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Il metodo mafioso: dall’art. 416 bis c.p. ai più recenti sviluppi giurisprudenziali

Il concetto di mafia silente e la vicenda del c.d. ''terzo sistema''

Il concetto di mafia silente ha assunto, con l'evoluzione giurisprudenziale, svariati significati.
Tradizionalmente, il significato di mafia silente risulta essere sovrapponibile a quello di mafia delocalizzata: per mafie silenti si intendono, infatti, le cosche formate in aree refrattarie – non a tradizione mafiosa -, attraverso analoghi metodi di affiliazione e con una struttura organizzativa gerarchica mutuata dalla casa madre.

In realtà, Cassazione pen., sez. II, n. 53477, 15.06.2017, Benedetto (resa nel procedimento Colpo di coda) dà una interpretazione parzialmente difforme da quella appena accennata. In particolare, viene osservato come il problema della mafia silente sia "mal posto", nel senso che, quest'ultima, attiene ad una "situazione in cui un'organizzazione dalle caratteristiche mafiose, pur costituita ed esistente, non si sia ancora proiettata all'esterno in iniziative delinquenziali per la realizzazione del suo programma criminoso".

Ebbene, interpretato in tal senso, il concetto di mafia silente risulta slegato dal fenomeno delle mafie delocalizzate, assumendo autonomia rispetto ad esso e attenendo esclusivamente alla semplice creazione di strutture nuove, autonome e indipendenti e, talvolta, anche in contrasto rispetto a quelle che, teoricamente, potrebbero essere individuate come le associazioni madri.

Un'autonomia tale che in Cassazione pen., sez. II, n. 14948 del 11.12.2018 i Giudici, chiamati a pronunciarsi sulla mafiosità di una certa 'ndrina, riconduce la questione al tema delle mafie silenti, nonostante mancasse l'esteriorizzazione del metodo mafioso, definendola come un'espressione "con la quale si allude ad organizzazioni criminali, dagli inconfondibili connotati mafiosi, che non si siano ancora manifestate all'esterno con le imprese delinquenziali in vista delle quali sono state concepite, e quindi, non abbiano avuto ancora modo di proiettare all'esterno la forza intimidatrice di cui sono capaci".

È evidente come la sentenza appena citata dia un'interpretazione di "mafia silente" inclusiva anche dell'ipotesi in cui il sodalizio di nuovo ordine sia stato costituito nella propria terra d'origine.

Un ulteriore apporto innovativo al concetto di "mafia silente" è stato fornito da Cassazione pen., sez. V, n. 47535 dell'11.07.2018. Secondo il Collegio, in riferimento ai fenomeni di delocalizzazione della mafie storiche (e in particolare della 'ndrangheta), l'elemento base ed essenziale costituente il metodo mafioso verrebbe ravvisato "nella intrinseca, e non implicita, forza di intimidazione derivante dal collegamento con le componenti centrali dell'associazione mafiosa, dalla riproduzione sui territori delle tipiche strutture organizzative della 'ndrangheta, dall'avvalimento della fama criminale conseguita, nel corso di decenni, nei territori di storico ed originario insediamento".

Inoltre, è corretto "affermare […] che, ricorrendone i presupposti (strutturali, organizzativi, operativi), la c.d. "mafia silente" rientra nel paradigma normativo dell'art. 416 bis c.p., in quanto è capace di avvalersi di una forza di intimidazione intrinseca alla struttura dell'associazione mafiosa, nelle sue componenti centrali e delocalizzate, […] pur in assenza di forme di "esteriorizzazione" (che non coincide con il diverso concetto di "estrinsecazione") eclatante del metodo mafioso e della forza di intimidazione, che non deve essere ritenuta "implicita", secondo inammissibili logiche di accertamento presuntive, bensì "intrinseca" alla accertata capacità di egemonizzazione criminale dei territori propria delle più potenti e temibili associazioni mafiose".

In conclusione, possiamo affermare che la mafia silente è un concetto che esprime la mafiosità intrinseca dei sodalizi, a prescindere dal fatto che siano delocalizzati o centrali. Dunque, non necessariamente una mafia delocalizzata è anche una mafia silente e viceversa. Orbene, si tratta di una particolare forma di mafiosità che comunque deve necessariamente essere estrinsecata, ancorché non esteriorizzata. In altri termini, l'alone intimidatorio deve essere percepibile dai soggetti appartenenti al territorio in cui opera l'associazione (estrinsecazione), senza la necessità che tale estrinsecazione si realizzi mediante il compimento di atti violenti e minatori (esteriorizzazione).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il metodo mafioso: dall’art. 416 bis c.p. ai più recenti sviluppi giurisprudenziali

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Sorrentino
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2021-22
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Matteo Caputo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 246

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