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Paolo Gioli: fotografo senza macchina fotografica e filmaker senza macchina da presa

Il cinema di Paolo Gioli

Paolo Gioli è conosciuto in tutto il mondo come un grande fotografo ma non tutti conoscono la sua prima passione, quella del cinema; l’artista, infatti, ha al suo attivo ben trenta lavori un terzo dei quali inediti. Gioli sviluppa prima di tutto una fortissima attrazione per questo mondo; egli amava vedere immediatamente le immagini in movimento, per questo poi, si occuperà anche di fotografia che ritiene arte inseparabile dal cinema; con entrambi i mezzi si riescono a vedere le stesse cose ma in due modi diversi.
La permanenza newyorkese di Paolo Gioli tra il 1967 e il 1968 è all’origine del suo progressivo allontanamento dalla pittura che avverrà in maniera definitiva nel 1975, anno in cui l’artista decide di occuparsi definitivamente di fotografia e cinema. La molla che ha fatto scattare in Gioli l’interesse sempre più forte per queste arti è, sicuramente, la visione di film al New America Cinema (NAC), che hanno fatto emergere la possibilità di fare un cinema diverso, libero ed indipendente. Sempre in questi anni a Roma vengo fatte delle proiezioni di alcuni registi americani.
Nel 1967 in Italia, sul modello della NAC, viene fondata la Cooperativa Cinema Indipendente (CCI) che riuniva cineasti con caratteristiche molto diverse; ma questa cooperativa dura solamente due anni, infatti nel 1969 si scoglie. Gioli di trasferisce a Roma nel 1970 per alcuni anni, la CCI è sciolta, ma gli autori che vi facevano parte continuano a lavorare separatamente, nel film club romano Filmstudio 7028 dove vengono proiettati per la prima volta, nel 1973, i film di Paolo Gioli. Da queste situazioni l’artista prende gli spunti per iniziare una sua carriera che poi, però, prenderà una direzione del tutto autonoma, indipendente e personale.
Come il più famoso antenato del cinema, Lumière, l’artista sviluppa tutti i suoi film, li monta, li spezza, insomma fa tutto da solo, in maniera indipendente e questa è la definizione che meglio si addice all’artista e a tutto il suo lavoro; Gioli ama la dicitura filmaker e non cineasta proprio perché il primo è colui che realizza interamente i suoi lavori.
Le sue opere sono difficilmente classificabili e, proprio per questo, portano a delle continue riflessioni sul termine “genere” e su cosa esso sia, sullo “stile”, sulla “sperimentazione” e non sono quindi identificabili con nessuno di questi termini o categorizzazioni.
L’artista ha più volte mostrato inquietudine, insofferenza sulla classificazione del suo cinema come di un “cinema sperimentale” o su alcuna classificazione; non trova giusto definirsi sperimentale perché tale cinema è un cinema che tenta, che fa delle prove invece il suo lavoro è studiato ed elaborato, ciò che egli mostra non è mai una
cosa “colta al volo” ma è sempre meditata, l’artista vi ritorna più volte, non vi è nulla di sperimentato ma i suoi lavori sono opere compiute.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Paolo Gioli: fotografo senza macchina fotografica e filmaker senza macchina da presa

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandra Paoli
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Scienze e Tecnologie
  Corso: Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale
  Relatore: Alberto Cecchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 100

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