di Antichità, Filosofia e Storia e di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo
  Corso: Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo
  Relatore: Alberto Giordano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 149

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