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Debito pubblico e federalismo fiscale in Italia

Il federalismo fiscale

Il termine federalismo viene, spesso, adoperato per individuare una gamma di modelli politico-istituzionali caratterizzati dall’unione funzionale e strutturale di una molteplicità di enti territoriali, variamente denominati (Stati, Repubbliche, Cantoni, Regioni, Länder, Province autonome, ecc.); questa unione nasce da un patto che tenta di coniugare insieme il principio dell’unità con il rispetto e la tutela delle diversità. Il federalismo vuole contemperare aspetti contrastanti, cioè tendenze centripete e tendenze centrifughe, universalismo e localismo.

Il federalismo concerne molte cose, spesso tra loro diverse e nessun federalismo esistente è uguale ad un altro. Ancora, per capire meglio il significato del federalismo è necessario effettuare una distinzione tra federazione e confederazione: mentre nella federazione il “luogo di residenza” della sovranità è nello “Stato federale”, nella confederazione la sovranità si riscontra nelle unità costitutive, ovvero negli “Stati confederati”.

La contrapposizione federazione-confederazione pone lo “Stato federale” ad uno stadio superiore del cammino per il raggiungimento della piena unità; la piena maturità statuale è raggiunta solo in uno Stato unitario, che, al proprio interno, non riconosce alcun potere al di sopra di sé. Il federalismo, pertanto, può essere visto come un momento del divenire storico, come una tappa sul cammino verso la meta dello Stato unitario.

Inizialmente, il federalismo nacque sulla base di valori di ispirazione liberale, con al centro del sistema l’individuo; in seguito, con l’affermarsi dei “diversi” valori del moderno Stato sociale l’intervento pubblico in economia assume rilievo fino ad arrivare ai giorni nostri in cui, l’atteggiamento di avversione verso politiche redistributive ha portato a dipingere il federalismo anche come uno strumento per ridurre lo Stato sociale contrarre drasticamente l’intervento pubblico in economia, lasciando le principali decisioni economiche nelle mani dei gruppi di poteri privati, i quali devono rendere conto del loro agire solo a se stessi.

Il termine “federalismo fiscale” è stato coniato negli USA per indicare la presenza di più di un livello fiscale con la possibilità da parte del Governo centrale di intervenire con risorse della fiscalità generale per ridurre le differenze nei livelli di spesa e di prestazioni per abitante che si avrebbe per il solo operare del decentramento della potestà tributaria.

Tuttavia, anche gli Stati unitari presentano un certo grado di decentramento del potere fiscale ; nella letteratura finanziaria si distingue tra “federal finance” degli Stati federali e “fiscal federalism” o “multilevel finance” riferibile e agli Stati federali e agli Stati unitari con una pluralità di governi subordinati. Il federalismo politico, ovvero la distribuzione dei poteri tra i diversi livelli di governo, non implica necessariamente una organizzazione di tipo federale dal punto di vista finanziario; gli Stati federali possono avere una attività finanziaria meno decentrata degli Stati unitari.

Arrivando ad analizzare gli “effetti” del federalismo fiscale si giunge ad un punto cruciale del dibattito sul federalismo che vede contrapposte due filosofie di pensiero nettamente contrastanti; mentre alcuni studiosi, individuando vantaggi nella maggiore efficienza economica ottenuta attraverso una riduzione dei costi ed un miglioramento complessivo del settore pubblico, sostengono un simile decentramento, altri lo ritengono inefficiente e compromettente una situazione di diseguaglianza ed instabilità economica.

I presunti guadagni di efficienza derivanti da una gestione dei servizi e degli interventi della pubblica amministrazione più vicina alle esigenze delle collettività locali sembrano essere compensati, almeno a livello nazionale, da un aumento dei costi di transazione e di quelli di gestione (per i quali rileva la proliferazione delle strutture amministrative e la difficoltà del centro a ridurre in modo adeguato le proprie strutture e il proprio personale), nonché dalle maggiori difficoltà di controllo della dinamica della spesa pubblica quando il livello di decentramento, già consistente, verrà ulteriormente accentuato.

A supporto del federalismo, invece, viene spesso invocato il cosiddetto “principio di sussidiarietà” il quale prevede che le funzioni collettive debbano essere svolte ai livelli di governo superiori solo nel momento in cui quelli inferiori non appaiono nelle condizioni di operare in modo efficiente; lo stesso principio opera anche per vie orizzontali col fine di riaffermare il primato della persona sullo Stato lasciando alla libera iniziativa della società civile i compiti che le istituzioni pubbliche non sono in grado di svolgere. Del resto, il principio di sussidiarietà prevede lo stesso che lo Stato possa intervenire qualora ritenga inadeguata l’azione dei livelli inferiori di Governo.

L’esistenza di un ruolo dei Governi locali nell’allocazione efficiente delle risorse trova il suo più importante punto di riferimento nella fornitura di beni e servizi pubblici locali, che ha il proprio fondamento teorico nella ”teoria dei club” e nella “teoria dei beni pubblici”. In conclusione, si può dire che esiste certamente una tendenza verso il decentramento, ma il decentramento è diverso a seconda che faccia riferimento ad uno Stato unitario oppure ad uno Stato federale.

In questo capitolo, inizialmente, viene discussa brevemente la “storia “ del federalismo italiano con i suoi passaggi più significativi; seguono, poi, alcune analisi sul concetto e sugli effetti del federalismo evidenziando quelli che potrebbero essere i vantaggi/benefici oppure gli svantaggi/sacrifici derivanti da una attuazione pratica e totale del movimento.

Il focus del capitolo, del resto, è posto sul significato del “federalismo integrale”, una ipotesi di federalismo che prevede la ripartizione del debito pubblico tra le Regioni del Paese; questa idea sembra essere molto suggestiva ed affascinante ma presenta notevoli difficoltà di messa in punto come viene dimostrato anche dal caso proposto nell’ultima parte del capitolo di alcuni studiosi che hanno simulato una ipotesi di ripartizione del debito pubblico tra le Regioni con le eventuali conseguenze che deriverebbero da una simile operazione.a

Questo brano è tratto dalla tesi:

Debito pubblico e federalismo fiscale in Italia

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Informazioni tesi

  Autore: Pasquale Ferrillo
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze economico-aziendali
  Relatore: Adriano Giannola
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 154

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