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Il revisionismo e il caso fascista: un'analisi realista

I passaggi della politica fascista: dal revisionismo incrementale al revisionismo rivoluzionario

Nonostante lo stato di insoddisfazione appena analizzato, l'Italia fascista non attuò subito una politica revisionista, anzi, appena salito al potere, Mussolini, rassicurò le potenze alleate nei confronti del sospetto revisionista (Di Nolfo, 1954), preoccupandosi di affermare il principio dell'inviolabilità dei trattati dichiarando che essi «buoni o cattivi che siano, una volta che sono stati firmati e ratificati, vanno eseguiti. Uno Stato che si rispetti non può avere altra dottrina» (Mussolini, 2022: 323); è importante specificare però che allo stesso tempo introdusse l'idea che il rispetto di essi non escluda necessariamente l'impossibilità di rivederne alcune parti lì dove la loro modifica sia condivisibile (Di Nolfo, 1954), in quanto, anche secondo le teorie realiste11, solo la desiderabilità comune di un cambiamento potrebbe garantire delle modifiche della politica mondiale senza l'uso o la minaccia della forza militare (Carr, 1939).

I trattati firmati dopo la Prima guerra mondiale rappresentarono la base formale su cui l'ordine post- bellico si formò e furono diretti a garantire in Europa una pace il quanto più duratura possibile (Grieco et al., 2017; Sabbatucci e Vidotto, 2019).

Come lo stesso Kissinger affermò, un ordine non entra in crisi quando ci sono delle richieste di aggiustamento, ma anzi, quest'atto dimostra che gli stati considerano pienamente legittima la cornice normativa dell'ordine tanto da non sentirsi minacciati nel caso in cui un attore ne chiedesse delle piccole modifiche volte a rendere il sistema maggiormente soddisfacente garantendone così la sua stessa stabilità attraverso il mantenimento della dinamica della sicurezza relativa (Kissinger, 1957).

La richiesta di una loro modifica da parte di Mussolini non deve essere quindi interpretata come strategia revisionista ma come il tentativo di uno stato di ricercare una migliore distribuzione delle risorse per sentirsi maggiormente soddisfatto dell'ordine di cui si sente parte e al quale vuole comunque essere conforme (Di Nolfo, 1954; Kissinger, 1957).

Morgenthau, così come gli altri autori realisti precedentemente analizzati, definiscono precisamente l'obiettivo del revisionismo ovvero il totale stravolgimento dello status quo (Carr, 1939; Morgenthau, 1948; Schuman, 1948; Wolfers, 1962); ed è chiaro che questo scopo non può concretizzarsi attraverso dei meri aggiustamenti. Inoltre, sempre secondo il realismo la strategia da attuare per conseguire l'obiettivo passa inevitabilmente per la guerra e l'Italia non avrebbe mai preso questa iniziativa e la sua stessa politica di revisione dei trattati serviva ad evitarla (Di Nolfo, 1954; Davidson, 2002).

Ragionando in questi termini si evince che, nonostante l'Italia rientrasse nel gruppo dei paesi europei caratterizzati da un risentimento inerente non solo all'esito della guerra ma anche al modo con cui la pace è stata gestita, creando un forte disequilibrio tra stati potenti e stati inermi, ovvero soddisfatti e insoddisfatti (Di Nolfo, 1954); per quanto riguarda gli anni subito successivi alla presa del potere, non si può parlare di revisionismo fascista.

11 Si fa riferimento alla teoria precedentemente illustrata del cambiamento pacifico. Per approfondire si veda CARR, E. (1939), The Twenty Years' Crisis, 1919-1939, London, Macmillan.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il revisionismo e il caso fascista: un'analisi realista

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Informazioni tesi

  Autore: Alice Quintili
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Silvia Bolgherini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 51

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Parole chiave

italia
fascismo
relazioni internazionali
revisionismo
scuola realista
hans morgenthau
revisionismo fascista
paradigma realista

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