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Rousseau e Canfora: La democrazia diretta dal modello alla realizzazione

Il contratto sociale

L’opera che meglio descrive il “patto sociale”, e la sua relazione con la libertà, è il “Contratto sociale”, “Du contrat social: ou principes du droit politique”, una delle opere più importanti di Rousseau. Quest’ultima venne pubblicata nel 1762, tuttavia, non mancarono espliciti riferimenti, durante la rivoluzione francese di qualche anno dopo, sui temi fortemente innovativi dell’elaborato. Esplicito, all’interno dell’opera, il richiamo sul tema “contrattuale” della civiltà, già posta nel 1755 dal Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini. Doveroso effettuare una distinzione concettuale tra il “contratto” descritto da quest’ultimo e la versione nell’opera Contratto sociale: la prima forma descritta non riceve una legittimazione giuridica ma si impone per forza propria, tacita, solamente con la creazione dei cittadini se ne riconosce la piena legittimazione giuridica. Divine nodo centrale della sua interpretazione il diritto, baluardo indiscutibile per l’esplicarsi della sovranità. Come accennato in precedenza, la sovranità diviene espressione della volontà generale, essa si origina, nella sua forma più pura, dalla libera discussione dei singoli, la cui capacità di esprimersi non sia vincolata o limitata. Per l’espressione di questa capacità, in maniera del tutto incondizionata, il ruolo fondamentale è svolto dalla società.
Jean-Jacques Rousseau parla di democrazia diretta come la sola forma di governo in grado si esprime la volontà generale del popolo, garanzia della libertà assoluta dei governati. Il fattore che costituisce un pericolo costante è l’infedeltà dei rappresentanti eletti. Nella prefazione “al Narcisse”, viene evidenziato il ruolo delle istituzioni politiche, in cui si sostiene che l’uomo sia corrotto dal “mal governo”, dunque si identifica la figura delle istituzioni politiche con quella della società: “Tutti quei vizi non appartengono tanto all’uomo, quanto all’uomo mal governato”.

In esse si esplica il dualismo tra l’uomo legislatore e le istituzioni, in cui il costante riferimento con il passato ne è la chiave di lettura, dove il popolo è assoggettato dalle capacità delle istituzioni e dalle figure carismatiche di esse. Tuttavia non vi può essere autorità legittimata senza il consenso di colui che è sottomesso, il potere legislativo, che appartiene al popolo, diviene, a questo punto, lo strumento che cristallizza la sovranità in un “patto sociale”. Esso è concentrato nelle mani del governo e dell’amministrazione statale, il cui per natura tende a sottrarsi all’autorità legislativa stessa. In quest’ultimo passaggio si esaurisce la violazione del patto sociale, dove si sostituisce la volontà generale con la volontà particolare del despota, i cittadini sono dunque costretti ad obbedire legittimamente. La figura del despota, secondo Rousseau, tenderà in ogni modo di scemare la sovranità popolare, solo la democrazia, espressa nella sua versione repubblicana, annienta questa tendenza per essere l’unico “governo sano”. Differenza sostanziale si sottende tra la figura del “suddito”, caratteristico della monarchia, al “cittadino”, creato da un processo di educazione pubblica. In parziale confronto si può esporre un parallelismo tra il ruolo del padre nella famiglia e lo Stato nei confronti del popolo. Il primo è mosso dall’amore del padre nei confronti dei figli, che ricevono aiuto e protezione, lo Stato invece converte l’amor proprio con l’obbedienza e il comando: “Il più forte non sarebbe mai abbastanza forte per essere sempre il padrone, se non trasformasse la sua forza in diritto e l’obbedienza in dovere”.
[…]

In cui il popolo è costituito da cittadini, detentori del potere sovrano, e sudditi solamente di fronte la legge e non davanti ad un tiranno. Ciò che viene violato è il fondamentale principio di aggregazione che muove alla creazione del patto sociale. Senza il vizio di cui è vittima la moderna civiltà, la forma di società repubblicana costituisce il miglior “corpo morale collettivo”, con particolare riferimento alla giustizia e al diritto. La sostanziale uguaglianza naturale delle origini viene sostituita con l’uguaglianza morale della moderna società.
All’interno del concetto di sovranità, Rousseau sottolinea che la volontà generale non può essere trasferita, può essere trasferito invece il potere di applicarla, intendendo la sovranità come una capacità inalienabile. La volontà si dirige al potere con il fine ultimo del bene collettivo. Evitare la diseguaglianza vuol dire evitare la creazione di società “parziali”, evitare che il cittadino sia influenzato nelle sue idee. Nella mancata reciprocità degli impegni che legano il corpo sociale nasce il seme dell’ingiustizia.
Le leggi per Rousseau sono un atto della volontà generale, intese come atti astratti ed equi, che mirano ad eguagliare i cittadini, promanati dalla volontà generale. Tutto ciò che invece perde questo caratteri di oggettività e risiede nel soggettivo non è più un atto di sovranità ma di magistratura, un decreto. Al di là della forma burocratica, uno stato che muovo nell’interesse del bene comune sottende alla legge come strumento e crea l’ambiente dell’associazione civile. Si interpone, tra i cittadini e la volontà generale, il governo, incaricato di esprime la reciprocità tra i due, mantenendo la libertà. Come in una azione individuale, partendo dalla morale e irradiando l’intento fisicamente, il governo deve costituirsi di proprie articolazioni: assemblee, consigli, diritti, titoli; tanto più forti quanto più forti sono le spinte individualistiche dei cittadini, al cui deve corrispondere un aumento della volontà generale morale.
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Proprio in merito al ruolo del governo, esso può rendersi artefice e depositario del corpo sovrano, in esplicamento di tutto o la maggior parte del popolo, definendo una democrazia, o, in alternativa, di una sola parte di esso, ovvero una aristocrazia, e ancora, nella configurazione di un singolo, una monarchia. Per Rousseau la forma migliore è la democrazia, tuttavia, essa detiene delle lacune, come l’abuso delle leggi, inevitabile effetto dell’unione tra potere legislativo ed esecutivo. Il solo caso in cui una democrazia sia libera da tale vizio è che sussistano delle condizioni: uno stato molto piccolo; semplicità di costumi; uguaglianza sostanziale e formale nella ricchezza: “se vi fosse un popolo di dei, esso si governerebbe democraticamente. Un governo così perfetto non conviene gli uomini”. Le prime forme di società affidavano il proprio governo all’aristocrazia intellettuale, dettata dall’esperienza di anziani e senato, la cui peculiarità fu sostituita nel tempo con la ricchezza e la potenza.
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La religione, con il suo carattere sacro, rafforza il senso di adesione e appartenenza al patto sociale, intersecandosi con il potere politico e consolidandolo. Nelle sue prime forme la religione viene evidenziata in un senso positivo, mentre con l’avvento del cristianesimo la prospettiva muta. Esso infatti crea, secondo Rousseau, una costante contrapposizione giurisdizionale tra potere civile e religioso:
[…]

Il Contratto sociale è un opera che Rousseau realizza durante una profonda crisi politica e sociale, egli infatti promuove e auspica l’importanza delle virtù civiche. Particolare risalto viene dato all’amor di patria; alla supremazia dell’interesse pubblico su quello privato; alla critica del comportamento della chiesa cristiana, in contrapposizione a quella della religione civile.
La progettazione teorica del testo rivendica il conflitto con il sistema monarchico, alle basi della teorica contrattualistica si rivendicano ideali di libertà ed uguaglianza. In particolare viene dato risalto all’espressione della sovranità tramite un autorità legittima, ovvero consensuale dei governati.
[…]

Secondo Rousseau, il contratto sociale, tuttavia, non è l’unica forma legittima di ordine pubblico, egli infatti si fa promotore di un sistema che promuovi l’autogoverno della società. Quest’ultima deve possedere le virtù fondamentali: la piena libertà dei suoi membri, senza alcuna interferenza; uguaglianza formale e sostanziale; semplicità di costumi e amor di patri124. Risulta inoltre necessario che le istituzioni politiche siano orientati e portavoce di questi principi morali. Assurgono a ruolo determinante: l'interazione del corpo sovrano con lo Stato; dei cittadini liberi e indipendenti tra loro e dipendenti dallo Stato; della disobbedienza alla pena e la necessità di leggi penali.
[…]

Nell’ultima parte si descrive la religione civile, fondamento indiscutibile dell’unità e saldezza della costituzione politica di uno stato. Ad esso affiancala critica anticristiana, fonte di divisione dell’uomo. Tale divisione discende dalla di due mondi, l’uno reale e tangibile, l’altro metafisico e astratto, la cui convivenza è, agli occhi di Rousseau, impossibile. L’uomo si trova ad essere cittadino di due mondi, una doppia fedeltà, tra il potere divino e quello politico. All’interno di questa divisione si contrappone l’interesse personale del “prete” con quello della società, in cui si ritrova il parallelismo tra interesse personale e volontà generale.
[…]

Nella sua teoria Rousseau pone al centro del contratto sociale il principio di libertà, in contrasto con le credenze religiose: “l'esistenza della divinità che è onnipotente, intelligente (dunque non necessariamente immanente), benefica, previdente e provvida. Una vita dopo la morte, la punizione dei malvagi e la premiazione dei giusti”. Al principio di libertà si affianca quello della tolleranza, delle leggi e del “sano” contratto sociale. Partendo da questa contrapposizione egli assume l’incompatibilità tra il cittadino e il suddito fedele.
Altro aspetto che trova ampia argomentazione riguarda la degenerazione dei copri politici, frutti naturali dell’evoluzione umana, ad esso si accompagna l’azione corruttiva che distrugge istituzioni e governo. Tale orientamento può comunque essere corretto tramite i “costumi pubblici”, riconoscere i dogmi proposti dal potere sovrano come pubblici, a patto che si persegua il fine comune. Si auspica una un governo legittimo in grado di correggere le inevitabili tendenza dello sviluppo umano, e in particolare gli interessi personali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Rousseau e Canfora: La democrazia diretta dal modello alla realizzazione

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Informazioni tesi

  Autore: Sandro Pucci
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze delle pubbliche amministrazioni
  Relatore: Maria Antonietta Falchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 147

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