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I culti in grotta nel Mediterraneo fenicio e punico

I riti legati alla navigazione

Nell'espansione marittima dei Fenici verso Occidente risulta indubbio il ruolo fondamentale ricoperto dalle divinità a cui gli stessi Fenici (e Punici) si rivolgevano in cerca di protezione durante i loro viaggi non esenti da pericoli di ogni tipo. Per queste ragioni, numerosi settori delle coste mediterranee vennero sacralizzati dai naviganti frequentatori di tali coste361, non esclusivamente da genti fenicie, quindi, ma anche da Greci in cerca della medesima protezione.

In corrispondenza delle zone di approdo delle imbarcazioni provenienti da Oriente, secondo quanto informano le fonti classiche (che menzionano, però, soltanto il nome delle divinità greche o latine assimilate a quelle fenicie), si realizzavano preghiere, libagioni e sacrifici in onore di tali divinità ringraziandole per l'aiuto ricevuto durante il viaggio che fin lì li aveva condotti e chiedendo loro ulteriore ausilio per l'avvenire; queste aree, ora sacre, in un momento successivo si sarebbero convertite in santuari, non associati, però, ad una vera e propria struttura architettonica, dei quali pertanto non è rimasta alcuna testimonianza archeologica362.

Per quanto riguarda, invece, le fonti letterarie (come anticipato in precedenza, di tradizione greco-latina), queste riportano notizie relative a numerosi tratti costieri consacrati a differenti divinità. Una posizione di spicco a riguardo è ricoperta dalla figura di Eracle-Melqart, divinità sincretica a cui furono dedicati numerosi santuari vincolati alle attività marittime dei fenici363: egli, in quanto dio tutelare di tali templi, rivestiva l'incarico principale di custode degli interessi economici delle élite fenicie che operavano nella zona. La divinità vincolata al mare e protettrice della navigazione (incarnata talvolta in Eracle-Melqart, ma spesso nel Baal Hamón conosciuto dai Greci come Crono e dai Romani come Saturno), però, non godeva di una venerazione esclusivamente diretta ad essa, ma è molto probabile che i tratti costieri di cui sopra venissero consacrati allo stesso tempo ad una divinità agraria (quale Baal Safon/Zeus Casio) che avrebbe garantito il controllo del territorio circostante e la fertilità dei campi qui presenti una volta stabilito l'insediamento permanente.

In associazione alla venerazione delle divinità marittime e agrarie, in corrispondenza di numerosi santuari fenici è testimoniata la realizzazione di rituali legati alla movimentazione e al riposizionamento di ancore, oggetti chiaramente vincolati all'elemento marino: per esempio, a fronte di una loro ubicazione iniziale nell'area sacra in qualità di offerte votive, in un secondo momento tali ancore si pensa venissero spostate dai marinai fenici, secondo alcuni per una ragione semplicemente funzionale (forse la loro disposizione rendeva difficile l'accesso all'area sacra), secondo altri, invece, a scopo rituale, evocando, attraverso la rotazione (movimento attraverso il quale questo spostamento si produceva) di uno strumento a cui il marinaio attribuiva fermezza, stabilità e quindi sicurezza, un felice ritorno a casa. Sempre da ricondurre alla sfera marina sarebbero i rituali, di cui si ha testimonianza numerosa anche nelle grotte-santuario mediterranee, che prevedevano lo scagliamento di oggetti votivi contro le acque del mare364.

Nei testi classici è menzionata anche l'adorazione della Afrodite/Venere classica (dunque la Ishtar/Astarte vicino-orientale) in associazione a numerosi luoghi di culto ubicati lungo le coste della Penisola Iberica, in onore della quale venivano di frequente donate offerte destinate a deperirsi nel tempo e, conseguentemente, difficili da documentare per l'archeologia: tra queste, alla dea era consacrata una particolare specie di pesce, l'orata365, ma anche il rinvenimento di conchiglie sarebbe da considerarsi indizio di una possibile venerazione della Dea del Mare (incarnata in epoca classica nell'Afrodite/Venere, l'Astarte fenicia) in quanto garante di una continuità delle attività in relazione a tale elemento naturale366.

Altra divinità menzionata nelle fonti classiche in relazione ai culti praticati nei santuari ubicati sulle coste della Penisola Iberica è, secondo l'appellativo con cui gli Elleni la conoscevano, la dea Artemide. Anch'essa risulta, in parte, vincolata all'elemento marino, in qualità di protettrice della navigazione e dei viaggi a cui, secondo diverse testimonianze letterarie, si era soliti offrire in dono, tra le altre cose, dei pesci367: infatti, nota nella tradizione classica è la sua accezione quale custode dei pescatori (tanto che tra gli epiteti con cui era conosciuta figuravano quello di "Limnatide"368, traducibile come "Lacustre", e quello di "Signora dei Pesci"369). Anche Atena, come noto, era associata nell'antichità alla protezione dei viaggiatori, pertanto sono state avanzate delle ipotesi di un possibile legame tra tale divinità e l'elemento marino destinatario del culto fenicio: infatti, pur non essendo una dea propriamente marina, Atena risultava facilmente vincolabile al mare in quanto protettrice della techné e, di conseguenza, della costruzione navale; secondo questa logica, i naviganti si convertivano così nei suoi principali protetti e, gli stessi, realizzavano in suo favore offerte di oggetti quali timoni, oltre che la fondazione di santuari a lei dedicati370.

In conclusione, risulta evidente dall'analisi della documentazione archeologica e in special modo letteraria una comunione di intenti da parte dell'elemento fenicio e di quello greco con riferimento alla venerazione di divinità, interpretate dagli uni e dagli altri secondo le proprie credenze religiose, ma che condividevano la funzione di protettrici delle attività di navigazione praticate da entrambe le componenti etniche. Tale punto di contatto si riflette nell'utilizzo delle medesime aree sacre da parte di ambedue le comunità e, talvolta, nella realizzazione di riti simili, se non uguali, che vedevano come protagonista indiscusso l'elemento marino.


361 Romero Recio 1997: 389-406.
362 Romero Recio 2008: 76.
363 Van Berchem 1967: 73-109.
364 Romero Recio 2008: 78-80.
365 Romero Recio 2000: 70-72.
366 Ivi: 70.
367 Ateneo, VII, 325a.
368 Artemidoro, Onirocritica, 2.35.
369 Picard 1922: 60.
370 Romero Recio 2008: 84.

Questo brano è tratto dalla tesi:

I culti in grotta nel Mediterraneo fenicio e punico

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Motta
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Beni culturali
  Corso: Scienze dei beni culturali
  Relatore: Raimondo Secci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 116

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Parole chiave

archeologia
fenici
punici
grotte
grotta
santuario
archeologia fenicio-punica

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