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Dualismo mente-corpo e materialismo nella filosofia classica indiana

Il dualismo mente-corpo nella filosofia Nyāya

Siamo ora in grado di analizzare più da vicino le riflessioni dei pensatori della scuola Nyāya riguardo la natura degli stati mentali. Come vedremo, pur elaborando un dualismo delle sostanze (vedere cap.3) che per certi aspetti richiama il dualismo cartesiano, la filosofia Nyāya si discosta notevolmente da quest’ultimo, in quanto propone una visione della mente che, per quanto a prima vista paradossale, sembra in grado fornire un tentativo di soluzione plausibile al mind-body problem, cercando di rendere conto dell’interazione causale tra mente e materia.

Per comprendere come la mente possa avere efficacia causale a livello fisico occorre anzitutto precisare che cosa si intende con il termine “fisico”. Per la tradizione Nyāya, una sostanza può essere fisica in due sensi differenti:
(1) Se occupa una determinata porzione di spazio, impedendo ad altre sostanze di occupare contemporaneamente il medesimo spazio.
(2) Se si trova in contatto con un’altra sostanza.

Cerchiamo di capire meglio questa distinzione. La (1) espone un’intuizione comune, evidente e facilmente comprensibile: un oggetto fisico, ad esempio un libro, occupa una determinata porzione di spazio, e fintanto che esso si trova in quella determinata posizione impedisce ad altri oggetti fisici di occupare lo stesso spazio in cui è situato. Quanto detto è semplicemente un’esposizione dell’elementare principio d’impenetrabilità della materia. Occorre ora domandarsi se ciò sia vero per tutte le sostanze fisiche. Secondo la tradizione Nyāya la risposta è negativa. Esistono sostanze fisiche dotate di estensione, ma che non occupano una porzione finita di spazio.

Tuttavia, proprio in quanto estese, esse hanno la possibilità di entrare in contatto con altre sostanze. Un esempio di questo tipo, all’interno dell’ontologia Nyāya, è dato dal già citato sostrato del suono (ākāśa). Va sottolineato come, per la scuola Nyāya, la (1) implichi la (2), ma non viceversa. Ora, se la (1) è vera per tutte le sostanze fisiche, la (2) viene estesa anche alle sostanze immateriali, tra cui la mente. In questo modo, basandosi sulla seconda nozione di sostanza sopra indicata, i filosofi della scuola Nyāya affermano che la mente è immateriale e allo stesso tempo estesa.

Questa sorprendente concezione appare in evidente contrasto con classica concezione cartesiana della res cogitans, ritenuta una sostanza immateriale (non fisica) e priva quindi del fondamentale attributo caratteristico delle sostanze fisiche, l’estensione. Ciò che per Descartes è un’evidenza, ossia il fatto che l’immaterialità implichi l’inestensione, rappresenta per il pensiero Nyāya un errore categoriale. Ci troviamo qui di fronte a una concezione di spazio radicalmente differente da quella cartesiana. Piuttosto che ridurre lo spazio fisico a un universo meccanico, in cui i soli movimenti possibili sono quelli dei corpi materiali, nella visione Nyāya lo spazio è rappresentabile piuttosto come un piano, all’interno del quale qualsiasi tipo di ente, fisico e non fisico, è in grado di operare. In quest’ottica l’esistenza viene inestricabilmente connessa con la spazialità: un ente può esistere unicamente se è situato nello spazio. Non essere nello spazio equivale a non esistere.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Dualismo mente-corpo e materialismo nella filosofia classica indiana

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Guerra
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Luisa Montecucco
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 55

FAQ

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Parole chiave

filosofia della mente
nyaya
coscienza
buddismo
mind-body problem
dualismo mente-corpo

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