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La Bella Scontrosa - Jacques Rivette tra cinema e pittura

Il corpo, pittore e modella - La messa in scena del nudo

Goffredo de Pascale afferma riguardo allo stile di Rivette: “L’ inquadratura viene impostata solo quando lo esige il movimento stesso del pensiero guida.” Rivette si comporta come uno scienziato che analizza cosa succede nella dinamica artistica in determinate situazioni. Il suo occhio è neutrale ed oggettivo. A tratti il testo sembra più un documentario che film. La durata del film è inferiore a quella dell’esperienza “vissuta”, ma essendo una ricostruzione che deve avvicinarsi quanto più possibile al vero, Rivette innesta la dilatazione. Sono quattro le giornate di posa e che vengono incorniciate tra una di presentazione e una di scioglimento.
Il tempo all’interno dell’atelier è però incontrollabile. Rivette sceglie delle lunghe scene senza tagli di montaggio, quando il gruppo di personaggi è riunito, rendendo le situazioni più accostabili ai ritmi di reali visite, dialoghi, incontri e sedute di posa ma al tempo stesso mostrando una situazione alquanto problematica. Nel rapporto tra pittore e modella, durante la preparazione del quadro, sono invece frequenti gli stacchi: soprattutto i campi controcampi tra gli occhi di lei e di lui ma ancora più spesso si alternano il corpo nudo di Marianne alle linee di colore sulle tele. Emanuelle, a proposito, afferma che talvolta avrebbe desiderato aspirare la m.d.p. verso di sé piuttosto che essere totalmente ripresa nella sua nudità, per mostrare esclusivamente il suo viso.

Rivette, del resto, ricorda la volontà che la macchina fosse un mezzo assolutamente neutrale e vi fosse profondità di campo senza soffermarsi su primi piani e particolari scabrosi. Sono due stadi di protezione della privacy diversi: Emanuelle vorrebbe fingere che il suo corpo non è nudo limitando l’inquadratura al solo viso, Jacques mostrare la nudità per intero ma senza fare del feticismo o primi piani imbarazzanti. Effettivamente le scelte di regia non oltraggiano in alcun modo la persona di Emanuelle Béart. Suggerisce De Pascale sull’atteggiamento di Rivette: “Lui ha questo modo di vedere, vedere e rivedere ancora, per andare fino in fondo, a voler cogliere l’essenza delle cose ma lasciando altresì allo spettatore il ruolo di interprete con potere discrezionale e gli riconosce così capacità e facoltà analitiche. Grazie alla profondità di campo scene intere sono girate senza interruzioni a volte anche con la macchina da presa immobile.

Gli effetti drammatici anziché essere affidati al montaggio, nascono dalla spontaneità degli attori all’interno dell’inquadratura”.
I collaboratori del regista evidenziano il suo modo di procedere ad “esplosioni” durante le riprese, assecondando con una sceneggiatura agile e flessibile un ispirazione mutevole, che trova continui spunti nell’interazione degli attori o, ancora meglio delle attrici. Tuttavia in questo film specifico preferisce lasciare meno elementi al caso riducendo l’improvvisazione e il numero di persone che si aggirano sul set per venire incontro al bisogno di privacy che la nudità di Emanuelle impone. Emanuelle sostiene che un nudo senza sapere cosa fare sarebbe stato insostenibile. Imbarazzante. Sceneggiatori e attori occupano quindi posizioni più classiche cinematograficamente e addirittura vivono esistenze separate (entrambe però supervisionate da Rivette).

Questo brano è tratto dalla tesi:

La Bella Scontrosa - Jacques Rivette tra cinema e pittura

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Bortoli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Verona
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Alberto Scandola
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 36

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