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Architettura di legno in Italia e in Germania nel periodo dell’autarchia (1920-1940) - Possibilità di recupero dei meccanismi strutturali per la conservazione odierna

I trattamenti per il legno da finiture

In merito ai trattamenti con impregnanti e verniciature da applicare alle essenze destinate a impieghi di rifinitura e arredamento, erano state messe a punto una serie di tecniche, diverse in base alle caratteristiche del legno e al gusto del pubblico.
L’esperienza consigliava di trattare pino, abeti e larici, i legni più economici e più facili da lavorare, o lasciandoli grezzi oppure impregnandoli con acidi, trattamento che penetrava in profondità. In ogni caso era da evitare l’utilizzo di impregnanti che rimanessero in superficie.
Gli abeti davano i risultati migliori di tutti se trattati con acidi, mentre il pino poteva anche essere verniciato o addirittura laccato con una lacca naturale, capace di conferire al legno tenero uno strato esterno più duro.
Per gli arredamenti in legno dolce veniva inoltre consigliato il larice, anche solo verniciato e laccato, un legno che invecchiando si vestiva di un colore più scuro.
Per l'abete rosso, tagliato trasversalmente al nucleo e reso grigio, la lavorazione consigliata ed in voga nei primi anni ‘30, soprattutto per gli arredi interni, comportava che questo venisse scurito e spazzolato, secondo una lavorazione tipica dei Cinesi, dei Giapponesi e dei falegnami tedeschi.
I Giapponesi chiamavano questo abete rosso Suki-Moku, dal legno grigio ottenuto immergendo dei tronchi di abete rosso per 6,8,10 anni in stagni acquitrinosi contenenti ammoniaca. I tedeschi ottenevano lo stesso effetto in 14 giorni, mettendo le tavole in fosse scavate nella terra. La decomposizione naturale del legno sepolto nel terreno in inverno riusciva a rendere grigi i tronchi in tutto il loro spessore. Questa colorazione grigia risultava del tutto naturale e le cellule del legno non ne erano danneggiate, come nel caso di qualche colorazione artificiale.
In Germania il patrimonio in alberi di tasso era invece limitato. Poiché questa essenza era la conifera dalla crescita più lenta di tutte, caratterizzata da sottili anelli annuali e da una bella tonalità di rosso, adatta ad essere verniciato o laccato, risultava di prezzo elevato perché raro.
Dalla betulla, a seconda del luogo di provenienza, si ricavava un legno semplice oppure uno molto colorato e venato, dall’effetto simile a certi costosi legnami esteri, che poteva essere trattato o lasciato nella sua tonalità naturale.
L'acero, un legno quasi bianco usato di preferenza per l’arredamento d’interni, si presentava con una struttura uniforme e praticamente nessun disegno, per cui era piuttosto diffuso ed apprezzato.
C'era un periodo in cui si utilizzava anche molto acero grigio spento, che però col tempo diventava di uno sgradevole grigio-giallastro, per cui ben presto si trovò a scomparire dal mercato. Negli anni ‘30, invece, erano in corso alcuni tentativi per smorzare il colore con degli additivi acidi e dare al legno una tonalità marrone chiaro.
Anche il tiglio, essendo un legno dolce piuttosto bianco e uniforme, si adattava molto bene ad essere intagliato, mentre vari tipi di pioppo venivano spesso utilizzati per la fabbricazione di compensato. Il castagno, di qualità, disegno e aspetto modesti, non trovava un vasto impiego, mentre per il grande patrimonio tedesco di faggi era allora allo studio un nuovo trattamento, con cui il legno, tramite una particolare cottura, si colorava in tutto lo spessore di marrone, quasi come il legno di noce, e acquistava durezza, resistenza, stabilità nel colore ed un miglior comportamento dal punto di vista igroscopico.
Anche per la quercia, come per tutti i tipi di legno, non solo si potevano usare delle vernici, ma, per non farla diventare gialla, era buona norma sottoporla a trattamenti che cambiassero il meno possibile la sua tonalità naturale. Ogni trattamento, grazie alle caratteristiche dell’essenza, penetrando in profondità, durava più a lungo. Il fabbisogno in legno di quercia per lungo tempo era stato tale che ne venivano importati considerevoli quantitativi dall'Ungheria, Dalmazia, Romania, Russia, ma anche quercia americana e giapponese, essendo le querce molto diverse, con anelli annuali grandi o sottili, più scure o più chiare secondo il luogo di origine.
La maggior parte dei tronchi di quercia usati per i piloni principali di alcuni ponti provenivano dalla Spree e dall'Elster. Per la lunga permanenza sottoterra o nell'acqua, diventavano completamente grigi, quasi neri, ed erano conosciuti anche come “querce d'acqua”. In molti casi, la cosa migliore per preparare i tronchi era stagionarli molto lentamente in cantine umide. Il materiale risultava più tenero della quercia fresca, ma era molto apprezzato, poiché era grigio per tutto lo spessore, cosicché poteva essere lasciato grezzo oppure lisciato con la pelle dopo aver utilizzato carta a vetro, fino a dargli una tonalità un po’ più chiara.
Similmente all'abete grigio, si poteva colorare di scuro anche la quercia e poi utilizzarla grezza.
Si sa anche di esperimenti compiuti nel tentativo di colorare la quercia, come altri alberi, sul tronco vivo, tramite soluzioni a base di ammoniaca, in grado di colorare l’intero tronco in 1-2 giorni con un marrone completamente stabile alla luce.
L'olmo presentava essenzialmente le stesse caratteristiche della quercia, solo era meno poroso, e come il frassino, a dispetto degli sforzi delle falegnamerie tedesche, risultava poco apprezzato.
Spesso la quercia, l'olmo e il frassino venivano usati nella costruzione di carri, come legno duro e resistente.
Il ciliegio, tra i più belli e conosciuti legnami da mobili, presentava la difficoltà di non crescere in grandi coltivazioni, bensì singolarmente, cosicché ciascun tronco era diverso per struttura e colore. L'utilizzo di queste essenze avveniva per lo più al naturale o leggermente brunito. Anche l'albero del pero aveva un ruolo importante di preferenza nell'industria del mobile, essendo poco venato e segnato e di tonalità rosso rosata.
Il noce era il legno più pregiato per le finiture, in quanto dotato delle migliori caratteristiche di uniformità, essendo poco soggetto a crepe, ben levigabile, lucidabile, di un bel colore naturale e bisognoso di essere impregnato solo una volta, sia che fosse tedesco, francese, caucasico, americano o italiano. Il problema principale, semmai, era che tanto il noce caucasico e quello americano, quanto le diverse qualità di mogano, di palissandro e di ebano erano legnami gravati da valuta estera. Sembra, però, che la quantità importata non fosse poi così considerevole da avere un peso sull'economia tedesca. Oltretutto il nolo del trasporto via mare era più a buon mercato del trasporto per ferrovia, dato che le compagnie di navigazione valutavano molto poco il legno, trasportato come zavorra.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Architettura di legno in Italia e in Germania nel periodo dell’autarchia (1920-1940) - Possibilità di recupero dei meccanismi strutturali per la conservazione odierna

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Informazioni tesi

  Autore: Ilaria Gradi
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Architettura
  Corso: Architettura
  Relatore: Paolo Brandinelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 914

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