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Dallo sviluppo atipico alle dipendenze patologiche. Aspetti teorici, analisi dei fattori di rischio, prospettive di cura e prevenzione.

Il disagio infantile: la comparsa e l’osservazione del disagio

Nel suo significato più letterario, la parola “disagio” definisce uno stato di “scomodità” per la mancanza di ciò che necessita all’individuo per rendere agevole e comoda la vita. Il termine, infatti, rappresenta una condizione che si caratterizza per la mancanza di “qualcosa” senza, però, fornirci informazioni su ciò che risulterebbe assente e mancante tra i bisogni necessari per raggiungere la presupposta “comodità”.
Con il termine disagio si vuole quindi porre unicamente l’attenzione sulla mancanza di oggetti, spersonalizzando la soggettività, allontanandosi dalla dimensione intrapsichica per concentrarsi unicamente su una “utopica oggettività” che renderebbe comoda la vita.
Il termine disagio, in quanto termine ambivalente, ambiguo e aspecifico, è stato declinato con accezioni differenti, sia in riferimento ad una dimensione soggettiva legata al periodo dello sviluppo, quindi al disagio psichico, al disagio esistenziale, al disagio personale o al disagio emotivo, al disagio minorile o adolescenziale, sia in riferimento ad una dimensione oggettiva e contestuale come quando si discute di disagio scolastico, disagio sociale, disagio lavorativo, disagio integrazionale.
In un’espressione più semplice e descrittiva, il disagio può ricondursi ad una serie di dissonanze psichiche o contestuali che nella loro estrinsecazione impediscono a un individuo di esprimere la propria potenzialità psichica e relazionale impedendo, quindi, la libera espressione del suo sé.
Tale estensione riporta, quindi, le questioni del disagio sull’individuo e lo definisce come possibile vincolo alla sua libera espressività.
” (Francesco Vitrano)

Nella tradizione linguistica latina, la parola dis-adiacens sta ad indicare “colui che non è adiacente”, che “non è vicino a”.
Sembrerebbe quindi configurarsi una barriera, un confine, tra se stessi e la propria identità, la propria appartenenza, in un’ottica di allontanamento da se stessi e dai legami.
Ritorna quindi la dimensione interpersonale del disagio, con l’evidente impossibilità di un soggetto a viversi la vicinanza con l’altro.
Il disagio può essere soggettivo, stabile o transitorio e si configura come un sentimento o una sensazione di profonda sofferenza, tanto da impedire a chi ne soffre di godere della quotidianità; non consente all’individuo che ne è affetto, di esprimere con continuità le proprie emozioni, di rappresentarle, di dargli un significato in relazione alla propria esistenza. Questo provoca quindi il “blocco delle emozioni”e poi il “blocco del pensiero”.
Il senso di disagio pervade ogni esperienza dell’individuo che ne soffre, impedendogli di creare la propria esistenza e la propria storia.
Il disagio psichico dentro la complessità dell’individuo e dentro la complessa costruzione della sua identità, è una trasformazione e rappresentazione del fallimento di tutti quei processi psichici, relazionali e affettivi che avrebbero dovuto e potuto sostenere la costruzione di una maggiore resilienza.
Il disagio nella sua dimensione soggettiva è, quindi, uno stato, una condizione, una situazione di precarietà e di fragilità dell’identità, resa così dal crollo della struttura delle relazioni primarie.
Esso può evolvere, se non contenuto e curato, in una condizione permanente di patologia psichica e, in quanto tale, può esprimersi con molteplici manifestazioni di sintomi, di comportamenti, o in una profonda sensazione di vuoto.
Con l’espressione “disagio”, ci si riferisce ad un’area di malessere prettamente giovanile, che precedentemente era stata definita anche “disadattamento” o “devianza”.
Nell’età evolutiva, la terapia cognitivo-comportamentale aiuta a far palesare le dinamiche nascoste di un determinato comportamento, cercando di conoscere il motivo o i motivi per i quali tale comportamento è divenuto “patologico”, per aiutare genitori, insegnanti a rispondere in modo adeguato al bisogno espresso o non espresso dal minore.
Il disagio si manifesta in modi diversi, in base all’età e può coinvolgere canali comportamentali e canali fisici.
Infatti il bambino e/o l’adolescente, possono esprimere il loro disagio attraverso un disturbo fisico o un disturbo del comportamento.
Nei bambini, la capacità di esprimere un disagio non passa spesso dalla via di comunicazione verbale: spesso i bambini più piccoli comunicano il loro disagio attraverso un linguaggio proprio infantile.
Nella maggior parte dei casi i bambini manifestano il loro disagio attraverso comportamenti di opposizione alle figure adulte attraverso capricci talvolta immotivati,fenomeni di mutismo, eccessi di aggressività, difficoltà a dormire e a mangiare.

I bambini possono manifestare il disagio anche attraverso la somatizzazione: possono presentare spesso cefalea, vomito e mal di pancia senza un effettivo riscontro medico che ne giustifichi le cause.
Il bambino in questa fase non è ancora autonomo e dunque il suo essere dipendente dall’adulto di riferimento lo rende sensibile alle dinamiche familiari, alle dinamiche scolastiche e alle dinamiche sociali mettendo in corrispondenza tutto ciò che accade attorno a lui.
Diversi sono i campanelli di allarme che possono nascondere un disagio nei bambini; tra i più noti vi sono:
• l’insonnia;
• il disturbo del comportamento;
• i disturbi da deficit di attenzione e iperattività;
• il mutismo elettivo;
• i disturbi dell’alimentazione;
• i disturbi della condotta.

L’insonnia nel bambino viene diagnosticata quando è presente una difficoltà ad addormentarsi o la presenza di risvegli multipli notturni.
Dato che il sonno è un processo in evoluzione è in via di stabilizzazione facilmente si può instaurare il fenomeno dell’insonnia.
Il fenomeno dell’insonnia diventa una problema quando sorge l’incapacità del bambino a riaddormentarsi autonomamente.
Il disturbo del sonno può avere conseguenze importanti per la salute psicofisica.
Possono instaurarsi infatti disturbi del comportamento diurno, disturbi dell’umore, difficoltà di concentrazione, disturbi dell’apprendimento, disturbi della memoria deficit di crescita a causa di una riduzione di secrezione dell’ormone della crescita, stress familiare causato dalla deprivazione di sonno di genitori e bambini.
I disturbi del comportamento nel bambino sono facilmente reperibili in tutti i bambini che stanno attraversando l’età infantile e si tratta di comportamenti e atteggiamenti come l’opposizione alle norme, la ribellione, la disobbedienza, i comportamenti aggressivi lievi comuni all’interno del processo di maturazione umana.
È importante conoscere le ragioni e la natura di questi comportamenti per capire come risolverli nel minor tempo possibile, per non recare problematiche alle abilità scolastiche e sociali e lavorative e al fine di non protrarsi in età adulta.

Le difficoltà di attenzione costituiscono un elemento talmente tipico nello sviluppo, che molti psicopatologie usano l’espressione “disturbo da deficit di attenzione” (ADHD).
Le manifestazioni prevalenti nella persona con disturbo di attenzione sono:
• compiere errori di distrazione;
• non sapere stare attenti a lungo;
• non ascoltare chi parla;
• perdere le cose;
• lasciarsi distrarre da stimoli estranei;
• essere sbadati.

Il bambino con disturbo da deficit di attenzione e iperattività, si caratterizza per la presenza mantenuta nel tempo di alcuni tra i sintomi precedentemente indicati, a cui molto spesso si associano problemi sociali e difficoltà di apprendimento.
Per questi bambini, gli psicologi clinici hanno spesso parlato di “comorbidità” come per esempio il disturbo ADHD associato a una dislessia.
Tuttavia molte delle difficoltà scolastiche manifestate dei bambini ADHD sembrano nascere dallo stesso tipo di problema di autoregolazione: l’alunno è sovente colto mentre è disattento e dimostra frequentemente un’incapacità di concentrarsi.
In realtà molte manifestazioni di disattenzione non sono associate unicamente a una mancanza di attenzione, ma ad una sintonizzazione dell’attenzione su stimoli diversi da quelli che vorrebbe l’insegnante.
La problematica che più colpisce i bambini affetti da ADHD è la mancanza di concentrazione, cioè dall’incapacità di focalizzarsi su un contenuto e di mantenere l’attenzione su di esso. Va però osservato che quando il bambino è sotto pressione sembra capace di mantenere l’attenzione per un tempo sufficientemente lungo.
Per descrivere questa discrepanza, si è parlato di “deficit di autoregolazione”. Si è osservato infatti che l’attenzione può essere “etero regolata” (un’altra persona che pone delle richieste) o “autoregolata” (tocca gestire e quindi controllare la propria attenzione).
I bambini con ADHD cercano con ansia e frequenza il rapporto privilegiato con un’altra persona sia perché avvertono il bisogno di interazione, sia perché in questo modo possono essere aiutati a procedere nei momenti di difficoltà.
In condizioni di disagio, il bambino potrebbe manifestare una persistente selettività nel linguaggio parlato e mostrare competenze linguistiche in alcune situazioni o al contrario totale assenza di linguaggio in altre situazioni.
Il “mutismo elettivo” è associato a marcate caratteristiche di personalità come ansia nei rapporti sociali, chiusura, ipersensibilità ed op positività
Nell’infanzia è molto frequente incontrare alcune difficoltà nell’alimentazione, talvolta sottoforma di comportamenti capricciosi, che non si caratterizzano necessariamente come atteggiamenti patologici.
Perché si possa pensare ad una patologia, il rifiuto di cibo o la sovralimentazione devono interferire significativamente con lo sviluppo o compromettere il funzionamento fisico intellettivo e soprattutto sociale del bambino.
Il disturbo della condotta è caratterizzato da una modalità ripetitiva e ricorrente di condotta antisociale, aggressiva e provocatoria che conduce al violazioni della legge, delle principali norma della società o dei diritti degli altri cittadini.
Il disturbo della condotta può essere limitato al contesto familiare o può caratterizzarsi per una ridotta socializzazione, a causa di atipicità nello sviluppo.
Quando si parla di disagio ambientale e nello specifico di disagio familiare, non si fa più riferimento come nel passato, a famiglie che vivono unicamente forme di degrado socio- economico-culturale. Il disagio oggi, vive nuove forme e nuovi contesti come le cosiddette “famiglie normali”.
Le famiglie di oggi vivono una situazione paradossale nel rapporto con i propri figli: infatti i bambini di oggi sono venuti al mondo come frutto di una scelta precisa e/o di una programmazione e quindi di un desiderio, crescono in condizioni di vita molto positive per lo sviluppo, sono tutti tutelati sul piano sanitario, sul piano igienico e sul piano educativo e formativo; ciò nonostante i genitori molto spesso si trovano in grande difficoltà nel rapporto con i figli fin dall’infanzia.
È proprio questa fase che è spesso “fonte di delusione e rappresenta una cattiva premessa per lo sviluppo futuro. Molti figli sono infatti aggressivi, scontenti, esageratamente reattivi e incapaci a far fronte alle comuni difficoltà sia in famiglia che fuori di essa”.
Le trasformazioni economiche e culturali, le innovazioni in ambito tecnologico e dei mass-media hanno profondamente inciso sul rapporto tra famiglia e società.
I modelli tradizionali cui la famiglia era solita utilizzare per l’educazione dei figli, nonché futuri adulti, si sono gradualmente dissolti.
Il figlio oggi non appartiene più ai genitori e alla famiglia, ma oltrepassa in senso fisico e temporale ogni tipo di parentela: il figlio, bambino, ha una propria individualità e i genitori sono chiamati a crescerlo non solo per se ma per renderlo capace di vivere e realizzarsi come persona autonoma.
Durante la fase dello sviluppo la società è indispensabile per realizzare lo sviluppo dei figli e, di conseguenza, una chiusura della famiglia nei confronti della società, creerebbe disorientamento per i bambini e successivi conflitti con le istituzioni sociali prima fra tutte la scuola.
Nella famiglia attuale la dimensione affettiva è assolutamente centrale. Il genitore instaura un legame affettivo intensissimo con il figlio ma questa dimensione affettiva, di per sé positiva, può diventare distorta se non è bilanciata dall’apertura al mondo sociale.
La grande condivisione affettiva può portare infatti a un eccesso di vicinanza, quasi di confusione e di in differenziazione, tra il genitore e il bambino. Il forte legame affettivo può così far dimenticare al genitore che il figlio è un essere autonomo, diverso fisicamente e psicologicamente, con una propria specifica individualità. I problemi derivanti da questa eccessiva vicinanza si presentano ben prima dell’adolescenza fin quando il bambino è piccolo
Questi comportamenti iperprotettivi dei genitori, mascherano una forma di rifiuto e di negazione delle specificità del figlio in quanto futuro cittadino del mondo, della sua autonomia e della sua diversità.
Un genitore che si occupa in modo totale, non solo del figlio ma anche delle sue emozioni, non sta più svolgendo un’azione educativa, non è più capace di porre dei limiti, di tollerare le emozioni negative del figlio e di aiutarlo e agire per il suo bene.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Dallo sviluppo atipico alle dipendenze patologiche. Aspetti teorici, analisi dei fattori di rischio, prospettive di cura e prevenzione.

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Informazioni tesi

  Autore: Miriam Fidone
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2020-21
  Università: UKE - Università Kore di Enna
  Facoltà: Studi classici, linguistici e della formazione
  Corso: Scienze della Formazione Primaria
  Relatore: Monica Pellerone
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 105

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Parole chiave

prevenzione
formazione
psicologia
comunità
pedagogia
infanzia
dipendenze patologiche
sviluppo tipico
sviluppo atipico
problematiche infantili

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