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La nozione di prototipo e le sue applicazioni linguistiche

I prototipi in linguistica: effetti prototipici nelle categorie grammaticali. Utilizzi in ambito tipologico

Dopo aver esaminato il modello prototipico nella psicologia e antropologia cognitiva ci occupiamo ora di come esso sia stato utilizzato dai linguisti per trattare oggetti linguistici di natura non elementare. Le forme linguistiche in sé infatti costituiscono delle categorie, e vedremo come alcuni studiosi si siano soffermati sulla definizione di enti linguistici e sulla strutturazione del significato di essi. Soprattutto quest'ultimo aspetto ci dimostra come il rapporto con la psicologia cognitiva sia di complementarità, poiché solo i dati linguistici forniscono una conferma effettiva della struttura dei
concetti. Analizzeremo l'applicazione del modello prototipico a categorie linguistiche di definizione complessa proprio perché corrispondenti a nozioni semantiche primitive.
Innanzitutto è necessario comprendere come avvenga che anche nelle categorie linguistiche si possano riscontrare effetti prototipici, almeno partendo dall'assunto che il linguaggio faccia uso di "meccanismi cognitivi generali" (Lakoff 1987: 59) e non sia un modulo a sé stante.
La linguistica cognitiva ha sviluppato "una concezione della struttura semantica che va contro la teoria classica" (Lewandowska-Tomaszczyk 2007: 144), e a questo proposito è necessario non solo individuare effetti prototipici specifici ma anche "un pattern radiale della struttura semantica che funga da modello generatore degli effetti prototipici" (ibidem). Chiariamo che la radialità di una categoria è una caratteristica della sua struttura, ed è generatrice di effetti prototipici: ci sono estensioni del membro centrale che vanno a costituire gli enti periferici della categoria stessa, e queste estensioni avvengono grazie ad alcuni principi generali che Lakoff affronta in alcune parti della sua monografia (1987). Quello che più ci interessa in questa sede è sottolineare che la radialità di una categoria, quindi la presenza di membri centrali e membri periferici, è sintomo di una asimmetria strutturale della categoria stessa. È qui che possiamo arrivare a collegarci con l'applicazione della nozione di prototipo all'analisi delle categorie linguistiche, dal momento che, come leggiamo in Lakoff (1987: 59) "lo studio di alcuni tipi di asimmetrie all' interno delle categorie ê noto in linguistica come lo studio della marcatezza". Vedremo nei prossimi paragrafi le differenze fra le analisi effettuate da alcuni linguisti: ora vorrei proporre seguendo Lewandowska-Tomaszczyk (2007: 151) un riepilogo dei principali effetti prototipici in modo che sia possibile poi dirimersi fra i complessi schemi proposti per le categorie linguistiche:

-sul piano del referente, la non-uguaglianza si manifesta per mezzo di differenze di salienza fra i membri della categoria, e la non-frammentabilità si riflette nella fluttuazione dei margini delle categorie;

-sul piano semantico, la non-uguaglianza si manifesta per mezzo di strutture radiali polisemiche, e la non-frammentabilità nell'assenza di definizioni in termini di attributi necessari e sufficienti (come accade invece nell'approccio classico).

Il primo punto è forse quello che più ci interessa ai fini della trattazione delle categorie grammaticali: osserveremo differenze morfologiche fra forme prototipiche e marginali di Soggetto, Verbo o Aggettivo, Nome.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La nozione di prototipo e le sue applicazioni linguistiche

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Informazioni tesi

  Autore: Gaia Carfora
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Pavia
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Sonia Cristofaro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 63

FAQ

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