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Il ciclo politico-economico in Italia (1960-2008)

Il ciclo politico-economico nella letteratura

Il ciclo politicoeconomico è un fenomeno ancillare della democrazia, nel senso che accompagna la vita democratica quanto più questa si inoltra nell'era del controllo politico dell'economia, delle comunicazioni di massa e della competizione elettorale; sia nel senso di prestare un servizio non richiesto, corruttore del concetto di rappresentanza politica, sia nel senso di rendere economicamente più onerose le procedure democratiche. Si è in presenza, quindi, di costi politici e di costi economici.
Particolarmente attinenti al tema del controllo politico dell'economia sono la nascita della società pluralista, con il conseguente predominio dei gruppi, delle grandi organizzazioni e dei sindacati sui cittadini non organizzati e la rivincita degli interessi, che in una società tecnologica, burocratizzata e conflittuale trovano più ampio spazio per condizionare il comportamento dei rappresentanti in parlamento, al contrario della rappresentanza politica della nazione e del mandato libero, non revocabile, che sono conseguenza e fondamento della sovranità popolare.
È un fenomeno che corrompe la rappresentanza politica in quanto dà espressione a una volontà, quella del ceto politico, che non è quella degli elettori, né della nazione. Sovrappone le preferenze private dei politici a quelle dei cittadini attraverso un meccanismo che, partendo dalla manipolazione dell'economia, induce erroneamente gli elettori a premiare i politici di professione per condizioni economiche generali artificialmente create e quindi instabili e temporanee. Il ciclo politicoeconomico impedisce, inoltre, la formazione di un giudizio corretto sulle responsabilità, alterando se pur temporaneamente i dati di fatto.
Esso rappresenta un fallimento della rappresentanza politica e sarà sempre più rilevante quanto più la democrazia si affermerà come forma di governo. I fenomeni degenerativi che lo caratterizzano sono tanto più incisivi ed evidenti quanto più la democrazia è stabile e i conflitti sociali sono deideologizzati. Quando invece prevalgono le contrapposizioni ideo
logiche, le passioni, l'emergenza istituzionale e la debolezza del potere esecutivo, la manipolazione economico-elettorale resta sullo sfondo. Il consenso politico si cerca su altri piani, non per questo meno lesivi del principio di rappresentanza, e la situazione di crisi offre minori spazi di manovra ai grandi gruppi d'interesse per la realizzazione di rendite elettorali. I cicli elettorali sono una patologia della democrazia non solo per i costi politici, ma soprattutto per quelli economici, riassumibili in tre categorie.

1. Quelli derivanti dal controllo elettorale dell'economia che spingerebbe artificialmente i sistemi verso un tasso d'inflazione troppo elevato e un tasso di disoccupazione troppo basso rispetto alla norma. A cui si aggiungono la rilassatezza delle politiche monetarie e l'espansione sistematica della spesa pubblica a fine legislatura.

2. I costi collegati al processo di adattamento ad una fase ciclica ben realizzata. Gli agenti economici prenderanno, così, decisioni sulla base di aspettative che si riveleranno sorprendentemente false. Cosicché dopo le elezioni si dovranno fare i conti con nuove realtà.

3. I costi contrattuali addizionali impliciti nel ciclo politico degli interessi.

L'intensità dei costi della democrazia e la loro sistematicità dipendono in gran parte dal contesto storico e culturale in cui si attuano le procedure elettorali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il ciclo politico-economico in Italia (1960-2008)

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Informazioni tesi

  Autore: Camilla Massimini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze dell'amministrazione
  Relatore: Cosimo Magazzino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 94

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